A seguito delle scarse prestazioni commerciali dell’album Calling All Station negli Stati Uniti…
…il tour nordamericano di 27 date in grandi arene previsto per gli inizi di novembre 1997, è stato cancellato data l’insufficiente vendita di biglietti.
È stato anche cancellato un tour ridimensionato di 22 date in luoghi più piccoli.
I Genesis quindi hanno intrapreso un tour europeo di 47 date dal 29 gennaio al 31 maggio 1998.
In Italia i Genesis sono arrivati il 17 febbraio. Prima data: Bologna, Palasport di Casalecchio.
Al trio Tony Banks, Mike Rutherford, Ray Wilson si sono uniti il musicista israeliano Nir Zidkyahu alla batteria, percussioni e backing vocals e l’irlandese Anthony Drennan alla chitarra e al basso.
Seconda data italiana: 18 febbraio al Palasport di Roma. Ecco il video:
“No: professionalmente non rimpiango nulla – continua Mike –. L’abbiamo fatto perché Tony e io avevamo scritto insieme alcune canzoni che ci piacevano. Avevamo sostituito il cantante prima, anche se ero consapevole che la collina da scalare era piuttosto alta, questa volta.
Ray Wilson ha fatto un buon lavoro come vocalist ma lui non era uno scrittore. Senza un terzo compositore non c’era nessuno che amalgamasse me e Tony, nessuno che ci riportasse nella terra di mezzo.
Non ero mai stato consapevole di quanto fossimo lontani musicalmente io e Tony prima di questo album. Ho capito solo allora che Phil ci ha messo entrambi in riga, ha fatto del suo meglio e ha trovato un’atmosfera tra noi.
Calling All Station ha venduto due milioni di copie – non male – ma quando il disco è stato pubblicato ho percepito che l’umore era cambiato, stavamo diventando una band da catalogo.
Tony e Ray erano ansiosi di continuare, ma io sapevo che avremmo avuto bisogno di un altro compositore. Mi sembrava giusto fermarsi lì, non c’è niente di male.“
Il tour viene ripreso dal vivo nell’album promozionale Calling Radio Stations.
Mike lo ha registrato nel 1979 durante un periodo di inattività dei Genesis, durante il quale lui e Tony Banks hanno realizzato i loro primi album da solista.
La title track di 24 minuti è basata sul romanzo “Smallcreep’s Day” di Peter Currell Brown del 1965, che racconta la storia del signor Smallcreep e il viaggio alla scoperta di se stesso, attraverso la catena di montaggio della fabbrica in cui ha lavorato per quarant’anni. Rispetto all’originale cui è ispirata, la storia narrata da Mike nell’album prevede un happy end.
Rutherford ha utilizzato brevi idee musicali sviluppate in diversi anni e inutilizzate. Questi brani sono diventati una lunga canzone che occupa un intero lato del vinile.
“Una delle cose più belle del fare il disco era decidere con chi volevo lavorare – ricorda Mike –: Simon Phillips, un batterista che avevo sempre ammirato; Noel McCalla, un cantante di session con una voce molto alta, e Ant (Anthony Phillips, N.d.R.) alle tastiere. In qualsiasi altra band, un componente che lavora con altri musicisti avrebbe causato un incidente diplomatico, tipo: “Cosa c’è che non va in noi?” Ma Tony stava cogliendo anche lui l’occasione per fare un album da solista mentre Phil era via e il legame tra di noi era tale che non ci siamo mai sentiti minacciati da nessun a delle cose che abbiamo fatto al di fuori della band.”
La copertina è stata disegnata e illustrata da Storm Thorgerson e Aubrey Powell di Hipgnosis, che avevano prodotto quelle degli album dei Genesis “A Trick of the Tail”, “Wind & Wuthering” e “…And Then There Were Three….”.
“Storm Thorgerson aveva progettato diverse copertine per i Genesis e
quindi mi è sembrata una scelta naturale per il design di Smallcreep’s Day”, ricorda Mike.
Dopo aver scelto un’immagine che voleva sulla copertina, l’idea di Thorgerson prevedeva di spruzzarla con l’inchiostro in fase di sviluppo, in modo che questa venisse fuori solo in parte. Sono state prodotte sei diverse versioni, e Rutherford ha scelto il design che gli piaceva di più.
“Come album Smallcreep’s Day è abbastanza forte dal punto di vista strumentale, ma il suo vero valore è stato come un soffio di aria fresca creativa – ricorda ancora Mike –. A differenza di altre band, i nostri progetti solisti non sono mai stati una reazione all’insoddisfazione per quello che facevamo come gruppo. Avevamo lavorato sempre su progetti solisti tra un album e l’altro. È stata una delle cose che ci hanno caratterizzato in modo unico come band e che ci ha fatto andare avanti. Abbiamo imparato ad apprezzare gli altri membri della band e, poiché stavamo facendo qualcosa di diverso e ci stavamo sfidando individualmente.”
L’album ha raggiunto il numero 13 nella classifica degli album del Regno Unito e il numero 163 nella Billboard 200 degli Stati Uniti.
Rutherford ha pubblicato due singoli dell’album. Il primo, “Working in Line” con il brano non inserito nell’album “Compression” sul lato B, è stato pubblicato nel febbraio 1980. Un secondo, “Time and Time Again” e “At the End of the Day”, è stato pubblicato a luglio.
La seguente Track list è tratta dalla versione originale britannica. Le due parti sono state scambiate in quella statunitense:
Lato A No. Titolo Lunghezza 1. “Smallcreep’s Day” I. “Between the Tick & the Tock” II. “Working in Line” III. “After Hours” IV. “Cats and Rats (In This Neighbourhood)” V. “Smallcreep Alone” VI. “Out Into the Daylight” VII. “At the End of the Day” 24:41
Lato B No. Titolo Lunghezza 1. “Moonshine” 6:26 2. “Time and Time Again” 4:54 3. “Romani” 5:27 4. “Every Road” 4:15 5. “Overnight Job” 5:44
Musicisti:
Anthony Phillips – Tastiere Noel McCalla – voci Simon Phillips – batteria Morris Pert – percussioni Mike Rutherford – chitarre, bassi
Ecco, nella versione multimediale di Horizons Radio, i segreti di un capolavoro che sorprese tutti (o quasi) – in italiano:
Smallcreep's Day, il primo album di Mike Rutherford - 1.a ParteHorizons Radio0:34
Smallcreep's Day, il primo album di Mike Rutherford - 2.a ParteHorizons Radio0:34
Smallcreep's Day, il primo album di Mike Rutherford - 3.a ParteHorizons Radio0:28
Smallcreep's Day, il primo album di Mike Rutherford - 4.a ParteHorizons Radio0:35
Smallcreep's Day, il primo album di Mike Rutherford - 5.a ParteHorizons Radio0:17
Smallcreep's Day, il primo album di Mike Rutherford - 6.a ParteHorizons Radio0:17
Smallcreep's Day, il primo album di Mike Rutherford - 7.a ParteHorizons Radio0:51
Il 12 febbraio 1950 nasce a Londra Steve Hackett. Oggi compie 70 ANNI!!!!
In questa grande e felice occasione Steve ha concesso a Horizons Radio un’intervista, in cui traccia un bilancio della sua vita artistica e non solo.
Intervista di SaimonP. & D.B.:
HR: Siamo molto entusiasti della tua autobiografia in uscita il 24 luglio 2020. Di solito si dice che scrivere la propria autobiografia è un processo molto intimo e introspettivo, oltre che terapeutico. Cosa ti ha spinto a scriverla e quanto è stato difficile?
Steve Hackett: Volevo poter condividere le mie esperienze, i miei pensieri e i miei sentimenti. So che nel corso degli anni ci sono molte cose che la gente avrebbe voluto sapere di me, anche sul mio periodo con i Genesis. Il libro raccoglie tutti questi momenti.
Qual è il ricordo di questi 70 anni che più ti sta a cuore?
È difficile da dire, perché ci sono diversi ricordi meravigliosi! Ma forse è l’incontro con Jo, che poi è diventata mia moglie. Siamo così felici insieme e Jo fa una grande differenza nella mia vita.
Quando hai messo quel famoso annuncio su Melody Maker e Genesis ti ha raggiunto, hai avuto la sensazione che la tua vita fosse ad un punto di svolta?
Sì, l’ho avuta! Ero nervoso perché rappresentava un grande cambiamento nella mia vita, oltre che una grande sfida, ma è stata davvero una svolta meravigliosa e fortunata.
Avevi circa 20 anni all’epoca, come vedi ora quel ragazzo pieno di sogni?
Non sapevo quale strada avrebbe preso la mia vita. Speravo che i miei sogni musicali si realizzassero e credevo che questo sarebbe potuto accadere se avessi lavorato sodo, ma non avevo una sfera di cristallo e non era chiaro quanto i Genesis avrebbero avuto successo.
Se non fossi diventato il grande musicista che sei, cosa avresti fatto?
Sarei sempre stato un musicista; la musica scorre nel mio sangue dall’età di due anni in poi…
Qual è la persona o l’artista più significativo che hai incontrato nella tua vita?
Oltre a Jo, forse è stato Peter Gabriel. Abbiamo fatto subito amicizia e abbiamo condiviso obiettivi e aspirazioni musicali simili. Ammiro anche l’impegno sociale di Peter ed entrambi abbiamo una visione della musica che abbraccia letteralmente il mondo.
Hai raggiunto le più alte vette nella musica. Chi vorresti con te in una band ideale, una squadra da sogno a tua scelta?
Ci sono molte persone che ammiro, quindi non posso scegliere!
Tra poco parti in tour e ti esibirai quasi tutto questo anno. Come ti mantieni in forma per un tale impegno?
Il tour in sé mi mantiene in forma perché è molto fisico! Mi piace anche camminare.
Hai viaggiato molto. C’è un luogo che ti ha colpito in modo particolare e che ti ha lasciato un segno?
Sono rimasto particolarmente colpito dal viaggio che Jo e io abbiamo fatto in Etiopia. È stato incredibile incontrare persone nelle tribù dell’estremo sud che avevano ancora tradizioni millenarie…
Come festeggi questo compleanno speciale?
Sarà una festa tranquilla quest’anno.
A quali progetti sta lavorando attualmente?
Sto registrando un altro album e facendo le prove per l’imminente tour.
Grazie, Steve e tanti auguri per i tuoi settanta anni.
“Against All Odds” eseguita da Ann Reinking. Nomination come Migliore Canzone Originale alla 57th Annual Academy Awards (1985), nomination come Miglior Album Originale per Phil Collins, Stevie Nicks, Peter Gabriel, Stuart Adamson, Mike Rutherford, Kid Creole, Michel Colombier, Larry Carlton.
Phil Collins è così felice quando “Against All Odds” viene nominata per un Academy Award nel 1985, che rimanda il suo tour australiano per poter partecipare all’evento.
La canzone è stata la sua prima Number One in America e Phil è entusiasta di avere la possibilità di esibirsi agli Oscar davanti a un pubblico mondiale di milioni di persone. Ma c’è un problema.
“Un anno dopo la pubblicazione, Against All Odds è candidata all’Oscar come miglior canzone originale – raccontaPhil Collins nella sua autobiografia-.
Di norma i brani in gara vengono eseguiti dai rispettivi artisti, ma nel 1985l’Academy ha deciso di cambiare e affidarli ad altri interpreti.
La querelle inizia in sordina, con un messaggio all’Academy nel quale comunichiamo la nostra disponibilità a fermarci a Los Angeles
per esibirci durante la cerimonia prima di partire per un tour australiano. Da quel momento cominciano a volare le lettere, una delle quali indirizzata a un certo «Mr Paul Collins».”
Phil è un cinefilo incallito, ha sempre guardato la notte degli Oscar e ora ha il privilegio di essere nella rosa dei candidati.
“Non voglio offendere nessuno pretendendo di cantare la mia canzone, ma da un momento all’altro mi ritrovo nel pieno di un incidente hollywoodiano”, ricorda.
Phil non lascia trasparire la delusione, dicendo ai giornalisti sul red carpet che non vede l’ora di assistere alla versione della Reinking. Ma dentro di sé cova molta delusione.
Against All Odds verrà cantata in playback da una ballerina – continua Phil -. Va detto che non si tratta di una ballerina qualsiasi, ma della veterana Ann Reinking, ex compagna del grande coreografo Bob Fosse. Non che questo impedisca alla performance di essere un disastro colossale. (…)
Non appena Ann Reinking intona la mia canzone mille occhi mi fissano, curiosi di vedere la mia reazione. Sono semplicemente imbarazzato, per il modo in cui sento massacrare il mio brano e per le idee sbagliate che si è fatto il pubblico.”
E Phil non vince. Stevie Wonder riceve il premio per la miglior canzone per “I Just Called to Say I Love You”.
Phil Collins & Lamont Dozier vincono il Golden Globe per la Migliore Canzone Originale nel 1989, ricevendo anche la nomination agli Oscar per “Two Hearts”, musica di Lamont Dozier e testo di Phil Collins nel film Buster (Buster).
E’ l’anno di Un pesce di nome Wanda e tra il pubblico c’è John Cleese, candidato al titolo di Miglior Attore.
“«Tutto questo è fantastico» dichiaro sul palco dei Globes a Los Angeles dopo aver ritirato il premio – ricorda Phil nella sua autobiografia –. «Ho scritto la canzone per Buster, un film inglese che è passato completamente inosservato, soprattutto per colpa della casa di distribuzione. E tuttavia, come dico sempre, perdona e dimentica. O almeno fai finta.»
A quelle parole, dal pubblico prorompe una risata. È John Cleese, che ha riconosciuto la battuta del suo Basil in «Fawlty Towers». Ho fatto ridere John Cleese: ora sì che posso dirmi soddisfatto.”
Peter Gabriel singing “That’ll Do” at the 71st Annual Academy Awards (1999).
“Eravamo molto soddisfatti – ha detto Bob Ezrin, citato in Senza frontiere. Vita e musica di Peter Gabriel di Daryl Easlea – . “È stato interessante perché quando facevamo Car, ho messo in contatto io a Los Angeles Peter con Randy Newman come scrittore e artista. Il primo incontro di Peter a Randy è stato tramite me alla Nimbus.
Harry Garfield, il direttore musicale del film Babe 2 ha fatto la chiamata. Ho pensato che fosse poetico. Peter era naturalmente eccitato. Era eccitato che noi tre potessimo riunirci nella stessa stanza, era una società di reciproca ammirazione tra noi“.
Il brano viene sconfitto da ‘When You Believe’ da The Prince Of Egypt di Stephen Schwartz.
Phil Collins vince il “Best Original Song Motion Picture” ai Golden Globes (2000).
“You’ll Be In My Heart” da Tarzan vince l’Oscar per Migliore Canzone Originale ai 72nd Academy Awards (2000). Ricorda Phil:
“Il 16 giugno 1999, due giorni prima che Tarzan esca negli Stati Uniti, ottengo la mia stella sulla Hollywood Walk of Fame, davanti al Capitan Theatre della Disney. Mai in un milione di anni un umile ragazzino di Hounslow avrebbe potuto immaginarlo”. Prosegue Phil nella sua autobiografia:
“È la sera degli Oscar 2000. Stavolta mi ritengono abbastanza bravo per cantare la mia canzone. A presentare la categoria è Cher. Quando apre la busta e pronuncia il mio nome – ho vinto l’Oscar per la miglior canzone originale – sono assolutamente sbalordito.
A conti fatti, ricordo i quattro anni di lavoro su Tarzan come un’avventura straordinaria. Mi sono impegnato a fondo, ho superato i miei limiti, ho conosciuto persone fantastiche e ho imparato moltissimo su una forma artistica nuova.”
Peter Gabriel nomination all’Oscar 2009 Migliore Canzone Originale per “Down To Earth” dal film Wall-Eai Golden Globes, e per la Migliore Canzone Originale all’81st Academy Awards.
Un’altra gaffe diplomatica dell’Academy. Gabriel avrebbe potuto eseguire solo un frammento della canzone di 65 secondi.
Avevamo dato per scontato, visto che c’erano solo tre candidati, che le canzoni sarebbero state eseguite per intero.
Ma i produttori hanno insistito e… “così ho deciso di ritirarmi dalla cerimonia“, ha detto Peter.
Peter resta in platea, mentre John Legend, accompagnato da The Soweto Gospel Choir, ha eseguito la canzone al posto di Gabriel – GUARDA:
https://youtu.be/VUtJAj6IR1M?t=7166
“Down to Earth” ha perso, battuta da “Jai Ho” di A. R. Rahman di Slumdog Millionaire. “The Wrestler” di Bruce Springsteen per il film omonimo era il terzo brano candidato.
Tuttavia Peter ha vinto il Grammy Award per la Migliore Canzone scritta per un film, televisione o altri media visivi nel 2009.
Oscar 2020. Un video-montaggio ha reso omaggio alle canzoni iconiche indissolubilmente legate ai film classici, rivisitando opere come “in Your Eyes” di Peter Gabriel in “Say Anything”, “Don’t You Forget About Me” di Keith Forsey in “The Breakfast Club” e “Lose Yourself” di Eminem in “8 Mile”.
Peter si presenta nel camerino con un enorme baule in cui ha stipato i costumi, all’insaputa dei suoi compagni. Steve Hackett ha più volte dichiarato che Gabriel non ha mai indossato quei travestimenti durante le prove prima di quell’esibizione e che fu una sorpresa anche per loro.
“Se in Italia il trionfo è ormai scontato, per i Genesis le cose sono sul punto di cambiare anche nella vecchia Inghilterra perché la band, un mese dopo le glorie italiane (20 e 22 gennaio, Reggio Emilia e Roma – N.d.R,), si imbarca nel primo tour come headliner (…).
Peter decide allora di imprimere una ulteriore accelerazione all’aspetto teatrale delle sue apparizioni inventando nuove maschere e costumi (…). Il resto della band accetta con malcelata riluttanza questa svolta scenografica pur sapendo che la crescente popolarità non è certo estranea, almeno a livello mediatico”.
“Il mellotron intona i primi accordi di Watcher Of The Skies e Peter esce dalle tende vestito di nero e con le ali di pipistrello sulla testa, viso pitturato di bianco e gli occhi truccati con una sostanza fosforescente che, reagendo alle luci ultraviolette, sortisce l’effetto di trapassare l’oscurità.
“I costumi di Peter diventano sempre più strampalati man mano che il tour progredisce. Per Watcher of the Skies si dipinge il viso di vernice fosforescente e indossa una cappa e ali di pipistrello sulla testa. Non è il finale: è la prima canzone del concerto. La teatralità è accentuata da Tony che suona una lunga introduzione lunatica con il Mellotron (che ora si può usare con gli hertz giusti).
La gestualità teatrale di Peter ora è integrata nell’esibizione dal vivo. Per quanto riguarda la stampa e il pubblico, è il tratto distintivo dei Genesis. Nel contesto dei primi anni Settanta non sembra poi troppo folle. C’è Alice Cooper che fa cose strane con i serpenti, Elton John che si veste da papero e porta occhiali più grandi della sua testa, gli Who che sfor- nano concept album a raffica. La nostra bizzarria, però, è un po’ diversa, una cosa strana e tipicamente inglese, forse per questo piace tanto negli Stati Uniti.
Peter non ci avvertirà della maschera da fiore che indosserà per la parte di Willow Farm in Supper’s Ready, e nemmeno per la scatola triangolare che si mette in testa per la parte successiva, Apocalypse in 9/8. Le vediamo anche noi nello stesso momento in cui le vede il pubblico.
Lui non vuole saperne di decidere in gruppo, in questi casi. Secondo Peter, un processo democratico per quelle questioni squisitamente teatrali rallenterebbe tutto, per via delle discussioni sui colori che dovrebbe avere il vestito o se il fiore è una pianta annuale o perenne.”
“«Quello del Rainbow fu uno dei nostri concerti migliori», dice Banks. «Altri facevano qualcosa con i costumi, ma noi sfruttavamo tutto lo spazio del palco. Quando andavi a uno spettacolo dei Genesis vedevi le tende velate, e poi il fumo artificiale, che sì adesso è un cliché ma allora non lo era affatto. Vedevi le ali di pipistrello e gli occhi truccati. Sentivi il suono del Mellotron, praticamente il primo effetto in stereo. Non c’erano altri concerti di quel livello al mondo. I primi dieci minuti erano di una potenza incredibile. Penso che fummo tra i primissimi gruppi a cogliere la bellezza della fusione di musica ed effetti visivi. Un po’ successe per caso e per fortuna, un po’ perché l’abilita di Peter in quel senso era davvero unica».
«Era tutta farina del sacco di Peter», ricorda Macphail. «Trovò Guy Chapman, che gli fece le maschere di Supper’s Ready e Foxtrot, e il mantello nero».
«Quando si metteva la maschera a fiore, assumeva i contorni dell’artista da music hall», ha detto Banks. «E conquistava sempre più il centro dell’attenzione».
«La testa a forma di fiore doveva essere una specie di gioco. Era stata pensata per essere manifestamente irreale», disse Gabriel a «Circus» nel 1974. «Non volevo spaventare nessuno. Diciamo che avrei preferito essere Fellini. In effetti, la camminata da fiore richiamava più Shirley Temple, che è sempre meglio che scimmiottare Eric Clapton.»”
“È stato anche in questo periodo che Peter ha tagliato i suoi capelli in modo strano, rasando un piccolo triangolo sul davanti, così da sembrare un po’ come un alieno. Aveva capito che suonare semplicemente buona musica non era sufficiente. Dovevi distinguerti per ottenere l’attenzione della gente, così ha iniziato a diventare sempre più scandaloso sul palco.
E così è arrivata la maschera a forma di fiore in Supper’s Ready e le ali di pipistrello sono diventate la firma di Watcher of the Skies. In questo periodo Peter stava diventando sempre più centrale sul palco, dopo Dublino non c’è stato modo di fermarlo. (…)
Naturalmente è stato sempre e solo Peter. Tony non è mai sceso a compromessi su questo punto. La più grande concessione che abbia mai fatto era di indossare una camicia bianca quando suonavano su un palco bianco. (…)
Il concerto dei Genesis al Rainbow è stato una vera svolta per la band, il tutto esaurito con una standing ovation alla fine. Il fotografo Barrie Wentzell ha scattato una foto a Peter con il suo copricapo a fiori che è apparsa sulla prima pagina del Melody Maker. Nella sua recensione intitolata «Il genio dei Genesis», Chris Welch ha scritto:
«I Genesis hanno ricevuto una tale ovazione al Rainbow Theatre di Londra che ha commosso visibilmente questo gruppo di solito imperturbabile».”
In Get’Em Out By Friday Gabriel indossa una bombetta, in Supper’s Ready si scatena: la corona di spine, il fiore, la scatola romboidale rossa, il lungo mantello nero di cui Peter si libera per un vestito bianco e un tubo di luce bianca per il finale. Dal settembre 1973 in The Musical Box abbandona la foxhead e il vestito rosso da donna per l’old man.
Il settimanale Ciao 2001 pubblica un resoconto dettagliato di questo show storico nel numero del 15 aprile. Ecco copertina e articolo (come riportato dal web):
Ciao 2001 del 15 aprile 1973 Pipistrelli e fiori barocchi
di Manuel Insolera
Peter Gabriel ha forse creato un mostro?
Questa è pressappoco la domanda che tutti gli attoniti giornalisti specializzati inglesi si sono posti immediatamente dopo lo strabiliante spettacolo al Rainbow Theatre di Londra poco tempo fa.
La band apparve all’improvviso in un palco interamente ricoperto di bianchissimi tendaggi. Tutti i membri del gruppo erano anche vestiti di bianco, tutti tranne Peter Gabriel, avvolto in un’aderente tunica nera, con due lugubri ali da pipistrello ad adornargli le spalle.
Ancora non erano terminati gli sconcertati applausi di un uditorio pigiatissimo e scatenato, che già il mellotron di Tony Banks introduceva l’aggraziata violenza di “Watcher of the skyes” uno dei cavalli di battaglia di “Foxtrot” e delle loro attuali esibizioni live. Così si apriva uno spettacolo che tutti a Londra sono stati concordi nel giudicare come una delle cose migliori in assoluto della storia del pop e l’acme dell’arte dei Genesis fino ad ora: l’impatto romantico-decadente della musica, la suggestiva violenza delle perfette costruzioni strumentali, l’allusività spettacolare di un Gabriel giunto al massimo delle facoltà mimetiche, hanno raggiunto un equilibratissimo fulcro di coesione.
Così, a guardarli sul palcoscenico del Rainbow, ci si trova all’improvviso davanti ad un allegorico quadro ottocentesco, ove si evocano i morbosi e favolistica fantasmi di antiche fantasie britanniche, pregne di un surrealismo malato e limaccioso: Steve Hackett e Michael Ruthetford seduti, curvi sulle loro chitarre; Tony Banks in penombra dietro ai pinnacoli delle tastiere; Phil Collins mobile e ancorato ai suoi tamburi; Peter Gabriel infine, libero di muoversi, apparizione ermafrodita e inafferrabile dietro ai continui cambiamenti di ruolo e di identità, asessuato e soffuso di classica ambiguità, come un figlio di amori lontani tra uomini e dei.
E quando giunge il tragico sogno di “Musical Box” e Peter scompare tutti si aspettano il ritorno nei panni fiammeggianti della volpe: ma questa volta si sbagliano. La figura che rientra sul palco per urlare l’ultima disperata invocazione agli occhi sbarrati che non potranno più toccarla non è una volpe, ma sorge come una mistica apparizione geometrica, a metà strada tra la caricatura di una invasata monaca medievale e un irreale personaggio di “Alice nel paese delle delle meraviglie”. E lo spettacolo continua, denso di imprevisti e di avvenimenti inattesi come le subitanee esplosioni di fiamme e di fumo e le tramutazioni di Gabriel come un idolo neoclassico.
Si snoda la saga apocalittica di “Supper’s ready”, la suite angelico-demoniaca che nella sua ambigua incompiutezza raggiunge vertici paradossali di evocatività stravolta: il pubblico ondeggia sulle sedie come ipnotizzato ed ecco che prende a muoversi in sintonia con la misteriosa figura dal viso candido e dai neri mantelli che la sovrasta sul palcoscenico.
Applausi disperati, nevrotici. Le bianche figure e l’angelo nero abbandonano il palco e la gente comincia ad urlare “more! More!” (ancora, ancora!) ed ecco che le luci si oscurano, i folletti, meno uno rientrano e attaccano gli accordi spigolosi di “the knife” dal vecchio album “Trespass” e poi lampeggia una luce bianca ed eccolo, eccolo: Peter Gabriel incarnato nelle verdi spirali di un fiore allucinato e grottesco!
L’ultima trasformazione si è compiuta, l’ultimo mistero è stato celebrato: le luci del Rainbow si riaccendono, la gente ripiomba nelle spire meccaniche del XX secolo. Ma il tempo continua a passare e il girotondo carnevalesco del mondo prosegue la sua danza. E i Genesis non smettono di impersonare la decadenza gentile della loro fragile faviola: un nuovo disco in corso di registrazione (“Selling england by the pound – n.d.r – ) che dovrebbe vedere la luce nell’esplosione verde-oro di giugno: una tournee americana a partire dalla fine di marzo, imponderabile come il destino; un futuro imprevedibile e inafferrabile come le forme confuse della vita e della morte. (da Ciao 2001, citato dal web per diritto di cronaca)
Ed ecco alcuni tipi di biglietto della serata:
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a Horizons Radio e saranno pubblicati con la tua firma.
Concerto preceduto da una conferenza stampa inclusa in un servizio della RAI, consultabile su YouTube. Eccolo:
Ed ecco due video amatoriali dello spettacolo, con l’audio aggiunto successivamente:
Un Live, quello di Torino che ha una particolarità: l’orario di inizio. Come racconta infatti Mino Profumo in Genesis in Italia, I concerti 1972-1975, lo show inizia alle 18.00, dato che “per gli italiani erano iniziate le domeniche di austerity a partire dal dicembre 1973 con lo stop del traffico veicolare per far fronte alla penuria di carburante ed al caro energia causato dalla crisi petrolifera”. Quella domenica 3 febbraio vede quindi il concerto iniziare e finire presto per un migliore ritorno a casa degli spettatori.
Tra questi, alcuni hanno dato vita al Gruppo Facebook Genesis: live a Torino 3 febbraio 1974, con interessanti e appassionati ricordi e del materiale inedito audio e video.
Allo show è presente anche la band prog di Cuneo Pandora, che al concerto ha dedicato un brano dal titolo appunto 03.02.1974 tratto dal disco Sempre e Ovunque Oltre il Sogno del 2011. Eccolo:
Ed ecco un biglietto della serata:
Copertine e articoli sull’evento:
E bootleg:
Ecco alcuni video delSelling England By The Pound Tour. Sono migliori di quelli di Torino e possono aiutare a comprendere le dinamiche dello show:
Il 4 febbraio 1974 i Genesis proseguono il Selling England By The Pound Tour. Dopo l’esordio a Torino, la seconda data è Reggio Emilia.
Ecco la registrazione audio del concerto:
0:00 Crowd cheering 0:56 Watcher of the Skies 11:14 Dancing with the Moonlit Knight 21:30 The Cinema Show 32:36 I Know What I Like (In Your Wardrobe) 40:25 Firth of Fifth 50:50 Harold the Barrel (final performance) 55:34 The Musical Box 1:06:10 More Fool Me 1:11:50 Supper’s Ready 1:35:42 The Knife
Rispetto al concerto di Torino la scaletta vede un’interessante variazione. Al posto di The Battle Of Epping Forest viene inserito Harold The Barrel, brano raramente proposto dal vivo (in Italia i Genesis lo avevano suonato a Viareggio nel 1972 nel concerto pomeridiano) e suonato in questo tour solo a Bruxelles, Offenbach e Dusseldorf.
Un’altra novità assoluta e forse unica la segnala Mino Profumo in Genesis in Italia, I concerti 1972-1975. Dalla foto qui sotto pubblicata dal periodico “Qui Giovani” del 21 febbraio 1974, la sensazione è che, nel finale di The Knife “Peter stia usando come arma, oltre che l’asta del microfono, anche il tubo fluorescente di Supper’s Ready”.
Ed ecco altre copertine di quei giorni:
Qui sotto locandina e uno dei biglietti anche se, a proposito, in tanti sono senza biglietto e provano a entrare. Le forze dell’ordine reagiscono, nascono tafferugli, si contano feriti e arresti, poi tutti dentro al palasport ad ascoltare i Genesis.
E questi sono due bootleg del concerto:
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Il 5 febbraio, dopo Torino e Reggio Emilia, è la volta di Roma.
Ecco dei video amatoriali di quello show:
Questi sono alcuni riscontri sulla stampa:
Poster del Magazine Super Sound con foto scattata a Roma nel finale di Supper’s Ready.
Ecco un biglietto, anche se, come a Reggio Emilia, diverse centinaia di persone cercano di entrare senza pagare. Stesso copione con cancelli divelti, lacrimogeni e cariche della polizia, contusi e un migliaio di “portoghesi” che riescono a entrare e ad assistere al concerto. Altri dettagli li puoi leggere in Genesis in Italia. I concerti 1972-1975 di Mino Profumo.
Un concerto che ha arricchito il numero dei bootleg dei Genesis. Ecco le copertine:
0:00 Watcher of the Skies 9:42 Power Failure Improv 11:53 Dancing with the Moonlit Knight 22:10 The Cinema Show 32:51 I Know What I Like (In Your Wardrobe) 40:38 Firth of Fifth 51:18 The Musical Box 1:02:41 More Fool Me 1:06:14 The Battle of Epping Forest 1:20:09 Supper’s Ready 1:45:00 The Knife
Questa è la locandina italiana del tour:
Ed ecco un biglietto:
A Napoli, a differenza di Reggio Emilia e Roma, non ci sono problemi con coloro che cercano di entrare senza pagare. Ma, come si può leggere in Genesis in Italia. I concerti 1972-1975 di Mino Profumo“il pubblico ha la sgradita sorpresa di un violento temporale che rende meno agevole il ritorno a casa.”
Ed ecco le copertine dei bootleg tratti da questo show:
Se hai ricordi di questo e degli altri concerti di questo tour da condividere in forma scritta o audio/video inviali a Horizons Radio e saranno pubblicati con la tua firma.
Il 22 gennaio 1973 seconda e ultima data in Italia al Palazzo dello Sport dell’EUR a Roma del Foxtrot Tour dei Genesis. Ecco note e immagini di quella serata.
La registrazione del concerto:
Il concerto è la seconda data del Charisma Festival – sul palco con i Genesis altre band -.
Nella foto della copertina di questo bootleg sono insieme al gruppo italiane Le Orme
Il set è lo stesso di Reggio Emilia, ma, a causa di un ritardo dovuto alla mancanza di energia elettrica, Get’em Out By Friday deve essere tagliata.
Non sono disponibili registrazioni video di questi concerti. Ma l’effetto scenico lo si può vedere nel filmato di dodici giorni prima al Bataclan di Parigi. Eccolo:
Ed ecco vari tipi di accesso alla serata:
Ed ecco il Tour Programme:
Concerto mirabilmente e dettagliatamente ricostruito da:
“Una pioggia torrenziale flagella Roma in quel freddo lunedì di gennaio, ma all’interno del Palasport dell’Eur la temperatura è alle stelle: il grande catino di cemento ribolle per l’entusiasmo di oltre quindicimila persone che tributano ai Genesis un trionfo ancora inimmaginabile in patria e nel resto del mondo”.
“In questo momento non sono ancora previsti costumi per la grande suite di Foxtrot, ma il simbolismo così amato dal cantante comincia a prendere forma….”
Genesis in copertina:
Copertine da collezione – CLICCA SULL’IMMAGINE E VEDI SE E’ ACQUISTABILE
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Salva
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a Horizons Radio e saranno pubblicati con la tua firma.
Immagine tratta dal Web e utilizzata per diritto di cronaca. Copyright dell’autore. Per chiederne la rimozione CLICCA QUI
Il 20 gennaio 1973 inizia a Reggio Emilia la parte italiana del Foxtrot Tour dei Genesis (seconda data il 22 a Roma – GUARDA). Ecco note e immagini di quella serata.
La prima famosissima foto del terzo sbarco nella penisola dei Genesis, dopo le due dell’anno precedente è questa, al Circolo Cral dell‘Aeroporto di Linate a Milano, in una conferenza stampa insieme ai Lindisfarne, appena arrivati in Italia. Eccola:
Il concerto fa parte del Charisma Festival, come la successiva data di Roma – sul palco con i Genesis altre band, con una variazione di date all’ultimo minuto come si vede dalla locandina qui sopra -. Ed ecco quella “giusta”:
Ora la registrazione del concerto:
Uno sguardo ai costumi di Peter. Per Watcher Of The Skies non ha ancora adottato le ali da pipistrello, ma si presenta in scena cosi:
Immagine tratta dal Web e utilizzata per diritto di cronaca. Copyright dell’autore. Per chiederne la rimozione CLICCA QUI
Sul finale di The Musical Box, poi, il colpo di scena. Peter appare conil vestito da donna rosso della moglie Jill e lamaschera da volpe.
Immagine tratta dal Web e utilizzata per diritto di cronaca. Copyright dell’autore. Per chiederne la rimozione CLICCA QUI
Un momento storico, questo, per i Genesis, inaugurato il 28 settembre dell’anno precedente a Dublino, inizio di un’era di maschere e travestimenti, anche se non completamente condivisi dagli altri membri della band.
Anche in Supper’s Ready non sono ancora comparsi i famosissimi costumi. Peter li inserirà tra un mese nella parte inglese del tour. In Italia, alla fine di Apocalipse in 9/8 si presenta così:
Immagine tratta dal Web e utilizzata per diritto di cronaca. Copyright dell’autore. Per chiederne la rimozione CLICCA QUI
Per il bis, The Knife, torna il vestito nero, ma senza il giro di gioielli intorno al collo:
Immagine tratta dal Web e utilizzata per diritto di cronaca. Copyright dell’autore. Per chiederne la rimozione CLICCA QUI
Non sono disponibili registrazioni video di questi concerti. Ma l’effetto scenico dei Genesis lo si può vedere nel filmato di dieci giorni prima al Bataclan di Parigi. Eccolo:
Ed ecco il Tour Programme:
Concerto mirabilmente e dettagliatamente ricostruito da:
“Il pubblico italiano ha l’opportunità non solo di assistere ad una performance di alto livello tecnico, ma anche di essere testimone dell’inesorabile cammino della band verso una proposta musical/teatrale che troverà il suo compimento negli anni immediatamente successivi”.
“Il successo è senza precedenti, con 8mila persone presenti a Reggio Emilia in una sala al limite della capienza e addirittura 18mila a Roma, quando in patria sono soliti suonare davanti a poche centinaia di spettatori.”
E hanno anche registrato mini-concerti alla tv belga. Il 7 agosto 1971 il Nursery CrymeTour è iniziato proprio in Belgio, a Bruxelles, e il 17 dicembre hanno fatto il primo concerto in Francia, al Gibus Club di Parigi. Ecco la locandina:
Ma i Genesis ancora non hanno messo stabilmente piede fuori dai confini del Regno Unito.
“Solo un anno e mezzo fa ero un ragazzo di Hounslow che viveva al capolinea della metropolitana. E adesso questa adorazione più o meno internazionale. Non importa che in Inghilterra suoniamo quasi sempre nei pub, o sulle casse di birra, o entrambe le cose.
Sì, tornati nel mondo reale andiamo ancora a suonare con un pulmino preso a noleggio da una ditta losca di Kensington. La qualità del pulmino decide la nostra puntualità al concerto. Ci capita spesso di avere guasti per strada. Anche più volte. Durante il viaggio per la Aberystwyth University andiamo in panne tre volte all’andata, arriviamo troppo tardi per suonare, e di nuovo restiamo a piedi due volte al ritorno.”
Altri artwork di bootleg con la registrazione del concerto di Charleroi:
Dal 22 gennaio altro minitour, sempre in Belgio. Si parte dall’ Athenee Royal Du Woluwe St Pierre di Bruxelles, il giorno dopo i Genesis si esibiscono ancora al Palais des Beaux Arts a Charleroi. Il 24 mattina negli studi della TV belga a Bruxelles, per poi finire la sera stessa al Trocadero di Liegi.
Il successo sta per arrivare e il Belgio è la prima nazione a capire la proposta musicale dei Genesis. Anche in Italia il numero dei fan cresce in maniera esponenziale. E la tournée nella penisola lo dimostrerà. Ma questa è un’altra storia.
Se possiedi memorabilia legate a questi concerti da condividere con noi scrivi a Horizons Radio.
Il 14 gennaio 1971 Steve Hackett esordisce in concerto con i Genesis, all’University College di Londra. Ecco il racconto di quei giorni movimentati.
Da genesisfan.net
By D.B.
Come abbiamo visto (LEGGI LO SPECIALE DI HORIZONS RADIO SU QUEI GIORNI), la band è stata vicinissima a sciogliersi, perché Anthony Phillips ha lasciato i compagni d’avventura e loro hanno deciso di sostituire anche John Mayhew, l’attuale batterista.
IGenesis hanno già ingaggiato Phil Collins alla batteria – LEGGI –, ora devono trovare un valido sostituto alla chitarra.
Hanno già provato in concerto sia Ronnie Caryl, grande amico di Phil (ha fatto l’audizione con lui –LEGGI) e chitarrista dei Flaming Youth, che Mick Barnard, membro dei Farm, ma entrambi non hanno convinto gli esigenti membri della band.
Dopo l’addio di Anthony Phillips – LEGGI e poi con l’arrivo di Phil, i Genesis hanno quindi continuato come quartetto, con Tony che suonava tutte le parti di chitarra su un piano elettrico Hohner filtrato con un fuzz box. La ricerca continua.
Il 14 dicembre, scorrendo il Melody Maker,Peter viene incuriosito dall’insolito annuncio di un certo Steve. Eccolo:
«Mike aveva fatto audizioni per lungo tempo, ma io e Peter ci convincemmo che stava cercando di trovare qualcuno che suonasse proprio come Ant, il che era ovviamente impossibile. Così andammo noi due a sentire Steve. Era veramente in gamba, a guardarlo sembrava uno dei tanti, invece sapeva comporre, sperimentare, non era il classico chitarrista scalmanato».
E ricorda Steve nello stesso preziosissimo libro di Giammetti:
«Suonavo un po’ alla Jimmy Page, con assolo veloci che mal si sposavano alla delicatezza delleloro canzoni. I primi tempi furono davvero difficili».
E così si arriva a quel 14 gennaio 1971, quando all’University College di Londra, Steve Hackett fa il suo esordio in concerto con i Genesis. Ma non sarà un momento facile.
“Il primo concerto per me è stato un disastro. Fino ad allora avevo usato un fuzzbox preso in prestito o il Marshall Superfuzz di Tony. Quindi tutto ha funzionato bene, ma quella sera mi hanno dato uno Shaftesbury Duo Fuzz che è un grande fuzzbox. Non riuscivo ad avere un Marshall Superfuzz e pensai, ‘Oh, questo suona bene’.
E quando abbiamo fatto il sound check sembrava tutto a posto, ma ovviamente quando tutti stavano suonando, era molto più forte e il ritorno un disastro. Mi sono scoraggiato e ho dimenticato tutte le mie parti. Mi ricordo di una lite accesa dopo lo spettacolo e pensavo che fosse tutta colpa mia.
Col senno di poi, non lo era. Quello fu il mio momento più imbarazzante sul palco, essere sul palco con musica profondamente arrangiata e con la totale incapacità di ricordare una nota, perché non potevo controllare il mio suono. Non è un buon inizio, ho pensato.”
Racconta Steve a TWR #33 riportato da genesis-movement.org:
“E’ stato un concerto spaventoso… un’esperienza non piacevole… ci sono stati molti errori ed io avevo una fuzz box che stavo provando da settimane e improvvisamente quella sera ho dovuto utilizzarne una diversa ed era come… era la differenza tra un amatore e un professionista e con questa fuzz box e il suo feedback io ho suonato male per tutto lo show e ho pensato di aver sbagliato tutto e che sarebbe stato l’ultimo concerto con loro.”
“Come avremmo scoperto negli anni, Phil aveva la grande capacità di bere tanto senza darlo a vedere. Al primo concerto di Steve – University College London, gennaio 1971 – si verificò un’eccezione. Ci eravamo fatti qualche pinta ma nessuno si era accorto che Phil se n’era scolata qualcuna in più degli altri ed era sbronzo. Phil era un batterista così in gamba che poteva fare praticamente di tutto, ma quella sera si preparò per una delle sue grandi rullate e non successe niente. Silenzio. L’aveva eseguita alla perfezione, peccato che fosse spostato di venti centimetri da ciascun pezzo della batteria.
Povero Steve: era il suo primo concerto, era nervoso e noi avevamo un batterista ubriaco. A fine serata io e Tony facemmo passare un brutto momento a Phil, il che a Phil non diede alcun disturbo, ma sfortunatamente Steve pensò che stessimo litigando per causa sua: lo odiavamo e volevamo sbatterlo fuori. Come sempre, a nessuno passò per la testa di mettere al corrente il nuovo arrivato su come stavano le cose.”
“Per la maggior parte dei casi i concerti sono condotti in modo piuttosto professionale: arriviamo, suoniamo e torniamo a casa. Fumiamo qualche canna, ma niente bagordi esagerati. L’unica volta che succede è a un concerto alla City University di Londra, il primo di Steve con i Genesis. Suoniamo più tardi del previsto, quindi passo il tempo scolandomi un po’ di birre Newcastle Brown. Quando saliamo sul palco sono completamente sconclusionato. Faccio tutti i fill giusti, ma otto centimetri più a destra di dove dovrei. Altro che air-guitar, questa è air-drums. E dopo sono pentito: «Cosa penserà il nuovo chitarrista? Il suo primo concerto e il batterista è ubriaco fradicio». È la prima volta che suono da ubriaco, e sarà anche l’ultima.”
No, non sono ancora morto di Phil Collins. Retro-copertina – CLICCA SULL’IMMAGINE PER ACQUISTARE IL LIBRO.
Ma Steve, nonostante le sue preoccupazioni, passa l’esame. E la conferma viene da Peter Gabriel, che dichiara, riportato nel libro di Giammetti sopra citato:
“Abbiamo avuto due chitarristi negli ultimi mesi ma questo spero sia quello definitivo, lo abbiamo trovato attraverso il Melody Maker e sembra essersi adattato benissimo”. (Peter Gabriei, Zig Zag n. 19, 5/71, «Genesis», anonimo).
Ecco cosa ne pensa oggi Anthony Phillips:
Steve diventerà una colonna dei Genesis, nella formazione che molti considerano “quella vera” e oltre. Fino al clamoroso addio.