Copertina dell’album. Clicca sull’immagine e guarda le offerte dal Regno Unito.
“Shaking the Tree: Sixteen Golden Greats” è la prima raccolta delle hit di Peter Gabriel.
Include canzoni sino al 1989. E’ stata rimasterizzata nel 2002.
Alcuni brani sono diversi rispetto alle versioni dei rispettivi album: “Shaking the Tree” ha un nuovo accompagnamento vocale di Peter Gabriel; “I Have the Touch” è un remix del 1985; “Here Comes the Flood” è invece una registrazione completamente nuova, solo pianoforte e voce, senza gli arrangiamenti del primo album di Gabriel.
«Released in 1990, Shaking The Tree is a career-spanning overview of Peter’s solo years (up to that point) from the first self-titled album of 1977 up to the 1989 Passion soundtrack with a few curiosities and rarities…»MORE
Il 28 settembre 1972, al National Stadium di Dublino, duranteil Foxtrot Tour, Peter Gabriel si presenta sul palco indossando una testa di volpe e un vestito rosso da donna, all’insaputa dei compagni.
Lo show al National Stadium di Dublino, il 28 settembre, resterà nella storia dei Genesis perché, nel finale di The Musical Box, Peter Gabriel si presenta sul palco indossando una testa di volpe e un vestito rosso da donna di sua moglie Jill, all’insaputa dei compagni. L’inizio di un’epoca di teatralità e costumi, che ha dato alla band una visibilità e un popolarità finora sconosciute.
Ascolta l’audio del concerto:
Ed ecco l’effetto tratto dal concerto al Bataclan di Parigi il 10 gennaio 1973:
“Prima di questo non c’erano stati indizi del fatto che Peter volesse cominciare a travestirsi. Come, più avanti, non ci avvertirà della maschera da fiore che indosserà per la parte di Willow Farm in Supper’s Ready, e nemmeno per la scatola triangolare che si mette in testa per la parte successiva, Apocalypse in 9/8. Le vediamo anche noi nello stesso momento in cui le vede il pubblico. Lui non vuole saperne di decidere in gruppo, in questi casi. (…) Queste sono le cose molto fuori dagli schemi che fa ora Peter Gabriel sul palco con i Genesis. Dopo Dublino, la signora Volpe ricompare in ogni concerto, sempre nello stesso punto. Ci abituiamo presto, ed è meglio per noi: una foto di Peter con il nuovo costume finisce dritta sulla copertina del «Melody Maker», e fa aggiungere uno zero alla tariffa di ingaggio dei Genesis. Passiamo da trentacinque sterline a trecentocinquanta sterline a serata.”
“Eravamo stati tenuti completamente all’oscuro delle intenzioni di Pete; lui sapeva bene, del resto, che se ci avesse anticipato qualcosa avremmo tentato di fermarlo.”
“Altri facevano qualcosa con i costumi, ma noi sfruttavamo tutto lo spazio del palco. Quando andavi a uno spettacolo dei Genesis vedevi le tende velate, e poi il fumo artificiale, che sì adesso è un cliché ma allora non lo era affatto. Vedevi le ali di pipistrello e gli occhi truccati. Sentivi il suono del Mellotron, praticamente il primo effetto in stereo. Non c’erano altri concerti di quel livello al mondo. I primi dieci minuti erano di una potenza incredibile. Penso che fummo tra i primi gruppi a cogliere la bellezza della fusione di musica ed effetti visivi. Un po’ successe per caso e per fortuna, un po’ perché l’abilità di Peter in quel senso era davvero unica.”
Infatti, il 9 febbraio 1973, al Rainbow Theatre di Londra, Peter Gabriel si porta in camerino un intero baule pieno e indossa sul palco i suoi famosi costumi e le maschere. Sulle note di mellotron di Watcher Of The Skies, Peter esce per la prima volta con il vestito nero e le ali da pipistrello sulla testa.
Ecco l’effetto (in un video del tour successivo, ottobre 1973 Live Shepperton Studios):
E poi ancora, nuovi colpi di scena durante tutto il concerto. Immagini che segneranno, nel bene e nel male, la band per sempre.
LEGGI E ASCOLTA GLI SPECIALI DI HORIZONS RADIO SULL’ARGOMENTO:
Il 28 settembre 1980 Peter Gabriel torna in Italia, ma non con i Genesis, da solista. L’inizio della parte italiana del tour è al Parco delle Cascine di Firenze.
Per tanti ragazzi italiani è la prima occasione di vedere un membro dei Genesis dal vivo.
I Genesis erano stati per l’ultima volta in concerto in Italia il 25 marzo 1975.
Allora c’era ancora Peter Gabriel, era il The Lamb Lies Down On BroadwayTour e quello del Parco Ruffini di Torino, sarebbe stato l’ultimo live, per molti anni, a causa degli scontri con la polizia. La tournée italiana infatti fu annullata dopo gli incidenti e i tafferugli in altri live, che stanno per condannare il nostro paese a una quarantena senza artisti stranieri durata anni.
Nel frattempo sono usciti dalla band sia Peter Gabriel che Steve Hackett. Ma ancora nessuno di loro è venuto a suonare in Italia. Quindi l’attesa è tantissima.
Ecco il biglietto:
Ricordo l’apertura dei cancelli, anzi, dopo i primi che hanno scavalcato le deboli barriere, tutti dentro in una corsa lunghissima, liberatoria, lungo tutto il Prato delle Cornacchie, in fondo al quale si ergeva il palco.
Poi la lunga attesa al caldo, in un clima festoso e tranquillo. Fino all’arrivo di Peter sul palco, ma non per iniziare a suonare, bensì per introdurre a modo suo (“ascoltateli con l’attenzione e il rispetto con cui ascoltate me”) gli sconosciuti Simple Mind. E nonostante le raccomandazioni di Peter, per il gruppo di Jim Kerr, tanti oggetti lanciati sul palco e poca attenzione.
Poi finalmente Peter e la sua band iniziano il concerto. Le luci si spengono. Tutto è buio. Parte “Intruder” e inizia una certa animazione in un settore del prato. Qualcuno del pubblico si è trovato accanto proprio Peter.
Peter Gabriel – voce e tastiere Larry Fast – sintetizzatori e tastiere Jerry Marotta – batteria John Ellis – chitarra John Giblin – basso
E due estratti audio di quel concerto:
Il concerto è bellissimo. Peter, come si può ascoltare dall’audio, è molto comunicativo e tenta anche di parlare in italiano, proprio come faceva con i Genesis, leggendo dei bigliettini, spesso con risultati comici.
Gran finale con “Here Comes the Flood”. Peter la canta da solo, senza la band, accompagnandosi al pianoforte.
Tutti speravamo di sentire anche “The Lamb Lies Down on Broadway” e “Back in N.Y.C”, che Peter aveva eseguito nei tour precedenti. E li chiedevamo a gran voce, ma non siamo stati accontentati. Il Peter Gabriel del bellissimo terzo album da solista (vedi sotto) è ormai lontano dalle sonorità e anche del retaggio dei Genesis.
Qui Peter arriva sul palco dal fondo della platea, sempre nel buio totale facendosi largo con una torcia a spalla. Come a Firenze, il pubblico non si rende bene conto di cosa stia accadendo.
Il 30 settembre al Palasport di Torino ultima tappa del tour in Italia.
Qui, prima del concerto, c’è stato un episodio curioso, che ha sollevato ancora di più il morale del pubblico già eccitato. Alcuni dei roadies hanno fatto uno scherzo, decidendo di riprodurre un nastro di “I Know What I Like”.
Il Palasport è quasi esploso, aspettandosi come un miracolo da un momento all’altro, ma poi, rendendosi conto che difficilmente sarebbe stato così, il boato si è presto trasformato in un gigantesco coro.
In occasione del 40ennale, Peter Gabriel ha pubblicto questo raro filmato di ‘Games Without Frontiers’ registrato live a Buenos Aires nel 2009.
Il 28 maggio 2020 Peter ha fatto uscire questo video che riprende un’intervista realizzata nel 2002 per l’uscita del CD ri-masterizzato. Gabriel parla della realizzazione del suo terzo album omonimo, appunto, chiamato Melt per via dell’iconica immagine di copertina, creata da Storm Thorgerson dello Studio Hipgnosis.
Ed ecco 10 motivi per riascoltare questo album.
1. E’ l’album di Gabriel maggiormente costellato di ospiti prestigiosi, come il produttore Steve Lillywhite e il chitarrista Dave Gregory (I Don’t Remember e Family Snapshot) degli XTC, l’inizio della lunga collaborazione con David Rhodes, il vecchio amico Phil Collins e il percussionista Morris Pert (Intruder e No Self Control), la nuova collaboratrice Kate Bush (No Self Control e Games Without Frontiers), il sassofonista inglese Dick Morissey (Start), Paul Weller, allora leader dei Jam (And Through The Wire).
2. Per la prima volta Peter ha usato ladrum machine (Games Without Frontiers e Biko, in particolare) e ha sperimentato alla batteria quel suono particolare, con il gated reverb, che caratterizza Intruder, utilizzato l’anno dopo da Phil Collins per In The Air Tonight. Una sonorità che è diventata un modello standard per buona parte del pop inglese degli anni ottanta.
3.Phil Collins inizialmente era scettico riguardo l’idea di non usare affatto i piatti. Ma Peter è stato inamovibile, dato che così poteva sfruttare i toni alti con tutta una nuova serie di sonorità, una varietà di campi da esplorare. Paradossalmente, Gabriel è stato accusato di plagiare Collins, quando In The Air Tonight ha avuto un successo planetario.
4. Gabriel è stato uno dei primi musicisti a utilizzare ilFairlight, un rivoluzionario sintetizzatore che campionava i suoni naturali. Peter addirittura ne divenne il distributore in Inghilterra, in società con un cugino. Nel disco troviamo anche sonorità nuove per il solco rock (post-progressive) in cui è ancora collocato, come lo xilofono (Intruder), il sax (Start), la marimba (No Self Control e Lead A Normal Life), la cornamusa, i tamburi surdu e cori originali sudafricani (Biko).
5.Family Snapshot è ispirata dal libroAn Assassin’s Diary (Un diario di un assassino) di Arthur Bremer, testo che ha ispirato anche lo sceneggiatore del film Taxi Driver di Martin Scorsese. Ma un altro libro, Dispatches, le cui foto hanno suggerito a Gabriel alcuni verso di Games Without Frontiers, ha creato non pochi problemi di censura con la BBC.
6. L’album sembra avere un filo conduttore di devianza psicologica, affrontando temi come lo stalking (Intruder), schizofrenia e paranoia (No Self Control), la rimozione (I Don’t Remember), la cattiva influenza dei media (Family Snapshot), l’assenza di comunicazione (And Through The Wire), la malattia mentale (Lead A Normal Life). Ma è importante anche l’aspetto “politico”. Peter prende posizione contro la guerra (Games Without Frontiers), la paura per l'”altro” (Not One Of Us), l’apartheid (Biko).
7. Davide Castellini in Le canzoni di Peter Gabriel, Editori Riuniti, fa notare come siano tante le espressioni negative nei titoli e nei testi (no, don’t, not, neverwithout). Lo stesso Peter se n’era accorto, tanto che, sempre citato da Castellini, temeva di “trasformare l’album in una predica a un bambino, piena di non fare questo, non fare quello“.
8.Gabriel era incerto se pubblicare o meno Biko nel disco. Nonostante la sua sincerità nei confronti del tema, temeva di non essere una voce valida per una causa così lontana geograficamente e socialmente da lui. Inoltre la storia di Steven Biko era stata raccontata già in varie canzoni, compresa A Motor Bike In Africa di Peter Hammill, suo amico, collaboratore, nonché vicino di casa a Bath.
9.Biko viene inserita poi nell’album su insistenza dell’amico Tom Robinson. “Fu una chiave di volta nella mia carriera di musicista e di paroliere“, racconta Gabriel, citato da Mario Giammetti in Peter Gabriel. Not one of us, Edizioni segno. Inizia infatti il percorso di Peter verso l’impegno per i diritti civili, che lo vedrà in tutte le manifestazioni che il mondo della musica organizzerà per sensibilizzare il pianeta.
10. Per la copertina, quarta e ultima collaborazione con lo studio Hipgnosis e il suo fondatore Storm Thorgerson. Attraverso la tecnica denominata Krimsography, inventata dall’americano Les Krim, una Polaroid con il ritratto di Peter viene manipolata con una gomma da cancellare sull’emulsione ancora fresca. E l’effetto melt, appunto, che dà il titolo informale all’album, è fatto.
10 anni fa, il 26 settembre 2010 Peter Gabriel si è esibito all’Arena di Verona durante il New Blood Tour, dopo l’uscita dell’album “Scratch My Back”.
La performance è stata filmata da Anna Gabriel e il materiale da lei girato è alla base di due film: ‘Scratch My Back’ e ‘Taking The Pulse – Live in Verona’.
«Dieci anni fa, chiesi a mia figlia Anna di filmare il concerto che volevamo portare con un’orchestra all’Arena di Verona, un ambiente unico dove potersi esibire. Nonostante un forte raffreddore mi impedì di raggiungere le note come avrei voluto, Anna, assieme al suo collaboratore Andrew Gaston ed il loro team, fecero un lavoro eccellente e catturarono una serata veramente speciale.»
Continua Peter:
«Le riprese di Anna non sono state viste da un pubblico abbastanza ampio. Ora che in molti siamo in isolamento a casa, vorremmo diffonderle sul canale Vimeo di Real World per chi fosse interessato, con la mia unica richiesta che consideriate di fare una donazione ad una di queste organizzazioni che combattono il virus:
Se lo preferite, donate a delle associazioni o enti che operano nella vostra zona.»
Peter infatti ha reso disponibili i due film nel periodo di lockdown per il Covid-19.
Ed ecco altri video di quel concerto:
Ancora Gabriel:
«Sono quasi 50 anni che amo l’Italia: la gente, la cultura, il mangiare, la storia e più recentemente la Sardegna.
L’Italia ci diede lavoro quando non ce ne era. In particolare durante le estati degli anni ’70, quando si riusciva sempre a trovare da suonare. Le tournée migliori e più caotiche erano quelle in cui si attraversava tutto il paese in auto per fare un miscuglio di concerti fantastici, dalle discoteche litoranee ai campi di calcio in montagna.
Sia la musica dei Genesis che la mia trovarono un pubblico meraviglioso e appassionato che cantava i nostri pezzi durante i concerti. Quando dovevamo registrare un album dal vivo, sempre come prima cosa chiedevo se fosse possibile farlo in Italia.
Parlo poco italiano, non benissimo, ma abbastanza per farmi sentire a casa. Come famiglia, siamo rimasti profondamente scossi dai bollettini quotidiani di tante persone scomparse e tanta sofferenza portata da questo virus brutale.»
Peter è stato affiancato dall’orchestratore e direttore musicale John Metcalfe, dal direttore d’orchestra Ben Foster, dalla solista Louisa Fuller e dal pianista Tom Cawley, insieme alle cantanti Melanie Gabriel e Ana Brun e alla New Blood Orchestra.
Dichiara Anna Gabriel, sul sito PeterGabriel.com:
«Quando ho parlato con mio padre delle riprese di uno dei suoi spettacoli ho colto al volo l’occasione di girare all’anfiteatro romano di Verona.
Gli italiani sono sempre stati un pubblico molto entusiasta e restituiscono molto all’artista e alla macchina da presa.
Ho fatto questo film con il mio amico Andrew Gaston, che è stato il mio vero collaboratore durante tutto il processo.
È sempre divertente per me riprendere mio padre, perché conosco così bene il materiale e le sue performance che sento di poter catturare un lato di lui che mi sembra più personale.
Volevo anche filmare l’orchestra in un modo emozionante e, insieme al montaggio di Andrew, penso che abbiamo davvero catturato l’energia dell’intera performance.»
30 anni fa, il 24 settembre 1990, usciva il capolavoro di Anthony Phillips “Slow Dance”.
L’album è una suite strumentale di 50 minuti divisa in due parti. La musica è stata composta da Phillips ed eseguita da lui stesso con altri musicisti:
Anthony Phillips – tastiere (E-mu Emax, Roland Jupiter-8, Casio CZ-5000, Roland TR-808 drum machine), chitarre (Alvarez 12 corde, Fender Stratocaster, Yari classic, Ovation 6 corde), Gretsch basso fretless, TOM drum machine, Yamaha QX5 Sequencer su “Slow Dance (parte 2)”.
Martin Robertson – clarinetto
Ian Hardwick – oboe
Michael Cox – flauto, ottavino
Tjborn Holtmark – tromba
Julie Allis – arpa
Ian Thomas – batteria
Frank Ricotti – percussioni e off spin
John Owen-Edwards – direttore
Gavyn Wright – leader degli archi
Quartetto Speachi
Ralph Bernascone – direttore del quartetto
Ascolta l’album:
Track list:
Tutti i brani sono composti da Anthony Phillips.
1. “Slow Dance (Part 1)” 23:57
2. “Slow Dance (Part 2)” 26:27
Nel 2017, Slow Dance è stato ristampato come digipack 2 CD/1 DVD Deluxe Edition.
Contiene l’originale e un nuovo mix stereo, un mix surround 5.1 e brani inediti intitolati “Slow Dance Vignettes”.
Il pacchetto include un poster e un libretto di 16 pagine con ampie note di copertina.
1. “Themes from Slow Dance” 3:30 2. “No Way Out (Alternate Mix)” 4:23 3. “A Slower Dance” 3:36 4. “Guitar Adagio from Slow Dance” 4:31 5. “Touch Me Deeply (Demo)” 5:58 6. “Clarinet Sleigh Ride” 6:54 7. “Slow Dance Single Demo (Alternate Mix)” 7:38 8. “No Way Out (Original Mix With Drums)” 8:21 9. “Lenta Chorum”
Il titolo dell’album è stato deciso nell’estate del 1990.
Phillips ha dichiarato che “Slow Dance” era tra i tanti possibili, tra i quali “Time & Tide” e “Field Day”. Quest’ultimo è stato usato per il nome dell’album di Phillips del 2005.
“Slow Dance” sarebbe stato suggerito da qualcuno alla Virgin ritenendo l’album un ottimo accompagnamento per un balletto.
I Progressive Music Awards quest’anno si sono svolti giovedì 24 settembre, in un evento presentato dal comico e fan del prog Al Murray e in cui il chitarrista degli Yes Steve Howe è stato designato Prog God 2020.
5 anni fa, ai Progressive Music Awards del 2015, il Prog God è stato Tony Banks.
Peter Gabriel, vincitore l’anno precedente, era presente alla cerimonia di premiazione e ha passato il testimone al suo vecchio compagno di scuola e compagno di band.
Guarda il video:
Nel presentare Banks, Gabriel ha ricordato di aver iniziato a scrivere canzoni con lui quando erano entrambi adolescenti e di aver discusso su quanto dovessero durare i suoi assoli di tastiera.
Peter ha descritto Tony come “una figura di primo piano nella musica inglese”, aggiungendo: “Ha creato straordinarie melodie, canzoni meravigliose, bellissime sequenze di accordi e sono ancora molto felice e orgoglioso di poterlo chiamare mio amico”.
Banks ha iniziato il suo discorso scherzando su come i cantanti dei Genesis, Gabriel e Phil Collins, avessero entrambi perso i capelli, mentre ha sottolineato che lui e altri noti tastieristi prog-rock – in particolare Rick Wakeman degli Yes e Keith Emerson degli ELP – hanno mantenuto i loro.
Tony ha ringrazieto i suoi vari compagni della band dei Genesis, sua moglie e il manager di lunga data del gruppo, Tony Smith.
Come già accennato, nel 2014 Prog God è stato Peter Gabriel. Ecco il suo discorso di accettazione del riconoscimento:
Il 18 settembre 1993, al Cowdray Park, nel Sussex, Regno Unito, in uno specialissimo concerto, va in scena l’ultimo concerto di Phil Collins con i Genesis (non definitivo). Ecco il racconto di quei giorni.
Un concerto di beneficenza per il King Edward VII Hospital, al Cowdray Park, dalle parti di Oxford, si è trasformato in un evento speciale in assoluto, ma storico per i Genesis.
Sul palco, davanti a 1000 persone circa, quel 18 settembre 1993 ci sono i Queen senza Freddy Mercury, i Pink Floyd e i Genesis con Phil Collins per l’ultima volta (anche se non definitiva).
I Genesis suonano I Can’t Dance, That’s Just The Way It Is (di Collins solista), Turn It On Again, Hold On My Heart e Invisible Touch con Phil Collins alla voce, Mike Rutherford al basso, Tony Banks alle tastiere, Tim Renwick alla chitarra, Gary Wallis e Roger Taylor alla batteria.
Il supergruppo si chiama The Ruins Band, nome e formazione che durerà lo spazio di una notte e che prende spunto dalla location del concerto, nelle rovine del Castello di Cowdray. La costituiscono i membri di band come Queen, Pink Floyd e, appunto, Genesis.
Mike Rutherford suona il basso anche per i Pink Floyd, mentre Paul Young dei Mike + The Mechanics canta e duetta con David Gilmour. Eric Clapton esegue due brani accompagnato da Mike Rutherford e Roger Taylor.
Poi tutti insieme sul palco per i bis: Ain’t That Peculiar, Gimme Some Lovin’ e Witness Together.
Ecco la registrazione di una parte del concerto:
Ed ecco la super line-up: TONY BANKS Genesis Keyboards, ERIC CLAPTON Guitar, PHIL COLLINS Genesis Vocals, JOHN DEACON Queen Bass, DAVID GILMOUR Pink Floyd Guitar, ADRIAN LEE Mike &. Mech Keyboards, NICK MASON Pink Floyd Drums, TIM RENWICK Mech./Floyd Bass/Guitar, MIKE RUTHERFORD Genesis Guitar/Bass, ROGER TAYLOR Queen Vocals/Drums, GARRY WALLIS Drums, RICHARD WRIGHT Pink Floyd Keyboards, PAUL YOUNG Mike &. Mechanics Vocals.
Ma torniamo a Phil Collins. Per lui questo non è un concerto come i tantissimi che ha già sostenuto nella sua carriera. E avrà un ruolo devastante nel futuro dei Genesis.
“Il 17 novembre a Wolverhampton, ultima data del We Can’t Dance Tour, non ci sono con la testa. Conclusa la mastodontica serie di concerti in giro per il mondo, sono a pezzi.”
Il We Can’t Dance Tour è stato sfiancante, ma trionfale. Ancora Phil:
“Il successo dei Genesis non è mai stato così immenso, ma io non mi sono mai sentito così piccolo. (…) Ripensando al We Can’t Dance Tour, mi rendo conto che il peso della leadership mi aveva ormai logorato. Sin dal principio del tour più grandioso della storia dei Genesis si era respirato un senso di nostalgia, stile «guardate quanta strada abbiamo fatto».”
Ascolta l’intervista alla BBC, nel programma Rockline il 6 maggio 1992, sull’inizio del tour a Dallas:
Come spesso accade nella vita di Phil, sono le situazioni sentimentali a complicare le cose, anche nell’ambito professionale. Un groviglio di emozioni, alla base dell’album solista Both Sides, che uscirà nell’ottobre 1993.
“Mentre volo a destra e a sinistra per promuovere «Both Sides» alla fine del 1993, la mia vita è un caos. Ho pubblicato quello che considero il mio album migliore, ma a che prezzo? Queste canzoni nascono dal tentativo di fare chiarezza dentro di me: parlano di separazione, di un amore perduto. Inoltre, la libertà che ho sperimentato realizzandole mi ha messo voglia di registrare altri dischi come «Both Sides», personali e autosufficienti. Chi mi obbliga ad avere un gruppo?”
Proprio in un momento di grandi ripensamenti e “guai” sentimentali, arriva questo concerto a Cowdray, che riporta Phil al fianco dei compagni della band dopo quasi un anno travagliatissimo. Ma quel giorno scatta qualcosa e Collins sente definitivamente che l’avventura con i Genesis è finita.
“Insomma, per ragioni positive e negative, dopo aver dedicato metà della mia vita ai Genesis, è ora di congedarmi da loro.”
“Le persone attorno a me mi prendono per pazzo, me ne accorgo. Tony Smith, in particolare, si rende conto che lasciare i Genesis e la mia seconda moglie mi costerà caro, anzi, il doppio. Ma a me non importa, ho bisogno d’aria.”
Tony Smith spera in un ripensamento di Phil, che però non avviene. Ancora Phil:
“Non incolpo i Genesis per i continui traumi nella mia vita privata. Può darsi che mi sentissi perennemente in dovere di andare in tour, di onorare impegni e progetti, di garantire a tutti soddisfazione e lavoro. Fondamentalmente, però, la responsabilità è mia.”
Durante un drammatico pranzo, Collins comunica agli altri la sua intenzione. Ecco il ricordo di Mike Rutherford nella sua autobiografia The Living Years, Arcana:
“A ripensarci adesso, mi rendo conto di quanto fu strano per lui passare dal ruolo di batterista a quello di cantante. Lo fece con tale disinvoltura che io e Tony non facemmo caso a tutti i risvolti che poteva comportare, ma restava una cosa che non era mai stata nei suoi piani. Tutto questo significò che quando fissammo un incontro a casa di Tony Smith a Chiddingfold un giorno del 1996 e Phil disse: «Penso che sia meglio fermarmi qui», non fu veramente una sorpresa. La sorpresa era che fosse rimasto coi Genesis tanto a lungo, dopo tutto quello che gli era capitato con la carriera da solista”
Il 28 marzo 1996 un comunicato alle agenzie di stampa di tutto il mondo racconta la fine, dopo più di 25 anni, della lunga avventura di Phil Collins con i la band, anche se promette la prosecuzione dell’esperienza Genesis con un nuovo vocalist.
E, come sappiamo, anche l’addio di Phil non sarà definitivo, seppure episodico. Mike se lo sentiva, allora:
“E io penso che sapevo anche che c’era la possibilità che non fosse ancora finito del tutto.”
Anche “Land of Confusion” dei Genesis è apparsa in Miami Vice, nell’episodio “Freefall”.
Non solo. Il 13 dicembre 1985 Phil Collins ha fatto il suo ingresso come attore in Miami Vice, nella parte del trafficante di droga Phil the Shill.
“Phil the Shill” è l’undicesimo episodio della seconda stagione di Miami Vice.
La canzone “Life is a Rat Race” non è mai stata inclusa in un album da quando è stata eseguita nella serie.
Il cognome del personaggio di Phil Collins è Mayhew e quelli di altri ruoli minori dell’episodio sono Stewart, Bruford, Banks, Hackett e MacPhail.
Phil nei panni di telepredicatore, alla fine della puntata, è particolarmente ironico, dato che avrebbe poi registrato “Jesus He Knows Me” con i Genesis, satira su coloro che sfruttano la gente a scopo di lucro, in We Can’t Dance.
Il 9 settembre 1972, al Seloncourt Festival nella Halle Polyvalente di Montbeliard in Francia i Genesis iniziano il Foxtrot Tour, ricco di colpi di scena e momenti storici per il gruppo. Ecco il racconto di quei giorni.
Ascolta il podcast (in italiano) in occasione dell’anniversario dei 45 anni:
Storie d'estate: 9 settembre 1972, inizia il Foxtrot TourD.B.17:29
Il Foxtrot Tour dei Genesis tocca il Regno Unito, l’Europa e il Nord America.
Lo show al National Stadium di Dublino, il 28 settembre, resterà nella storia dei Genesis perché, nel finale di The Musical Box, Peter Gabriel si presenta sul palco indossando una testa di Volpe e un vestito rosso da donna di sua moglie Jill, all’insaputa dei compagni. L’inizio di un’epoca di teatralità e costumi, che ha dato alla band una visibilità e un popolarità finora sconosciute.
Infatti, il 9 febbraio, al Rainbow Theatre di Londra, Peter Gabriel si porta in camerino un intero baule pieno e indossa sul palco i suoi famosi costumi e le maschere . Sulle note di mellotron di Watcher Of The Skies, Peter esce per la prima volta con il vestito nero e le ali da pipistrello sulla testa.
Ecco l’effetto (in un video del tour successivo, ottobre 1973 Live Shepperton Studios):
“Prima di questo non c’erano stati indizi del fatto che Peter volesse cominciare a travestirsi. Come, più avanti, non ci avvertirà della maschera da fiore che indosserà per la parte di Willow Farm in Supper’s Ready, e nemmeno per la scatola triangolare che si mette in testa per la parte successiva, Apocalypse in 9/8. Le vediamo anche noi nello stesso momento in cui le vede il pubblico. Lui non vuole saperne di decidere in gruppo, in questi casi. (…) Queste sono le cose molto fuori dagli schemi che fa ora Peter Gabriel sul palco con i Genesis. Dopo Dublino, la signora Volpe ricompare in ogni concerto, sempre nello stesso punto. Ci abituiamo presto, ed è meglio per noi: una foto di Peter con il nuovo costume finisce dritta sulla copertina del «Melody Maker», e fa aggiungere uno zero alla tariffa di ingaggio dei Genesis. Passiamo da trentacinque sterline a trecentocinquanta sterline a serata.”
“Eravamo stati tenuti completamente all’oscuro delle intenzioni di Pete; lui sapeva bene, del resto, che se ci avesse anticipato qualcosa avremmo tentato di fermarlo.”
“Altri facevano qualcosa con i costumi, ma noi sfruttavamo tutto lo spazio del palco. Quando andavi a uno spettacolo dei Genesis vedevi le tende velate, e poi il fumo artificiale, che sì adesso è un cliché ma allora non lo era affatto. Vedevi le ali di pipistrello e gli occhi truccati. Sentivi il suono del Mellotron, praticamente il primo effetto in stereo. Non c’erano altri concerti di quel livello al mondo. I primi dieci minuti erano di una potenza incredibile. Penso che fummo tra i primi gruppi a cogliere la bellezza della fusione di musica ed effetti visivi. Un po’ successe per caso e per fortuna, un po’ perché l’abilità di Peter in quel senso era davvero unica.”
LEGGI E ASCOLTA GLI SPECIALI DI HORIZONS RADIO SULL’ARGOMENTO:
E’ durante questo tour che i Genesis sbarcano per la prima volta negli Stati Uniti, per un concerto natalizio, pieno di problemi, alla Philharmonic Hall di New York il 13 dicembre 1972, preceduto da un live per pochi studenti alla Brandeis University di Boston due giorni prima. Ancora Phil Collins:
“Appena arrivati scopriamo che il nostro manager americano, (…) ci ha organizzato un concerto alla Brandeis University vicino a Boston, nel Massachusetts. All’ora di pranzo. Così la nostra prima esibizione in terra americana è una delusione atroce e sbrigativa. Agli studenti del New England il rock inglese, o quanto meno il nostro, importa ancora meno di quello che credevamo, e sembrano più interessati ai loro studi o ai loro panini. Questo non depone a favore delle buone sorti dei Genesis negli Stati Uniti d’America.
(…) Avvicinandoci per la prima volta a New York, siamo sopraffatti dall’enormità della metropoli che si abbatte su un gruppo già abbacchiato per l’insuccesso di Boston. Ma entrando al tramonto dal George Washington Bridge, lo skyline di Manhattan si accende a poco a poco, illuminato da milioni di luci. New York! L’abbiamo vista nei film, e ora siamo qui. (…)
E poi andiamo alla Philharmonic Hall per fare le prove e scoprire un grossissimo problema: il sistema elettrico diverso in America implica che gli strumenti elettromeccanici vadano a 60 hertz e non a 50 come in Inghilterra. Questo significa che il Mellotron (un nuovo giocattolino che ci siamo comprati dai King Crimson) e l’organo Hammond sono fuori tonalità rispetto alle chitarre.
Ascolta i Genesis live alla Philharmonic Hall di New York:
Troviamo una soluzione improvvisata e, quella sera, facciamo il concerto alla meno peggio. Sembra che il pubblico non noti niente di strano, ma nonostante noi cinque siamo sincronizzati in modo telepatico, per i Genesis il concerto è un macello. Scendiamo dal palco, prendiamo l’ascensore fino ai camerini e l’aria è verde di rabbia. Persino anni dopo, solo nominare quel primo concerto a New York ci mette tutti in agitazione e fa tornare alla mente ricordi orribili.”
Una prima tappa negli Stati Uniti non particolarmente riuscita, forse per i tempi non maturi e la notorietà della band ancora scarsa oltreoceano, nonostante la costosa campagna promozionale organizzata dalla filiale USA della Charisma, la Buddah Records. Sicuramente hanno avuto grande importanza i problemi tecnici. Ancora Mike:
“Il basso Rickenbacker che suonavo emetteva un orrendo ronzio: non sentii una nota per tutta la serata. Anche gli altri non sentivano nulla e la sensazione era che stessimo buttando via un’occasione. (…) Subito dopo lo show scagliai a terra il mio basso in un attacco d’ira, imprecando e maledicendo.”
Un’esperienza che viene ripetuta ai primi di marzo, con alcune date in USA e Canada, stavolta con maggior successo.
Il 20 gennaio 1973 inizia a Reggio Emilia la parte italiana del Tour. LEGGI E ASCOLTA LO SPECIALE DI HORIZONS RADIO SULL’ARGOMENTO: