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L’8 agosto 1970 una telefonata allunga la vita dei Genesis, che, dopo l’addio di Anthony Phillips, sembrano già vicini alla fine. Ecco il racconto di quei giorni d’estate.
Da genesisfan.net
By D.B.
Suona il telefono al 453 di Hanworth Road, quartiere di Hounslow, sobborgo occidentale di Londra. Una voce dice: «Pronto Phil? Sono Peter Gabriel. Quello dei Genesis. Il posto è tuo, se lo vuoi».
E’ l’8 agosto 1970. Nei giorni precedenti Phil Collins ha sostenuto un “provino” con i Genesis. La band è stata vicinissima a sciogliersi e tuttora è in un equilibrio molto instabile. La simmetria creativa non c’è più, da quando Anthony Phillips ha lasciato i compagni d’avventura. Prima i Genesis avevano due coppie di autori, Mike Rutherford e Ant da una parte, Tony Banks e Peter Gabriel dall’altra. Ma soprattutto erano amici. Adesso uno di loro se ne va.
La fobia del palco si è rivelata molto più di una semplice paura, è terrore. Ant è molto dimagrito e appare distrutto, ma la band non ha il tempo per accorgersi di ciò che sta accadendo nell’animo dell’amico. E’ un momento in cui le cose sembrano muoversi. Hanno appena registratoTrespass (uscirà in autunno) e sono in tour in Inghilterra.
La musica che Ant ama tanto sta diventando invece causa di infelicità. Rutherford è il primo a conoscere le sue intenzioni. Poco prima di un concerto precedente, si sono appartati ed è arrivata, come una doccia fredda, la rivelazione. Rutherford sa che l’amico ha paura del palco, ma non c’è stato tempo per approfondire il discorso e Phillips non ha più fatto cenno alla sua fobia.
Quel 18 luglio ad Haywards Heath i Genesis suonano davanti a 25 persone.Il tragitto verso casa Mike e Peter lo compiono nella nuova auto di Gabriel, una Hillman Imp. Insieme prendono in considerazione la situazione. Anthony sembra insostituibile, i Genesis appaiono come indivisibili, la voglia di smettere sta per prendere il sopravvento.
Eppure durante quel viaggio qualcosa di diverso matura, l’idea di potercela fare anche senza l’amico. Bisogna andare avanti.
E così i Genesis ne approfittano per operare una piccola rivoluzione. Con Anthony viene fatto uscire dalla band anche l’ennesimo batterista: John Mayhew.
Ecco perché i tre rimasti sono alle prese con le audizioni, quell’estate del 1970. E’ urgente trovare un nuovo batterista, ma si cerca pure un chitarrista, ovviamente, anche se al momento le parti di Phillips sono affidate al piano Hohner e al fuzzbox di Tony, con Rutherford a chitarra e basso a pedali. Nel dopo-Ant i Genesis stanno infatti effettuando diverse date in quartetto, anche importanti, come questa, al Marquee Club di Londra:
Da genesis-movement.org
L’atmosfera è quindi tesissima. La posta in gioco è la sopravvivenza e potrebbe non essere facile trovare qualcuno all’altezza delle aspettative.
All’annuncio sul Melody Makerrisponde tra gli altri Phil Collins.
Phil è appena stato ad Abbey Road per incidere le congas nel brano All Things Must Pass di George Harrison, anche se poi nei crediti non c’è il suo nome e nella registrazione non si notano affatto le sue percussioni. ASCOLTA:
E il suo gruppo attuale, Flaming Youth, vacilla. L’album Ark 2 non ha dato i risultati di vendita sperati. Collins ha un disperato bisogno lavorare.
Ogni giovedì compra tutte le riviste musicali, ed ecco che l’annuncio «Tony Stratton-Smith cerca chitarrista dodici corde e batterista sensibile alla musica acustica» attira la sua attenzione. Phil non conosce granché i Genesis, ma li vede spesso nelle pubblicità dei concerti sui giornali. Buon segno – pensa – vuol dire che ne fanno tanti.
Invece Collins conosce già Strat dai tempi dei Freehold, una band in cui ha militato per poco tempo. I Freehold vivevano in un albergo in Russell Square a Bloomsbury. Quell’albergo è anche il posto dove Phil ha incontrato per la prima volta Tony Stratton-Smith. Diventano amici, si stanno simpatici a vicenda, secondo lui. Quindi pensa di poter avere una corsia preferenziale, una buona parola, per entrare nei Genesis, senza passare dalle audizioni. Rintraccia Stratton-Smith al Marquee Club. Gli offre un drink e gli parla dell’annuncio.
«No, no, no, ragazzo mio, – risponde Strat – sono tipi esigenti. Devi richiamarli. Devi andare a fare l’audizione.»
Anche per farsi forza, Phil invita il suo amico Ronnie Caryl, pure lui alla ricerca di una via di fuga dai Flaming Youth e aspirante al ruolo che fu di Ant. L’appuntamento è a casa dei genitori di Peter a Chobham, nel Surrey, la settimana dopo. Apre la porta una signora di mezza età. E’ la signora Gabriel.
«Entrate, entrate. – dice – Siete un po’ in anticipo. Fatevi pure una nuotata, mentre aspettate.»
Anche la piscina! – pensa Phil – Le cose nella sua vita stanno proprio migliorando. Se solo avesse pensato di portarsi il costume da bagno. Comunque decide di farsi un tuffo. Negli ultimi due anni ha imparato a cogliere qualsiasi opportunità. Chissà – si chiede – se gli offriranno mai più di fare un tuffo in una piscina privata riscaldata. Si toglie i jeans e rimane solo con gli slip, poi si tuffa. È un lusso di prima classe a cui non affatto è abituato.
Mentre sguazza in piscina, Phil sente le prove dei due batteristi suoi rivali. Lo standard è accettabile e ascoltandoli capisce con chi deve contendere il posto. Ma intanto continua a godersi la piscina, per calmare i nervi. Poi è il suo turno. Arriva Peter, con in mano l’ancora inedito Trespass.
Gli fa sentire tre pezzi: Stagnation, Looking for Someone, The Knife. Ma quando siede alla batteria, Collins ha già memorizzato la parte che loro stanno utilizzando nelle audizioni e mostra una sicurezza che colpisce tutti. E alla fine della prova, è sicuro di aver fatto bene.
E’ anche l’ultimo batterista della giornata e quindi, tra una chiacchiera e l’altra, cerca di capire com’è andato il suo provino. Ma invano. Tutto quello che riesce a ricevere è un classico «ti faremo sapere».
Quasi non ci pensa più quando l’8 agosto suona il telefono al 453 di Hanworth Road. Phil ce l’ha fatta. In seguito scoprirà che Peter ha capito subito che lui è il tipo giusto per i Genesis, Mike è meno convinto. Tony fiducioso, ma riservato.
Cerca di fare l’indifferente, ma dentro di sé fa salti di gioia. Finalmente ha trovato un gruppo. Ronnie invece non passa l'”esame”. Per il nuovo chitarrista la ricerca continua.
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Indovina il collegamento QUESTA VOLTA FACILISSIMO tra queste sette canzoni (la soluzione è dopo i brani). Non vuoi indovinare? Allora ASCOLTA IL PODCAST (in italiano) – CLICCA QUI.
Controlla se hai indovinato:
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1) Genesis “Home by the Sea” (1983). Il testo della canzone in realtà è ben poco estivo e attinente al mare: parla di un ladro, che irrompe in una casa solo per scoprire che è infestata. Il ladro viene catturato dai fantasmi, che lo costringono ad ascoltare le loro storie per il resto della sua vita.
2) Peter Gabriel “Red Rain” (1986). Anche in questo caso il mare è piuttosto inquietante. Il testo infatti è stato ispirato da un sogno ricorrente in cui Gabriel nuotava in un mare di acqua rossa. Gabriel ha spiegato alla rivista “Mojo”, nel settembre 2013: “Red Rain” è stata scritta dopo un sogno che avevo fatto in cui il mare era diviso da due pareti. C’erano queste figure di vetro, che si avvitavano in ogni parete, si riempivano di sangue rosso e poi venivano calate sulla sabbia, dove scaricavano il sangue. Facevo questi sogni estremamente vividi, che mi spaventavano a morte”.
3) Mike + The Mechanics “Beggar on a Beach of Gold” (1995). La spiaggia è una metafora, sottolineata anche dalla copertina, in cui Mike è seduto a piedi nudi su di una distesa di monete d’oro. Come a voler dire che si tratta di apprezzare ciò che abbiamo qui e ora e non cercare comunque ciò che non possiamo ottenere. Apprezzare quello che abbiamo, anche le piccole cose.
4) Phil Collins “Too Many Fish in the Sea” (2010). È una canzone di successo del 1964 registrata dal gruppo canoro Motown The Marvelettes. È stata la prima hit del gruppo, nella top 40 per quasi un anno, raggiungendo il numero 25 della Billboard Hot 100. La canzone è stata uno dei primi singoli di successo scritti da Norman Whitfield ed Eddie Holland. È stato anche il primo singolo prodotto da Whitfield. Nel 2010 Phil Collins l’ha inserita in “Going Back”, suo ottavo album solista in studio, con cover della Motown degli anni ’60 e degli standard soul. “Too Many Fish in the Sea”, è stata data in omaggio in anteprima ai nuovi utenti iscritti al sito web di Phil rinnovato. Poi ha fatto parte dei bonus tracks del DVD e di “The Essential Going Back”, una riedizione uscita il 10 giugno 2016. Anche qui i pesci del titolo sono una metafora.
5) Ray Wilson “Song for a Friend” (2016). Nel brano Ray si lascia andare ai ricordi: “Se guardate laggiù, è lì che sono nato”. La canzone si basa su semplici flash di memorie su sua madre: “Era proprio la migliore mamma del mondo”, che viene paragonata alla fresca e limpida aria del mare.
6) Steve Hackett “Loving Sea” (2015). L’ha spiegata Steve in questo video, pubblicato il 26 luglio 2020:
7) Anthony Phillips “The Sea and the Armadillo” (1984). Fa parte dell’album “Private Parts and Pieces IV: A Catch at the Tables”, nono lavoro in studio di Ant e quarto capitolo della sua serie “Private Parts & Pieces”. Il brano è strumentale. Nell’album, tra mare e lago (“Down Over The Lake”), l’acqua è molto presente, anche nella copertina:
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Suggerisci anche le tue Seven Stones, i tuoi sette gradi di unione tra Genesis & Co. alla nostra mail. CLICK HERE.
«Elements of Medical covering this great Peter Gabriel song. With Mark McCrite (vocals), Marc Godino (guitar), Dan Cubert (everything else).»
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«I’ve been a Genesis fan ever since I was a teenager (ca. 1986) and am finally getting around to recording some Genesis covers. Here’s one of them. Enjoy!»
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Il 13 luglio 1985 Phil Collins è il protagonista di una clamorosa doppia esibizione al Live Aid, una a Londra, l’altra a Philadelphia, dall’altra parte dell’Atlantico.
Verso le tre del pomeriggio Phil e Sting salgono sul palco di Wembley, accolti da un boato del pubblico.
Ma non tutto fila liscio: Sting dimentica le parole di Every Breath You Take.
“Un attimo prima di entrare in scena, con la massima disinvoltura, Sting mi avverte: «A proposito, qualche volta faccio casino con le parole…». Un attimo dopo, in piedi davanti al pianoforte, mi affanno a leggere i versi mentre lui è partito per la tangente dall’altra parte del palco: «Every breath… every move… every bond…»”, ricorda Phil, nella sua autobiografia “No, non sono ancora morto”, trad. Anna Mioni, Mondadori.
Non solo. La giornata è molto calda, anche a Londra. Ancora Phil:
“Il palco è bianco, splende il sole e si muore di caldo. Sono così sudato che mentre suono Against All Odds un dito scivola sui tasti del pianoforte. Una vera stecca, sento quasi rabbrividire gli ottantamila fan che riempiono Wembley. E non soltanto loro, quella nota sbagliata è arrivata in tutto il mondo. Se aggiungiamo il pasticcio di Every Breath, sto già facendo la figura del principiante.”
A Wembley Phil esegue anche In The Air Tonight, poi, insieme a Sting, ecco Long Long Way to Go:
L’esibizione londinese di Phil Collins finisce così. Ma non la sua lunga giornata. Lo attende un Concorde per gli Stati Uniti. Ricorda Phil:
“Non volevo passare per l’unico sbruffone che suonava a entrambi i concerti, e mi avevano assicurato che anche i Duran Duran avrebbero preso l’aereo per Philadelphia. Senonché, per qualche ragione, i Duran Duran si esibiscono solo in America. Insomma, da un momento all’altro l’atmosfera cambia completamente.”
Addirittura, a metà del volo del Concorde, è in programma un collegamento televisivo dall’aereo. Eccolo:
Ed ecco come lo ricorda Phil:
“Negli studi televisivi a Londra, i presentatori della BBC alimentano l’eccitazione del pubblico. «Eccoci in diretta con Phil Collins dalla cabina del Concorde! Come va, Phil?»
«Tutto bene, siamo a metà strada…»
Billy Connolly, Andrew Ridgeley degli Wham! e Pamela Stephenson, gli ospiti in studio, sono perplessi. Non sentono altro che gracchi indistinti e interferenze.”
Arrivato in elicottero dal JFK Airport di New York al JFK Stadium di Philadelphia, Phil accompagna alla batteria Eric Clapton in White Room:
She’s Waiting:
E Layla:
Ricorda Phil: “Il set con Eric è divertente e spensierato. Con il suo batterista Jamie evitiamo di tagliarci la strada, e il risultato è splendido. “
Poi si esibisce da solo. Di nuovo Against All Odds (Take a Look at Me Now) e In the Air Tonight:
Quindi è il delicatissimo momento della reunion dei Led Zeppelin. Phil suonerà con loro. Lo aveva invitato l’amico Robert Plant, prima ancora che venissero coinvolti gli altri ex membri e il Live Aid si trasformasse nel loro clamoroso ritorno insieme. Ma già prima di salire sul palco l’atmosfera non è delle migliori.
Phil: “Robert da solo: un tipo adorabile. Robert e qualsiasi cosa abbia a che fare con gli Zeppelin: è come se si producesse una strana e malevola reazione chimica. È tutto cupo, persino diabolico. Jimmy è palesemente – diciamo così – nervoso e irritabile. (…) ora mi stanno presentando John Paul Jones, che è muto come un pesce. Poi è la volta di Tony Thompson. Mi accorgo che mi tratta con estrema freddezza. (…) Gli parlo dei rischi dei due batteristi sul palco: sono anni che lo faccio con i Genesis e la mia band, so perfettamente quanto è facile che vada tutto a rotoli. Il segreto, come ho imparato a mie spese, è stare sul semplice. Lo sguardo di Tony, però, mi dice che non sa che farsene delle «dritte» di un opportunista appena atterrato da oltreoceano con il Concorde.”
Phil introduce Robert Plant e i Led Zeppelin (ecco l’intera esibizione):
Eseguono Rock and Roll, Whole Lotta Love eStairway to Heaven.
Ma Phil non ha un buon ricordo dell’esibizione: “Sin dall’inizio mi rendo conto che le cose non vanno per il verso giusto. Dalla mia posizione sento poco Robert, ma quanto basta per accorgermi che non è al suo meglio. Altrettanto vale per Jimmy.
Non ricordo nemmeno di aver suonato Rock and Roll, ma so di averlo fatto. Ricordo però lunghi e atroci minuti di quello che Robert chiama sdegnosamente «lavoro a maglia», ovvero il drumming a effetto (…) percuotere l’aria per evitare di contribuire al disastro. Se avessi saputo dell’altro batterista, mi sarei chiamato fuori ben prima di arrivare a Philadelphia.
Sul palco, tengo gli occhi incollati su Tony Thompson. Mi tocca andargli dietro, perché picchia come un dannato e ha deciso di ignorare i miei consigli. (…) Il punto è che mi sentivo spaventosamente a disagio, se avessi potuto sarei uscito dal palco a metà di Stairway, se non prima. Ma ve le immaginate le reazioni?”
E con certo sollievo che Phil porta a termine l’esibizione con i Led Zeppelin. Ora deve “soltanto” affrontare un’intervista insieme a loro. Eccola:
Ancora Phil dalla sua autobiografia: “Hunter inizia a porre domande semplici, ma nessuno lo prende sul serio. Robert e Jimmy danno risposte vaghe e impertinenti, John Paul Jones è sempre muto come un pesce.
Mi dispiace per Hunter. È in diretta mondiale e il pubblico lo guarda con il fiato sospeso, ma i ragazzi gli stanno facendo fare la figura dell’idiota. E così, pur non avendo alcun titolo, cerco di salvare il salvabile rispondendo io.”
Nel backstage Collins ha pure il fiato per riassumere questa lunga giornata in un’intervista singola, ancora con Hunter:
Ma nella sua autobiografia il riassunto è ben più tagliente ed efficace: “Wembley, Heathrow, il Concorde, il JFK (aeroporto e stadio), le quattro performance, una delle quali infernale”.
Un ultima curiosità: sul Concorde Collins aveva incontrato l’attrice e cantante Cher, che non era a conoscenza dei concerti. Dopo aver raggiunto gli Stati Uniti, ha assistito a quello di Philadelphia e la si può vedere mentre si esibisce nel brano collettivo finale We Are the World.
Anche Phil era stato invitato a partecipare, ma aveva declinato per stanchezza (e non solo, visto com’era andata con Plant & Co.).
“In albergo accendo la tv e vedo gli ultimi spasmi del concerto di Philadelphia. Un momento, chi è quella sul palco? Cher – racconta Phil-.
È la degna conclusione di una giornata di follia. Non solo è riuscita a entrare, ma ha un microfono in mano e sta cantando We Are the World. Forse proprio il mio verso.”
«Carlos Castaneda and Genesis-inspired painting. “Into the fire and into the fight”… A warrior that fights to further his knowledge through the rite of dancing. “D-d-do you want to dance with me…?”»
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