Storie e Memorie indimenticabili, attraverso audio, video, documenti e molto altro ancora.
By D.B. –
40 anni fa, il 24 marzo 1980 usciva il decimo album dei Genesis: Duke. I ricordi di Phil Collins e Mike Rutherford, i video ufficiali, le versioni live, la rassegna stampa.
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I ricordi:
«Il materiale che abbiamo preparato per Duke è davvero potente», ricorda Phil Collins in No, non sono ancora morto: L’autobiografia.
«Sto imparando tantissimo come compositore. (…) Però, oltre a portare Misunderstanding e Please Don’t Ask, il mio ruolo nei Genesis è come prima. (…)
Mike ha un riff di chitarra lento in un tempo divertente, tredici ottavi, e io suggerisco di accelerarlo. Diventa Turn It On Again. Io uso la CR-78 Su Duchess, la prima volta che usiamo la batteria elettronica in studio. (…)
A un certo punto Behind the Lines, Duchess, Guide Vocal, Turn It On Again, Duke’s Travels e Duke’s End sono debolmente uniti come unico brano di trenta minuti attorno a un personaggio di nome Albert. È la figura in copertina dell’album, dell’illustratore francese Lionel Koechlin. Ma sappiamo che un singolo pezzo di quella lunghezza verrà sicuramente paragonato a Supper’s Ready, così scegliamo di cambiare direzione. Siamo entrati in un nuovo decennio e forse le suite che occupano tutto il lato di un album non verranno accettate più con tanta facilità. Bisogna fare piazza pulita.
Duke è il successo commerciale del gruppo, soprattutto in Germania. (…)
Venderà cifre enormi anche in Gran Bretagna, ma riceve una recensione terribile sul «Melody Maker», e in un paio di occasioni vengo eletto “Cretino della
settimana” sulla stampa musicale. Perché? C’è il vecchio detto che i settimanali musicali come «Melody Maker», «NME» e «Sounds» sono automaticamente diffidenti nei riguardi di tutto quello che diventa molto famoso: la percezione è che sia stata abbassata la qualità in modo che potesse piacere alle masse. E poi, il «prog» sta diventando rapidamente un genere odiato dai giornali che adorano indie, post-punk e new wave. Come frontman dei Genesis, sono un facile obiettivo di questa collera.» Da: Phil Collins, No, non sono ancora morto: L’autobiografia.
«Duke era un album di alti e bassi», ricorda Mike Rutherford in The Living Years, «il “basso” è Man Of Our Times, che era il mio tentativo di essere un po’ Gary Numan. Avevo un sintetizzatore per chitarra per la prima volta, che mi ha permesso di scrivere canzoni con parti di archi. Non ero un grande fan dei synth, ma, ancora una volta, ho pensato che fosse importante per sperimentare. Con
il senno di poi è una canzone che è meglio dimenticare (…).
L'”alto” è Turn It On Again, che è uscita da un riff che mi era rimasto da Smallcreep’s Day e che ho sempre pensato fosse in 4/4 finché Phil non ha detto che era un 13/8. (…)
Duke è stato un po’ una rinascita per noi come band, anche se ognuno di noi aveva portato un paio di canzoni scritte separatamente in studio, le più forti sono quelle che avevamo scritto in gruppo. (Le canzoni scritte in gruppo sono sempre state le mie preferite in ogni album, semplicemente perché hanno il tocco di ognuno di noi). Da: Mike Rutherford, The Living Years.
Ascolta Duke:
Duke, i video ufficiali:
Duke live:
https://www.youtube.com/watch?v=4M55ylh0MNE
Rassegna stampa:
La Stampa: Duke, ovvero il pop perfetto può essere una suite da 25 minuti. Storia dell’album che ha cambiato i Genesis – LEGGI (in italiano)
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