Il libro “Genesis: 1975 to 2021 – The Phil Collins Years” di Mario Giammetti – COMPRA

Il libro di Mario Giammetti si intitola “Genesis: 1975 to 2021 – The Phil Collins Years”.

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In edizione esclusivamente inglese, racconta l’era post-Gabriel ed è il seguito di “1967 to 1975 – The Peter Gabriel Years”.

Compralo qui:

Il libro contiene numerose interviste esclusive ai membri della band e a tutti coloro che hanno fatto parte della storia dei Genesis dal 1975 in poi, compreso Ray Wilson, frontman alla band per l’album Calling All Stations del 1997 e il successivo tour prima del ritorno di Phil Collins nel 2007.

Copre l’intera storia della band dal 1975 in poi in modo molto esteso, portando i lettori attraverso ogni album e tour. Sono molte, inoltre, le fotografie inedite.

Leggi qui un’anticipazione pubblicata da Prog (in inglese).

“Genesis: 1967 to 1975 – The Peter Gabriel Years” dopo la sua pubblicazione nel maggio dello scorso anno”, ha avuto un ottimo successo nel Regno Unito. Ha ricevuto notevoli elogi da numerose parti, incluso Steve Hackett, come la stampa musicale e i fan inglesi dei Genesis, ed è ora alla sua seconda tiratura.

Come il suo predecessore, “Genesis: 1975 to 2021 – The Phil Collins Years” contiene tanti dettagli sul bilancio della carriera dei Genesis, molti dei quali potrebbero essere sconosciuti anche ai fan più accaniti della band.

Leggi qui l’intervista a Giammetti in occasione della prima uscita.

Acquista qui il libro precedente:

Non hai la versione italiana del libro di Mario Giammetti “Gli anni Prog”? Comprala qui:

Sono i primi due volumi di Mario Giammetti in lingua inglese. GUARDA GLI ALTRI LIBRI DI GIAMMETTI SU AMAZON.

Le ultime della Band su Horizons Genesis:

Angolo del Collezionsta

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Ascolta i Genesis:

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Genesis: 45 anni fa il primo concerto con Phil Collins cantante, 26 marzo 1976 – AUDIO, VIDEO & RICORDI

Storie e Memorie indimenticabili, attraverso audio, video, documenti e molto altro ancora.

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Il primo concerto dei Genesis con Phil Collins cantante si è svolto alla London Arena di London Ontario, Canada, il 26 marzo 1976. 

Ascolta il podcast (in italiano) – CLICCA QUI

Con l’addio di Peter Gabriel ai Genesis, Phil Collins è diventato il frontman della band, che ha pubblicato «A Trick of the Tail» il 2 febbraio 1976 – LEGGI L’ARTICOLO DI HORIZONS RADIO.

L’LP arriva al terzo posto nelle classifiche del Regno Unito, come «Selling England by the Pound» e diventa il loro maggior successo. Il che li rassicura. Del resto  le aspettative sul futuro del gruppo erano bassissime. Ma poi la gente ha sentito il disco e le quotazioni del quartetto si sono alzate.

Il 26 marzo è previsto l’inizio del tour.

Ma, ovviamente bisogna risolvere il problema di chi suonerà la batteria in concerto. E Phil non ha voglia di abbandonare il suo strumento. Racconta Collins nella sua autobiografia:

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“Bill Bruford, già con gli Yes, è un buon amico che mi ha fatto conoscere un sacco di batteristi jazz. Viene a una delle prove dei Brand X (stiamo scrivendo «Unorthodox Behaviour») e chiede:

«Come va con i Genesis? Avete trovato un cantante?».
«Non proprio. Ho cantato io nell’album, e vogliono
provare a far cantare me. Ma per farlo abbiamo bisogno di trovare un batterista.»
«Be’, perché non lo chiedi a me?»
«Mi sa che diresti di no. Un po’ troppo simili agli Yes per te, no?»
«Invece lo farei.»
Ed ecco che i Genesis hanno un nuovo batterista.”

Così Phil non ha più scuse. Tutti si adattano e si abituano al nuovo
assetto e alla nuova formazione.

“Non facciamo grandi cerimonie: succede e basta. Non ricordo nemmeno di avere fatto delle prove, o un annuncio”, ricorda Phil.

Bill Bruford si inserisce subito bene, del resto è uno dei più grandi del genere prog e non solo. 

“Non sono particolarmente nervoso per l’idea di cantare, né per il fatto
di farlo davanti a un pubblico – racconta Phil -. Mi ci ero già abituato con Oliver!, a suo tempo. Ma cantare con solo un microfono tra me e il pubblico, al posto di una fila di piatti: è questo il problema da superare. Se uno non è portato per i copricapi da pipistrello e per volare a mezz’aria, cosa fa quando non canta?”

Ricorda Mike Rutherford nella sua autobiografia:

“Avevamo scelto deliberatamente il Canada perché avevano meno memoria dei concerti con Pete là che in Europa. Pete era stato una figura così forte che non riuscivamo a immaginare come Phil l’avrebbe potuto sostituire.

Ci sono anche altri problemi pratici.

Per esempio: come vestirsi. La tuta da
operaio era ideale quando era solo il batterista. E di indossare maschere e costumi “alla Peter Gabriel” non se ne parla. 

“Posso mettermi la coppola e la redingote per Robbery, Assault and Battery, ma questo è il massimo che sono disposto a fare”, dice Phil.

Quindi viene scelta la tuta da operaio. E poi c’è un’altra preoccupazione. Peter Gabriel era bravissimo a intrattenere il pubblico con le sue storie mentre Mike, Tony e Steve si accordavano. Cosa può raccontare Phil?

Poi arriva il momento.

Alla London Arena le luci di sala si abbassano.

“Trascorro quasi tutto il concerto a nascondermi dietro l’asta del microfono: sono un esserino ventiquattrenne magro come una bacchetta da batteria.
E non tocco nemmeno il microfono. Toglierlo dal supporto sarebbe un gesto troppo… da cantante.
Ma arrivo in fondo al concerto riportando solo piccole ammaccature alla mia fragile consapevolezza di frontman.
“,
ricorda Phil.

“La gente era dalla sua parte fin dal primo giorno – racconta Mike –. Sul palco, Phil è sempre stato un batterista molto visivo – mai appariscente ma molto spettacolare.

Non dimenticherò mai Phil nella sua T-shirt, la lunga barba e la sua mano tremante. E poi non avere Pete lì… Uno strano momento per tutti.
Ma dopo aver suonato le prime due canzoni, ho capito che sarebbe andato tutto bene.

E così è stato. La parlantina di Phil ci ha aiutato. Ha alleggerito l’atmosfera. Pete era misterioso sul palco, Phil è sempre stato il ragazzo della porta accanto”, ricorda Mike.

Ci sono 2.200 fan alla London Arena di Bathurst Street per il  debutto di Collins come frontman. I Genesis si aspettavano non più di un centinaio di persone e invece ecco la dimostrazione che la popolarità della band non è in calo.

Non esiste una registrazione pubblica di questo concerto, anche se pare che una copia sia di proprietà di un collezionista. Ecco quelle di due date successive:

https://www.youtube.com/watch?v=O7uEDlgFSEw

https://www.youtube.com/watch?v=f1lD48AX6P0

La maggior parte del setlist di quel 26 marzo è tratta da A Trick Of The Tail.

Per il 40° anniversario di quella storica data per i Genesis e il rock tutto,  il sito Genesisfan ha riportato…

I ricordi di coloro che erano nell’arena canadese.

“I membri della band sembravano molto nervosi – dice uno di loro, Brad Ashton-Haiste -. Ma dopo un paio di brani, tutti avevano enormi sorrisi. Forse pensavano, ‘Phil funzionerà'”.

Un altro fan, Jim Fisk, ha fatto fotografie del concerto, che ha poi venduto alla stampa.

“I duetti di Phil e Bill sono incredibili. Velocità, eccellenza tecnica e musicale”, ricorda Fisk.

E dire che quando la data canadese era andata in prevendita i Genesis non avevano ancora un cantante.

Ma il 26 marzo Collins si è rivelato un vero frontman. E i presenti hanno assistito a un evento “storico”.

Leggi tutto l’articolo

Ecco un video che mostra com’era lo show nel 1976:

Per approfondire: 

A Selection of Shows: Genesis & Solo Live Guide 1976-2014

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Genesis: 50 anni fa il primo concerto all’estero, La Ferme IV Belgio, 7 marzo 1971 – AUDIO & RICORDI

Storie e Memorie indimenticabili, attraverso audio, video, documenti e molto altro ancora.

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Il 7 marzo 1971 i Genesis salgono per la prima volta su un palco all’estero, a La Ferme V, Woluwe St Lambert, in Belgio. ASCOLTA:

https://www.youtube.com/watch?v=O61lpxGFiZs

Storie e Memorie:

«Abbiamo attraversato la Manica, prendendo un traghetto da Dover a Ostenda», racconta Richard Macphail in My book of Genesis.

«Era pieno inverno e non c’era quasi nessuno a bordo. (…)
Eravamo ancora solo noi sette in viaggio insieme, a guardare gli eserciti di crew che le band impiegano al giorno d’oggi sembra ridicolmente piccolo.

Era una traversata di quattro ore e ci annoiavamo a morte perché lì
non c’era niente da fare. Ho trovato questa scatola con dentro dei salvagenti,
e così tutti noi abbiamo indossato i nostri gilet e abbiamo posato per quello che ora è diventata una famosa foto dei Genesis, tutti noi con i capelli sciolti sulle nostre spalle, Mike che beve da una bottiglietta di Mateus Rosé
perché è quello che si beveva a quei tempi, quello o Liebfraumilch.

(…) Oggi quando si va all’estero si ha la navigazione satellitare
che ti dice esattamente dove andare e i telefoni cellulari o
con le mappe, ma non avevo davvero idea di dove fossimo diretti
in Belgio. Non avevo nemmeno una mappa pieghevole.

(…) Il posto, un club chiamato Ferme V, era pieno zeppo fino al tetto, ma i fan conoscevano ogni nota. È stato incredibile. Mentre in Inghilterra è stato un processo molto lento, in Belgio è successo all’improvviso, come un minorenne
esplosione per quanto ci riguardava.

Un’altra cosa che ricordo è che abbiamo soggiornato in un hotel a tre stelle, molto confortevole, e che Peter ha condiviso una stanza con me perché non sopportava di condividerla con Tony mai più, non dopo le sue esperienze al cottage.»

«Philippe Grombeer (futuro direttore artistico dei maggiori teatri belgi) è un membro del “Club delle Aquile”, ed ha affittato, per conto dell’amministrazione comunale, un’azienda agricola a Woluwe-Saint-Lambert (un sobborgo di Bruxelles), la “FERME V”. Lo spazio non è grande, l’interno è vetusto, ma che importa!»  –  CONTINUA SU GENESIS PLACES

«5 baldi giovani musicisti tengono il loro primo concerto oltre confine…
Hanno alle spalle un primo album fallimentare e un secondo (l’ultimo) che qualcosa ha venducchiato, soprattutto proprio là dove stanno andando a suonare)…»CONTINUA SU:

GENESIS FORUM #1

GENESIS FORUM #2

«Alcuni privilegiati li hanno visti in tutta intimità e hanno condiviso tutto con loro. E a ragione: il Belgio è stato il primo paese straniero in cui i Genesis hanno messo piede.»CONTINUA SU NOSTALGIE

«Come tutte le superstar prima di avere successo, hanno dormito in hotel schifosi, torbide stanze nel retro di pub fumosi, sperduti nella campagna. Ma la fortuna sorride sempre a chi ha talento.»SCOPRI DI PIU’ SU FACEBOOK GABRIEL’S ANGELS

Libri:

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Bootleg – CLICCA SULL’IMMAGINE PER APPROFONDIRE:

 

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I 30 anni di Dusk Genesis Magazine: intervista al Fondatore e Direttore Mario Giammetti

Dusk, il primo e storico Genesis Magazine italiano, ha compiuto 30 anni. Li racconta a Horizons Genesis il Fondatore e Direttore Mario Giammetti.

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I 30 anni di Dusk.

Il 16 marzo 1991 veniva chiuso nella redazione virtuale di Dusk il numero zero di una gloriosa fanzine (poi trasformatasi in rivista patinata) che, unica al mondo, resiste a tutt’oggi in forma stampata.

Per festeggiare questo incredibile anniversario, oltre al numero speciale riservato ai soli associati a cui stanno lavorando, l’ideatore e Direttore Mario Giammetti e il suo gruppo di lavoro hanno chiesto ai componenti dei Genesis di condividere la gioia con loro.

Guarda qui i video.

Mario Giammetti racconta a Horizons Genesis i 30 anni di Dusk.

– Quando e perché hai avuto l’idea di una pubblicazione dedicata ai Genesis?

Nel 1990 andai a trovare Anthony Phillips, che mai nessuno in Italia, che io sappia, aveva intervistato. Parlammo oltre un’ora ma Ciao 2001, a cui all’epoca collaboravo, mi concesse solo tre o quattro cartelle, per un risultato di due pagine. E il resto, mi chiesi? Un mio amico di penna dell’epoca mi disse: perché non stampi l’intervista integrale e la vendi agli appassionati? La cosa mi sembrava poco fattibile, però mi fece venire in mente che, forse, c’erano diverse persone interessate ad avere più notizie sul mondo dei Genesis. All’epoca soltanto Ciao 2001 e Rockstar ne parlavano, ma ovviamente solo in occasione di nuovi album. Inoltre in quel periodo c’erano fanzine dedicate ad artisti, a mio giudizio, assai meno importanti dei Genesis, così decisi di provare, per puro divertimento: avendo già alle spalle un libro (“Genesis Story”, Gammalibri 1988) e tre anni di articoli sul Ciao, feci il salto dall’altra parte della barricata per curiosità realizzando un numero zero fotocopiato che spedii in cambio di un francobollo.

– Oltre a Dusk, quali altri nomi hai preso in considerazione?

Nessuno, in realtà. Quando pensai al nome, mi dissi che doveva essere breve e immediato. Dusk si prestava a tutto ciò. Inoltre, la sua traduzione nascondeva anche un significato recondito: crepuscolo, tramonto. Il che assecondava la mia idea di essere sempre obiettivi, senza mai farsi accecare dalla visione da fan. Arrivando ad ammettere, se necessario, anche il crepuscolo di un’avventura. Cosa che, però, non è mai avvenuta. Perlomeno, non del tutto.

– Quali sono state e quali continuano a essere le difficoltà di questa impresa?

La manovalanza, se così si può dire. Sebbene con l’aiuto imprescindibile di fantastici collaboratori, la gestione pratica ed economica (anche se da un paio di anni su quest’ultimo punto ricevo un consistente aiuto da Stefano Tucciarelli) continua a gravare esclusivamente sulle mie spalle. Questo è sicuramente positivo da una parte, perché non devo chiedere il permesso a nessuno sulle scelte che andrò a prendere, ma diventa davvero pesante quando si tratta poi di portare a compimento un numero. Mi riferisco alla realizzazione, sempre molto complicata, ma anche all’aspetto prettamente fisico: portare le buste e i pacchi agli uffici postali è spaventosamente faticoso. Sui disservizi postali, poi, meglio stendere un velo pietoso.

– Qual è stata la soddisfazione più grande di questi 30 anni?

Dal punto di vista personale, ovviamente conoscere, seppure a vario livello, i miei musicisti preferiti. Poi il fatto che, seppur raramente, talvolta ho ottenuto con Dusk cose che mi erano state negate in qualità di giornalista (più spesso, a onor del vero, è accaduto il contrario, ma ci sta). Ma la gioia più grande è avere il numero in mano, fresco di stampa. Succede da 30 anni ed è sempre un’emozione, anche se a volte si tramuta in delusione per qualche errore imprevisto di stampa o un lavoro tipografico non proprio impeccabile.

– Qual è stata l’intervista più difficile, che hai inseguito più a lungo?

Phil Collins. Dopo un breve incontro faccia a faccia a Perugia nel 1996, ho dovuto aspettare ben otto anni prima di potergli fare finalmente un’intervista come si deve, al Filaforum di Assago nel 2004. Esperienza poi replicata nel 2010 e, telefonicamente, nel 2016.

– Chi è il membro Genesis più intervistato e perché?

Sicuramente Steve Hackett, per due ragioni: primo, è di gran lunga il più attivo di tutti. Secondo, è anche incredibilmente disponibile e, oltretutto, molto attendibile e abbastanza preciso nei ricordi.

– Non ci pare, ma ti è sfuggito qualcuno della galassia Genesis da intervistare?

Peter Gabriel non ha ancora accettato un’intervista esclusiva. L’ho incontrato diverse volte e gli ho rivolto personalmente delle domande in conferenze stampa o roundtable (chiacchierate per un numero limitato di giornalisti, in genere otto), ma le mie infinite richieste per un faccia a faccia o una telefonica alle sue assistenti non hanno ancora dato esito favorevole. Per il resto, direi di aver intercettato davvero tutti, perlomeno quelli in vita. Compreso il più inaccessibile in assoluto: John Silver.

– Cosa ne pensano i Genesis di Dusk?

Sono sicuramente tutti riconoscenti per il lavoro che facciamo, consapevoli che questo genere di pubblicazioni servono a tenere accesa e alimentare la fiammella. C’è naturalmente il problema della lingua, per cui non possono leggere quello che scrivo anche se, a dire il vero, non credo che, a quelli grossi almeno, interesserebbe più di tanto. Tony Banks, per esempio, ha dichiarato più volte di non leggere recensioni né libri sulla band e che è stato costretto a farlo nel caso della biografia di Mike Rutherford (per poi pentirsene amaramente!). Steve Hackett è invece molto attento e interessato e, se gli mando la traduzione di un articolo, sicuramente la legge.

– Ti hanno mai chiesto (anche qualche membro dei Genesis) di tradurre in altre lingue gli articoli di Dusk?

Per alcuni anni è esistita una versione in inglese, fotocopiata, di Dusk, almeno di buona parte degli articoli compresi in ciascun numero. Poi però ho smesso: non ne valeva la pena perché gli abbonati stranieri sono sempre stati una sparuta minoranza. Non si contano invece le volte che qualcuno mi ha detto “se fosse in inglese, non perderei un numero di Dusk”. Sono quelli che poi hanno molto gradito il mio libro “Genesis 1967 To 1975: The Peter Gabriel Years”, pubblicato lo scorso anno dalla londinese Kingmaker.

– Visto che Dusk è l’unica pubblicazione su carta nel mondo sui Genesis, quali feedback hai dall’estero?

Torniamo al discorso lingua; chi non parla italiano, si concentra sull’impatto delle foto e sui contenuti e non è raro che qualche amico estero mi scriva chiedendomi maggiori informazioni su qualcosa che ha captato ma ovviamente non riesce a comprendere fino in fondo. Ma ci sono un manipolo di appassionati che ci seguono con fedeltà assoluta pur senza capire una sola frase: a loro basta guardare come è strutturato il giornale per comprendere che ne vale sempre la pena.

– Non sempre siete d’accordo con le scelte dei Genesis (vedi per esempio l’ultima reunion) o con la qualità e necessità di certe ristampe. E non vi censurate. Pensi che con il tempo possa cambiare questa linea editoriale?

Assolutamente no. Quando c’è stato da criticare, lo abbiamo sempre fatto, senza nessuna remora, in accordo all’editoriale del numero zero. Si può ovviamente non essere d’accordo, ma nessuno di certo ci può accusare di faziosità. Di tanto in tanto qualcuno mi definisce il fan numero uno dei Genesis, pensando di farmi un complimento, ma per me non lo è affatto: che adori la band è scontato, ma mi ritengo un giornalista prima e solo di rimbalzo un appassionato. Per questo uso, per gli album che recensisco su Dusk, il medesimo approccio critico che ho usato con il Ciao, Rockstar, Jam e che uso tuttora per Classic Rock: sincerità totale, senza sconti a nessuno.

– Qual è la critica più dura e l’elogio più bello da parte dei lettori?

Qualche lettore in passato ci ha definiti una sorta di fanclub di Steve Hackett, perché di lui si parla sempre più degli altri. Ma come potrebbe essere altrimenti, visto che pubblica il triplo di quello che producono tutti gli altri messi assieme? Qualche altro lettore ritiene che si dia troppo spazio a Anthony Phillips (dimenticando che è stato il fondatore e per un breve periodo addirittura il leader della band). Molti, infine, detestano e neanche cordialmente Ray Wilson. Una volta incontrai a un concerto un ex abbonato che, dopo essersi presentato, mi confidò candidamente che aveva smesso di seguirci perché non sopportava l’idea di vedere Ray sulle pagine di Dusk! Ma Ray è stato un membro dei Genesis, per i quali ha cantato in un disco e un tour. Come tale, ha esattamente gli stessi diritti degli altri membri anche se, ovviamente, non detiene il medesimo palmares artistico.

Tra gli elogi, prima di tutto la costanza; molti lettori sono quasi increduli di fronte a tanta perseveranza e vedono Dusk come un amico di famiglia che va a trovarli a casa ogni quattro mesi. Molto apprezzata anche l’onestà intellettuale e l’attitudine a scrivere sempre senza filtri, qualcosa di non così frequente nel mondo dei cosiddetti fanclub (categoria nella quale Dusk, peraltro, non rientra), dove spesso si è succubi degli artisti: posso dire con orgoglio che non è mai accaduto e che se qualche errore è stato commesso, ed è successo, è stato semmai per affetto, non certo per opportunismo.

– Per i prossimi anni prevedi anche uno sviluppo sul web più consistente dell’attuale o resti fedele al valore del cartaceo?

Riconosco l’importanza del web, ma non fa per me. Quando Dusk cesserà le pubblicazioni cartacee, resterà solo un bel ricordo, al massimo il sito web minimale così come è oggi.

Grazie a Mario Giammetti, buon compleanno e in bocca al lupo per i prossimi, tantissimi, anni di Dusk.

 

 

E chi non l’avesse già fatto, qui può abbonarsi a Dusk.

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I Genesis fino a “Foxtrot” in uno speciale di 14 pagine su Record Collector numero 516 di marzo

14 pagine sui Genesis nel numero di marzo di Record Collector.

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La preistoria affascinante e collezionabile della band. Lo speciale di 14 pagine esamina i primi anni fino a Foxtrot e include nuove interviste con Richard Macphail, Steve Hackett, Anthony Phillips e Tony Banks.

Acquista la tua copia qui: https://shop.recordcollectormag.com/issue/view/issue/RC516

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Il debutto italiano dei Genesis ad Adria, Rovigo: si cercano i testimoni di quel 6 aprile 1972

Chi c’era la sera del 6 aprile 1972, quando sull’immenso palcoscenico del Comunale di Adria andarono in scena i Genesis?

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Foto da adria.italiani.it

Esiste da qualche parte una foto di quella serata?

E magari anche una registrazione, sia pure casalinga? C’è qualcuno che c’era e che ha voglia di ricordare le sue impressioni?

Per questo è a disposizione un numero di wathsapp 351 9356194 e la mail info@arcadia-arte.com.

Ricordi e testimonianze saranno inseriti nel sito della mostra “Quando Gigli, Pavarotti e la Callas…. I Teatri Storici del Polesine”, che la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo propone al Palazzo Roncale (per le modalità di fruizione della mostra CLICCA QUI).

Una piccola sezione ricorderà, accanto ai grandi protagonisti della lirica, anche il debutto italiano, al Comunale di Adria, dei Genesis.

Leggi lo speciale di Horizons Genesis:

Genesis: 50 anni fa il primo tour in Italia, 6 – 19 aprile 1972 – AUDIO, VIDEO & RICORDI

Quella sera, destinata a passare alla storia, in cui un gruppo di ragazzi inglesi, un po’ intimiditi dagli austeri, enormi spazi del Comunale, si esibì davanti ad un pubblico davvero sparuto di appassionati: meno di 90 persone, ricorda qualcuno.

Altri alzano a 200 il numero dei presenti. Comunque nulla rispetto alle folle in delirio di solo pochi anni dopo, alla popolarità planetaria e al mito della band inglese.

Certo quella ad Adria fu una partenza in sordina. I Genesis furono presi a fare da tappabuchi a Mago Zurlì, ben più popolare della band britannica. Cino Tortorella infatti non era riuscito a raggiungere Adria, bloccato pare da un incidente stradale.

Questa prima adriese della mitica band restò per anni nel limbo dei discorsi da bar. Ma a dimostrare, fuor di ogni dubbio, che i Genesis erano proprio ad Adria e non altrove in quella storica serata è il registro dell’Albergo Stella d’Italia, con i loro nominativi.

Foto da adria.italiani.it

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Genesis: la biografia dell’ex manager Tony Stratton-Smith – COMPRA

Si intitola “Strat! The Charismatic Life And Times Of Tony Stratton Smith”, la biografia dell’ex manager dei Genesis.

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La vita dell’ex manager di Genesis, Van der Graaf Generator e The Nice e l’uomo dietro la leggendaria etichetta Charisma Records, Tony Stratton-Smith, sarà celebrata in una nuova biografia.

Il libro “Strat! The Charismatic Life And Times Of Tony Stratton Smith” è stato scritto da Chris Groom con una prefazione di Peter Gabriel.

Compralo qui (varie versioni):

Ex giornalista sportivo, Strat ha iniziato nel campo musicale gestendo The Nice nel 1968 e fondando la Charisma Record nel 1969.

Firmò il contratto con i Genesis e pubblicò il loro secondo album Trespass nel 1970.

Altri artisti associati all’etichetta sono VdGG, Marillion, Bonzo Dog Doo-Dah Band, Lindisfarne, Monty Python, Rare Bird, String Driven Thing e Brand X. In seguito Peter Gabriel, Peter Hammill, Steve Hackett, Phil Collins e altri.

Stratton-Smith morì di cancro al pancreas il 19 marzo 1987 a 53 anni.

Un servizio commemorativo fu tenuto per lui a St. Martin’s In The Field a Londra.

Clutching At Straws dei Marillion, che uscì poco dopo la sua morte, fu dedicato a lui, così come On My Way Home dei 3, dal loro album del 1988 To The Power Of Three.

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Prog Magazine numero 117: intervista a Steve Hackett

Prog Magazine numero 117 intervista Steve Hackett.
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L’intervista verterà sull’album acustico “Under A Mediterranean Sky”. Ecco come Steve lo ha raccontato attraverso i social.

Puoi acquistare l’album qui, nelle diverse versioni:

Ecco il racconto del brano “The Call Of the Sea”:

Steve racconta il brano “Andalusian Heart”:

Ecco il racconto del brano “Lorato”:

Qui Steve su “Casa del Fauno”:

Steve racconta il brano “Scarlatti Sonata”:

Ed ecco il racconto del brano “Joie De Vivre”:

Qui Steve su “Adriatic Blue”:

Steve ha parlato anche del brano “The Dervish and the Djin”. Ecco il video:

Ed ecco il racconto del brano “The Memory Of Myth”:

Steve ha commentato il singolo “Sirocco”:

L’8 gennaio è stato pubblicato il video ufficiale di “Sirocco”.

Eccolo:

Con questo post del 4 gennanio 2021 Steve ha annunciato un nuovo blog per raccontare i viaggi e i luoghi che hanno ispirato l’album:

Steve’s new blog: Under A Mediterranean Sky: Journeys Of Inspiration – Part One

“This is the first of three blogs,…

Pubblicato da Steve Hackett su Lunedì 4 gennaio 2021

Il 29 dicembre ha racconato nuovi dettagli sull’album in un podcast. Ecco il post su Facebook:

The Strange Brew podcast: Steve Hackett reveals the stories behind his forthcoming album, Under A Mediterranean Sky,…

Pubblicato da Steve Hackett su Martedì 29 dicembre 2020

Ecco il secondo singolo, “Mdina”. Ascoltalo qui:

 

Scaricalo qui:

Qui Steve parla del brano:

 

Così Steve ha commentanto l’uscita del singolo, il 18 dicembre:

Today Steve launches the second single from his forthcoming album Under A Mediterranean Sky, the epic Mdina (The Walled…

Pubblicato da Steve Hackett su Venerdì 18 dicembre 2020

In questo video Steve dà le prime informazioni su “Under A Mediterranean Sky”:

Qui Steve dà altri particolari, in un’intervista rilasciata il 10 dicembre:

Ed ecco “Andalusian Heart”, il primo brano e primo video dall’album.

Guarda:

Scaricalo qui:

Steve ha pubblicato sul suo blog una riflessione sul suo nuovo album “Under A Mediterranean Sky” definendolo molto personale.

«Non c’è rock ‘n’ roll, non c’è la voce e non c’è la chitarra elettrica – dice Steve –. Ma la mia chitarra classica è affiancata da molti altri strumenti acustici e suoni orchestrali, in un viaggio immaginario attraverso le tante regioni che circondano quella vasta area di mare e cielo, con i suoi misteri incantati, il calore e il romanticismo.»

Hackett ha condiviso parte della scrittura con la moglie Jo, per quanto riguarda i testi. Roger King ha orchestrato e amalgamato tutte le sonorità. 

«Sono entusiasta dell’ensemble di musicisti fantastici – continua Steve –. Franck Avril all’oboe, Christine Townsend al violino e alla viola e mio fratello John al flauto aggiungono colore agli arrangiamenti orchestrali, mentre con Arsen Petrosyan al duduk e Malik Mansurov al tar, insieme al mio chirango e al liuto arabo, ci avventuriamo nel cuore del Medio Oriente. Il sempre versatile Rob Townsend al flauto e al sax soprano si muove a cavallo di diverse dimensioni musicali come il Colosso di Rodi.»

Per vedere le foto dei protagonisti dell’album CLICCA QUI.

Con questo post su Facebook del 4 novembre, Steve aveva annunciato titolo, copertina e dettagli del nuovo album “Under A Mediterranean Sky”, in uscita il 22 gennaio 2021.

NEW ALBUM – UNDER A MEDITERRANEAN SKY

Steve releases his new acoustic album Under A Mediterranean Sky on 22nd January…

Pubblicato da Steve Hackett su Mercoledì 4 novembre 2020

Il 9 settembre Steve aveva pubblicato questo post su Facebook:

It was great to have Rob Townsend over this week to play various instruments on my next project… The recording is getting exciting!

Stay safe, and warmest wishes to all…
Steve

Pubblicato da Steve Hackett su Mercoledì 9 settembre 2020

Il 21 agosto Hackett aveva pubblicato un post, “Stoking the Flames”, sul suo sito web che fa anche il punto dei lavori. Dice Steve:

«Nei giorni della settimana continuo a registrare con Roger e quei fuochi creativi stanno bruciando vivi… Anche molti altri musicisti che hanno inviato i loro contributi a distanza sono coinvolti. Non passerà molto tempo prima che annunci il mio prossimo progetto appassionato, quindi guardate questo spazio!».

Il 26 giugno Steve aveva ricordato con questo post su Facebook che i lavori procedono speditamente e che l’album è a un livello avanzato.

Il 23 giugno Steve ha pubblicato questo video, in cui accenna al diverso “taglio” dell’album, rispetto ai precedenti, e propone una piccola anteprima delle registrazioni con sonorità orchestrali.

Ed ecco cosa ha postato l’11 giugno. Nel racconto sul lockdown nel blog del suo sito, anticipa il ritorno alle registrazioni con il fedele Roger King.

«Ho usato questo tempo anche per preparare un nuovo album, in vista di un progetto acustico che coinvolgesse sonorità orchestrali e strumenti inusuali che non avevo mai utilizzato prima con questo tipo di album», scrive Steve nel suo blog.

E continua: «Appena è stato possibile, Roger ed io ci siamo riuniti per iniziare a registrare. Siamo già a metà strada e stiamo iniziando a raggiungere i musicisti, che possono essere coinvolti a distanza. È una sfida, ma un progetto entusiasmante che sta già esplodendo nella vita. Anche se sei bloccato in un posto fisicamente, la musica può tirarti fuori e portarti su quel tappeto magico sonoro in qualsiasi posto tu voglia sognare…. Credo che sia importante avere cose a cui puntare e a cui aspettarsi in momenti come questi.»

Le ultime di Steve Hackett su Horizons Genesis:

 

Angolo del Collezionista

Ascolta Steve Hackett:

Horizons Radio News

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LEGGI PERCHE’

Genesis: “A Trick Of The Tail” compie 45 anni, 2 febbraio 1976 – AUDIO, VIDEO & RICORDI

Storie e Memorie indimenticabili, attraverso audio, video, documenti e molto altro ancora.

By D.B.

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Il 2 febbraio 1976 esce A Trick Of The Tail, il primo album dei Genesis dopo l’uscita di Peter Gabriel. Ecco un racconto multimediale.

I Genesis raccontano l’album così:

“Con nostro grande sollievo si capisce piuttosto in fretta che possiamo cavarcela anche senza Peter”, racconta Phil Collins nella sua autobiografia.

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“Le canzoni ci vengono come ai vecchi tempi, ed è roba buona. Abbiamo pronta Dance on a Volcano. Seguono Squonk e Los Endos, per l’album che
sarà intitolato A Trick of the Tail.”

Il tutto mentre il Melody Maker butta la bomba: “Peter Gabriel esce dai Genesis”. La notizia è trapelata prima che loro avessero il tempo di rior-
ganizzarsi. Così, nell’ambiente musicale gira voce che i Genesis sono finiti.

Comporre A Trick of the Tail è stato come l’inizio di un nuovo capitolo emozionante. Non avrei voluto che Peter se ne andasse, ma sapevo che ci sarebbe stato un cambiamento”, racconta Mike Rutherford nella sua autobiografia.

“Ora che se n’era andato ci siamo sentiti come una nuova band – racconta Mike -. Sembra strano da dire ora, ma la voce di Phil non era come sarebbe diventata. Stratton-Smith diceva che Phil sembrava più Pete di Pete, ma in realtà le loro voci non erano affatto simili. Sembrava così solo se stavano cantando la stessa canzone, la stessa melodia in stile Genesis.

Spesso mi sembra che la vita nei Genesis sia divisa in due metà – gli anni di Pete e gli anni di Phil. Durante gli anni di Pete eravamo come bambini di scuola. È cambiato tutto quando Pete se n’è andato – continua Mike -. La partenza di Pete ci aveva fatto crescere un po’ come persone, anche se per Tony e me significava anche imparare a rilassarsi un po’.”

Ma i quattro non si danno per vinti. Ogni settimana fanno il provino a  potenziali cantanti. Phil insegna loro le parti vocali, cantando con loro. Firth of Fifth, The Knife, brani difficili per qualsiasi aspirante frontman.

I Genesis fanno provini per cinque o sei settimane. Vedono una trentina di ragazzi. Ma il tempo che passa rapidamente, si parla già di un altro tour,
bisogna andare in studio di registrazione

Ma quando i brani sono registrati e non c’è ancora nessun cantante, il tempo stringe. Mick Strickland è un po’ più bravo degli altri e i Genesis gli chiedono di andare ai Trident per provare. “Gli diamo da cantare Squonk – ricorda Phil -. Il primo verso di quel cantato è bastardissimo: «Like father, like son…». Tale padre, tale figlio… Non gli chiediamo la sua tonalità o la sua estensione. Gliela diamo e basta. Attacca! Poveretto. Non è neanche lontanamente la sua
tonalità. Ci tocca dirgli: «Grazie e arrivederci…». A ripensarci ora, mi sento in colpa per Mick.”

Intanto le ore in studio si stanno accumulando. Allora dico: «Che ne pensate se ci provo io?» – continua Phil -. E i ragazzi fanno spallucce: «Tanto vale». Dentro di me so che posso riuscirci, ma cantarlo sul serio è tutta un’altra cosa. A volte il cervello dice di sì, ma la voce urla «No!».

Ma Phil ci prova.Mike e Tony in seguito mi diranno che è come uno di quei momenti dei cartoni animati in cui si accende la lampadina. Si guardano in cabina di regia e le sopracciglia dicono tutto: «Accidenti, è perfetto!».”

Un momento decisivo per Collins.

Dopo aver esplorato ogni altro punto di vista, sembra che quella del batterista che si mette davanti al microfono sia la scelta definitiva. Phil è combattuto, soprattutto perché gli piace suonare la batteria. “Ecco il mio punto dolente – rivela –. Eppure non si può negare la verità: so cantare quelle canzoni.”

Ora il nodo da sciogliere è l’imminente tour.

“Badate bene, io non ero ancora intenzionato ad andare sul palco a cantare da frontman – racconta Phil -. Sul palco sarà tutta un’altra cosa. Quindi, in realtà, siamo ancora senza cantante.

Il canto era una cosa, ma il vero problema per me era se Phil avrebbe accettato di essere il nostro frontmanammette Mike Rutherford. I batteristi
generalmente tendono a pensare che i cantanti siano la ciliegina sulla
torta, e non proprio dello stesso calibro di musicista di tutti gli altri della band.”

Per la prima volta i Genesis realizzano tre videoclip delle loro canzoni. Due li abbiamo già visti sopra. Ecco il terzo:

Il primo concerto dei Genesis con Phil Collins come cantante si è svolto alla London Arena di London nell’Ontario, in Canada, il 26 marzo 1976.

C’erano 2.200 fan alla vecchia arena di Bathurst Street per il  debutto di Collins come frontman.

Leggi com’è andata – CLICCA QUI.

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Eugenio Delmale racconta A Trick of the Outtakes, ovvero quando i Genesis non avevano ancora scelto il nuovo cantante, al posto di Peter Gabriel, nel 1975 (in italiano).

Guarda le versioni rimasterizzate di A Trick of the Tail. Clicca qui

Salva

Ed ecco una playlist di Horizons Radio da YouTube dedicata a A Trick Of The Tail:

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Horizons Radio MAIL: CLICCA QUI

Ascolta “A Trick of the Tail”:

Ascolta i Genesis:

Horizons Radio News

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LEGGI PERCHE’

Steve Hackett: 50 anni fa l’esordio sul palco con i Genesis, 14 gennaio 1971 – VIDEO & MEMORIE

Storie e Memorie indimenticabili, attraverso audio, video, documenti e molto altro ancora.

By D.B.

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50 anni fa, il 14 gennaio 1971 Steve Hackett esordisce in concerto con i Genesis, all’University College di Londra.  Ecco il racconto di quei giorni movimentati. 

Da genesisfan.net

By D.B.

Come abbiamo visto (LEGGI LO SPECIALE DI HORIZONS RADIO SU QUEI GIORNI), la band è stata vicinissima a sciogliersi, perché Anthony Phillips ha lasciato i compagni d’avventura e loro hanno deciso di sostituire anche John Mayhew, l’attuale batterista. 

I Genesis hanno già ingaggiato Phil Collins alla batteria – LEGGI, ora devono trovare un valido sostituto alla chitarra.

Hanno già provato in concerto sia Ronnie Caryl, grande amico di Phil (ha fatto l’audizione con lui –LEGGI) e chitarrista dei Flaming Youth, che Mick Barnard, membro dei Farm, ma entrambi  non hanno convinto gli esigenti membri della band.

Dopo l’addio di Anthony Phillips – LEGGI e poi con l’arrivo di Phil, i Genesis hanno quindi continuato come quartetto, con Tony che suonava tutte le parti di chitarra su un piano elettrico Hohner filtrato con un fuzz box. La ricerca continua.

Il 14 dicembre, scorrendo il Melody Maker, Peter viene incuriosito dall’insolito annuncio di un certo Steve. Eccolo:

Da newslines.org

Ricorda Tony Banks in Genesis. Il fiume del costante cambiamento, di Mario Giammetti, Editori riuniti:

«Mike aveva fatto audizioni per lungo tempo, ma io e Peter ci convincemmo che stava cercando di trovare qualcuno che suonasse proprio come Ant, il che era ovviamente impossibile. Così andammo noi due a sentire Steve. Era veramente in gamba, a guardarlo sembrava uno dei tanti, invece sapeva comporre, sperimentare, non era il classico chitarrista scalmanato».

E ricorda Steve nello stesso preziosissimo libro di Giammetti:

«Suonavo un po’ alla Jimmy Page, con assolo veloci che mal si sposavano alla delicatezza delleloro canzoni. I primi tempi furono davvero difficili». 

E così si arriva a quel 14 gennaio 1971, quando all’University College di Londra, Steve Hackett fa il suo esordio in concerto con i Genesis. Ma non sarà un momento facile.

Racconta Steve riportato da Richard Macphail in My book of Genesis:

“Il primo concerto per me è stato un disastro. Fino ad allora avevo usato un fuzzbox preso in prestito o il Marshall Superfuzz di Tony. Quindi tutto ha funzionato bene, ma quella sera mi hanno dato uno Shaftesbury Duo Fuzz che è un grande fuzzbox. Non riuscivo ad avere un Marshall Superfuzz e pensai, ‘Oh, questo suona bene’.

E quando abbiamo fatto il sound check sembrava tutto a posto, ma ovviamente quando tutti stavano suonando, era molto più forte e il ritorno un disastro.  Mi sono scoraggiato e ho dimenticato tutte le mie parti. Mi ricordo di una lite accesa dopo lo spettacolo e pensavo che fosse tutta colpa mia.

Col senno di poi, non lo era. Quello fu il mio momento più imbarazzante sul palco, essere sul palco con musica profondamente arrangiata e con la totale incapacità di ricordare una nota, perché non potevo controllare il mio suono. Non è un buon inizio, ho pensato.”

Racconta Steve a TWR #33 riportato da genesis-movement.org:

“E’ stato un concerto spaventoso… un’esperienza non piacevole… ci sono stati molti errori ed io avevo una fuzz  box che stavo provando da settimane e improvvisamente quella sera ho dovuto utilizzarne una diversa ed era come… era la differenza tra un amatore e un professionista e con questa fuzz box  e il suo feedback io ho suonato male per tutto lo show e ho pensato di aver sbagliato tutto e che sarebbe stato l’ultimo concerto con loro.” 

In realtà Steve non è il solo a suonare poco bene quella sera. Ricorda Mike Rutherford nella sua autobiografia, The Living Years, Arcana:

“Come avremmo scoperto negli anni, Phil aveva la grande capacità di bere tanto senza darlo a vedere. Al primo concerto di Steve – University College London, gennaio 1971 – si verificò un’eccezione. Ci eravamo fatti qualche pinta ma nessuno si era accorto che Phil se n’era scolata qualcuna in più degli altri ed era sbronzo. Phil era un batterista così in gamba che poteva fare praticamente di tutto, ma quella sera si preparò per una delle sue grandi rullate e non successe niente. Silenzio. L’aveva eseguita alla perfezione, peccato che fosse spostato di venti centimetri da ciascun pezzo della batteria.

Povero Steve: era il suo primo concerto, era nervoso e noi avevamo un batterista ubriaco. A fine serata io e Tony facemmo passare un brutto momento a Phil, il che a Phil non diede alcun disturbo, ma sfortunatamente Steve pensò che stessimo litigando per causa sua: lo odiavamo e volevamo sbatterlo fuori. Come sempre, a nessuno passò per la testa di mettere al corrente il nuovo arrivato su come stavano le cose.”

E racconta Phil Collins nella sua autobiografia:

“Per la maggior parte dei casi i concerti sono condotti in modo piuttosto professionale: arriviamo, suoniamo e torniamo a casa. Fumiamo qualche canna, ma niente bagordi esagerati. L’unica volta che succede è a un concerto alla City University di Londra, il primo di Steve con i Genesis. Suoniamo più tardi del previsto, quindi passo il tempo scolandomi un po’ di birre Newcastle Brown. Quando saliamo sul palco sono completamente sconclusionato. Faccio tutti i fill giusti, ma otto centimetri più a destra di dove dovrei. Altro che air-guitar, questa è air-drums. E dopo sono pentito: «Cosa penserà il nuovo chitarrista? Il suo primo concerto e il batterista è ubriaco fradicio». È la prima volta che suono da ubriaco, e sarà anche l’ultima.”

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No, non sono ancora morto di Phil Collins. Retro-copertina – CLICCA SULL’IMMAGINE PER ACQUISTARE IL LIBRO.

Ma Steve, nonostante le sue preoccupazioni, passa l’esame. E la conferma viene da Peter Gabriel, che dichiara, riportato nel libro di Giammetti sopra citato:

“Abbiamo avuto due chitarristi negli ultimi mesi ma questo spero sia quello definitivo, lo abbiamo trovato attraverso il Melody Maker e sembra essersi adattato benissimo”. (Peter Gabriei, Zig Zag n. 19, 5/71, «Genesis», anonimo). 

Ecco cosa ne pensa oggi Anthony Phillips:

Steve diventerà una colonna dei Genesis, nella formazione che molti considerano “quella vera” e oltre. Fino al clamoroso addio.

Ma questa è un’altra storia – LEGGILA QUI-.

by D.B.

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Le ultime di Steve su Horizons Genesis

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