25 febbraio 1985: esce in UK il singolo di Philip Bailey e Phil Collins Easy Lover, dall’album di Bailey Chinese Wall. Il brano si piazza al No. 1 nelle UK Singles Chart.
Nel 1984, Phil Collins è stato ingaggiato come produttore per l’album solista di Philip Bailey Chinese Wall.
“All’inizio dell’estate, Philip Bailey arriva da Los Angeles e prende alloggio al Bramley Grange, un alberghetto nel tranquillo villaggio di Bramley, nel Surrey, a due passi da casa mia”, ricorda Phil Collins nella sua autobiografia.
Ecco il video ufficiale del brano:
Continua Phil:
“Benché la vita rurale inglese sia un’esperienza nuova e paradisiaca per Philip, non riusciamo a raggiungere il nostro obiettivo, vale a dire scrivere qualche pezzo insieme. Ci sono troppi cuochi ai fornelli.
Finiremo per scrivere insieme una sola canzone, proprio in coda alle session. Decisi a portare a termine la missione, ci mettiamo a improvvisare. Philip dirige, io butto giù qualche verso su un choosy lover, a che diventa il titolo provvisorio. È ormai tarda sera quando ne registriamo una versione rudimentale ed energica, giusto per non dimenticarla. L’indomani mattina, però, ci piace così tanto che decidiamo di usarla praticamente così com’è. Scrivo il testo, ed Easy Lover – questo il titolo definitivo – esce a firma dei due Philip.
Collins ha eseguito la canzone nei suoi concerti dal vivo e appare in entrambi i suoi album del 1990 Serious Hits… Live!
e nel suo album compilation del 1998, Hits.
Alcune versioni live nel corso degli anni:
https://www.youtube.com/watch?v=buNmEoQvDys
Hanno partecipato alla registrazione:
Philip Bailey – voce solista e backing vocals
Phil Collins – voce solista e backing vocals, batteria, tastiere
Daryl Stuermer – chitarra elettrica
Nathan East – basso
Lesette Wilson – tastiere
Easy Lover ha vinto un MTV Video Music Award per Best Overall Performance in a Video nel 1985 ed è stata nominata al Grammy Award per Best Pop Performance by a Duo or Group With Vocals nel 1986.
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No Jacket Required, il terzo album solista in studio di Phil Collins, usciva 35 anni fa, il 18 febbraio 1985 – Ecco alcuni video per rendergli omaggio:
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A seguito delle scarse prestazioni commerciali dell’album Calling All Station negli Stati Uniti…
…il tour nordamericano di 27 date in grandi arene previsto per gli inizi di novembre 1997, è stato cancellato data l’insufficiente vendita di biglietti.
È stato anche cancellato un tour ridimensionato di 22 date in luoghi più piccoli.
I Genesis quindi hanno intrapreso un tour europeo di 47 date dal 29 gennaio al 31 maggio 1998.
In Italia i Genesis sono arrivati il 17 febbraio. Prima data: Bologna, Palasport di Casalecchio.
Al trio Tony Banks, Mike Rutherford, Ray Wilson si sono uniti il musicista israeliano Nir Zidkyahu alla batteria, percussioni e backing vocals e l’irlandese Anthony Drennan alla chitarra e al basso.
Seconda data italiana: 18 febbraio al Palasport di Roma. Ecco il video:
“No: professionalmente non rimpiango nulla – continua Mike –. L’abbiamo fatto perché Tony e io avevamo scritto insieme alcune canzoni che ci piacevano. Avevamo sostituito il cantante prima, anche se ero consapevole che la collina da scalare era piuttosto alta, questa volta.
Ray Wilson ha fatto un buon lavoro come vocalist ma lui non era uno scrittore. Senza un terzo compositore non c’era nessuno che amalgamasse me e Tony, nessuno che ci riportasse nella terra di mezzo.
Non ero mai stato consapevole di quanto fossimo lontani musicalmente io e Tony prima di questo album. Ho capito solo allora che Phil ci ha messo entrambi in riga, ha fatto del suo meglio e ha trovato un’atmosfera tra noi.
Calling All Station ha venduto due milioni di copie – non male – ma quando il disco è stato pubblicato ho percepito che l’umore era cambiato, stavamo diventando una band da catalogo.
Tony e Ray erano ansiosi di continuare, ma io sapevo che avremmo avuto bisogno di un altro compositore. Mi sembrava giusto fermarsi lì, non c’è niente di male.“
Il tour viene ripreso dal vivo nell’album promozionale Calling Radio Stations.
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“Against All Odds” eseguita da Ann Reinking. Nomination come Migliore Canzone Originale alla 57th Annual Academy Awards (1985), nomination come Miglior Album Originale per Phil Collins, Stevie Nicks, Peter Gabriel, Stuart Adamson, Mike Rutherford, Kid Creole, Michel Colombier, Larry Carlton.
Phil Collins è così felice quando “Against All Odds” viene nominata per un Academy Award nel 1985, che rimanda il suo tour australiano per poter partecipare all’evento.
La canzone è stata la sua prima Number One in America e Phil è entusiasta di avere la possibilità di esibirsi agli Oscar davanti a un pubblico mondiale di milioni di persone. Ma c’è un problema.
“Un anno dopo la pubblicazione, Against All Odds è candidata all’Oscar come miglior canzone originale – raccontaPhil Collins nella sua autobiografia-.
Di norma i brani in gara vengono eseguiti dai rispettivi artisti, ma nel 1985l’Academy ha deciso di cambiare e affidarli ad altri interpreti.
La querelle inizia in sordina, con un messaggio all’Academy nel quale comunichiamo la nostra disponibilità a fermarci a Los Angeles
per esibirci durante la cerimonia prima di partire per un tour australiano. Da quel momento cominciano a volare le lettere, una delle quali indirizzata a un certo «Mr Paul Collins».”
Phil è un cinefilo incallito, ha sempre guardato la notte degli Oscar e ora ha il privilegio di essere nella rosa dei candidati.
“Non voglio offendere nessuno pretendendo di cantare la mia canzone, ma da un momento all’altro mi ritrovo nel pieno di un incidente hollywoodiano”, ricorda.
Phil non lascia trasparire la delusione, dicendo ai giornalisti sul red carpet che non vede l’ora di assistere alla versione della Reinking. Ma dentro di sé cova molta delusione.
Against All Odds verrà cantata in playback da una ballerina – continua Phil -. Va detto che non si tratta di una ballerina qualsiasi, ma della veterana Ann Reinking, ex compagna del grande coreografo Bob Fosse. Non che questo impedisca alla performance di essere un disastro colossale. (…)
Non appena Ann Reinking intona la mia canzone mille occhi mi fissano, curiosi di vedere la mia reazione. Sono semplicemente imbarazzato, per il modo in cui sento massacrare il mio brano e per le idee sbagliate che si è fatto il pubblico.”
E Phil non vince. Stevie Wonder riceve il premio per la miglior canzone per “I Just Called to Say I Love You”.
Phil Collins & Lamont Dozier vincono il Golden Globe per la Migliore Canzone Originale nel 1989, ricevendo anche la nomination agli Oscar per “Two Hearts”, musica di Lamont Dozier e testo di Phil Collins nel film Buster (Buster).
E’ l’anno di Un pesce di nome Wanda e tra il pubblico c’è John Cleese, candidato al titolo di Miglior Attore.
“«Tutto questo è fantastico» dichiaro sul palco dei Globes a Los Angeles dopo aver ritirato il premio – ricorda Phil nella sua autobiografia –. «Ho scritto la canzone per Buster, un film inglese che è passato completamente inosservato, soprattutto per colpa della casa di distribuzione. E tuttavia, come dico sempre, perdona e dimentica. O almeno fai finta.»
A quelle parole, dal pubblico prorompe una risata. È John Cleese, che ha riconosciuto la battuta del suo Basil in «Fawlty Towers». Ho fatto ridere John Cleese: ora sì che posso dirmi soddisfatto.”
Peter Gabriel singing “That’ll Do” at the 71st Annual Academy Awards (1999).
“Eravamo molto soddisfatti – ha detto Bob Ezrin, citato in Senza frontiere. Vita e musica di Peter Gabriel di Daryl Easlea – . “È stato interessante perché quando facevamo Car, ho messo in contatto io a Los Angeles Peter con Randy Newman come scrittore e artista. Il primo incontro di Peter a Randy è stato tramite me alla Nimbus.
Harry Garfield, il direttore musicale del film Babe 2 ha fatto la chiamata. Ho pensato che fosse poetico. Peter era naturalmente eccitato. Era eccitato che noi tre potessimo riunirci nella stessa stanza, era una società di reciproca ammirazione tra noi“.
Il brano viene sconfitto da ‘When You Believe’ da The Prince Of Egypt di Stephen Schwartz.
Phil Collins vince il “Best Original Song Motion Picture” ai Golden Globes (2000).
“You’ll Be In My Heart” da Tarzan vince l’Oscar per Migliore Canzone Originale ai 72nd Academy Awards (2000). Ricorda Phil:
“Il 16 giugno 1999, due giorni prima che Tarzan esca negli Stati Uniti, ottengo la mia stella sulla Hollywood Walk of Fame, davanti al Capitan Theatre della Disney. Mai in un milione di anni un umile ragazzino di Hounslow avrebbe potuto immaginarlo”. Prosegue Phil nella sua autobiografia:
“È la sera degli Oscar 2000. Stavolta mi ritengono abbastanza bravo per cantare la mia canzone. A presentare la categoria è Cher. Quando apre la busta e pronuncia il mio nome – ho vinto l’Oscar per la miglior canzone originale – sono assolutamente sbalordito.
A conti fatti, ricordo i quattro anni di lavoro su Tarzan come un’avventura straordinaria. Mi sono impegnato a fondo, ho superato i miei limiti, ho conosciuto persone fantastiche e ho imparato moltissimo su una forma artistica nuova.”
Peter Gabriel nomination all’Oscar 2009 Migliore Canzone Originale per “Down To Earth” dal film Wall-Eai Golden Globes, e per la Migliore Canzone Originale all’81st Academy Awards.
Un’altra gaffe diplomatica dell’Academy. Gabriel avrebbe potuto eseguire solo un frammento della canzone di 65 secondi.
Avevamo dato per scontato, visto che c’erano solo tre candidati, che le canzoni sarebbero state eseguite per intero.
Ma i produttori hanno insistito e… “così ho deciso di ritirarmi dalla cerimonia“, ha detto Peter.
Peter resta in platea, mentre John Legend, accompagnato da The Soweto Gospel Choir, ha eseguito la canzone al posto di Gabriel – GUARDA:
https://youtu.be/VUtJAj6IR1M?t=7166
“Down to Earth” ha perso, battuta da “Jai Ho” di A. R. Rahman di Slumdog Millionaire. “The Wrestler” di Bruce Springsteen per il film omonimo era il terzo brano candidato.
Tuttavia Peter ha vinto il Grammy Award per la Migliore Canzone scritta per un film, televisione o altri media visivi nel 2009.
Oscar 2020. Un video-montaggio ha reso omaggio alle canzoni iconiche indissolubilmente legate ai film classici, rivisitando opere come “in Your Eyes” di Peter Gabriel in “Say Anything”, “Don’t You Forget About Me” di Keith Forsey in “The Breakfast Club” e “Lose Yourself” di Eminem in “8 Mile”.
Peter si presenta nel camerino con un enorme baule in cui ha stipato i costumi, all’insaputa dei suoi compagni. Steve Hackett ha più volte dichiarato che Gabriel non ha mai indossato quei travestimenti durante le prove prima di quell’esibizione e che fu una sorpresa anche per loro.
“Se in Italia il trionfo è ormai scontato, per i Genesis le cose sono sul punto di cambiare anche nella vecchia Inghilterra perché la band, un mese dopo le glorie italiane (20 e 22 gennaio, Reggio Emilia e Roma – N.d.R,), si imbarca nel primo tour come headliner (…).
Peter decide allora di imprimere una ulteriore accelerazione all’aspetto teatrale delle sue apparizioni inventando nuove maschere e costumi (…). Il resto della band accetta con malcelata riluttanza questa svolta scenografica pur sapendo che la crescente popolarità non è certo estranea, almeno a livello mediatico”.
“Il mellotron intona i primi accordi di Watcher Of The Skies e Peter esce dalle tende vestito di nero e con le ali di pipistrello sulla testa, viso pitturato di bianco e gli occhi truccati con una sostanza fosforescente che, reagendo alle luci ultraviolette, sortisce l’effetto di trapassare l’oscurità.
“I costumi di Peter diventano sempre più strampalati man mano che il tour progredisce. Per Watcher of the Skies si dipinge il viso di vernice fosforescente e indossa una cappa e ali di pipistrello sulla testa. Non è il finale: è la prima canzone del concerto. La teatralità è accentuata da Tony che suona una lunga introduzione lunatica con il Mellotron (che ora si può usare con gli hertz giusti).
La gestualità teatrale di Peter ora è integrata nell’esibizione dal vivo. Per quanto riguarda la stampa e il pubblico, è il tratto distintivo dei Genesis. Nel contesto dei primi anni Settanta non sembra poi troppo folle. C’è Alice Cooper che fa cose strane con i serpenti, Elton John che si veste da papero e porta occhiali più grandi della sua testa, gli Who che sfor- nano concept album a raffica. La nostra bizzarria, però, è un po’ diversa, una cosa strana e tipicamente inglese, forse per questo piace tanto negli Stati Uniti.
Peter non ci avvertirà della maschera da fiore che indosserà per la parte di Willow Farm in Supper’s Ready, e nemmeno per la scatola triangolare che si mette in testa per la parte successiva, Apocalypse in 9/8. Le vediamo anche noi nello stesso momento in cui le vede il pubblico.
Lui non vuole saperne di decidere in gruppo, in questi casi. Secondo Peter, un processo democratico per quelle questioni squisitamente teatrali rallenterebbe tutto, per via delle discussioni sui colori che dovrebbe avere il vestito o se il fiore è una pianta annuale o perenne.”
“«Quello del Rainbow fu uno dei nostri concerti migliori», dice Banks. «Altri facevano qualcosa con i costumi, ma noi sfruttavamo tutto lo spazio del palco. Quando andavi a uno spettacolo dei Genesis vedevi le tende velate, e poi il fumo artificiale, che sì adesso è un cliché ma allora non lo era affatto. Vedevi le ali di pipistrello e gli occhi truccati. Sentivi il suono del Mellotron, praticamente il primo effetto in stereo. Non c’erano altri concerti di quel livello al mondo. I primi dieci minuti erano di una potenza incredibile. Penso che fummo tra i primissimi gruppi a cogliere la bellezza della fusione di musica ed effetti visivi. Un po’ successe per caso e per fortuna, un po’ perché l’abilita di Peter in quel senso era davvero unica».
«Era tutta farina del sacco di Peter», ricorda Macphail. «Trovò Guy Chapman, che gli fece le maschere di Supper’s Ready e Foxtrot, e il mantello nero».
«Quando si metteva la maschera a fiore, assumeva i contorni dell’artista da music hall», ha detto Banks. «E conquistava sempre più il centro dell’attenzione».
«La testa a forma di fiore doveva essere una specie di gioco. Era stata pensata per essere manifestamente irreale», disse Gabriel a «Circus» nel 1974. «Non volevo spaventare nessuno. Diciamo che avrei preferito essere Fellini. In effetti, la camminata da fiore richiamava più Shirley Temple, che è sempre meglio che scimmiottare Eric Clapton.»”
“È stato anche in questo periodo che Peter ha tagliato i suoi capelli in modo strano, rasando un piccolo triangolo sul davanti, così da sembrare un po’ come un alieno. Aveva capito che suonare semplicemente buona musica non era sufficiente. Dovevi distinguerti per ottenere l’attenzione della gente, così ha iniziato a diventare sempre più scandaloso sul palco.
E così è arrivata la maschera a forma di fiore in Supper’s Ready e le ali di pipistrello sono diventate la firma di Watcher of the Skies. In questo periodo Peter stava diventando sempre più centrale sul palco, dopo Dublino non c’è stato modo di fermarlo. (…)
Naturalmente è stato sempre e solo Peter. Tony non è mai sceso a compromessi su questo punto. La più grande concessione che abbia mai fatto era di indossare una camicia bianca quando suonavano su un palco bianco. (…)
Il concerto dei Genesis al Rainbow è stato una vera svolta per la band, il tutto esaurito con una standing ovation alla fine. Il fotografo Barrie Wentzell ha scattato una foto a Peter con il suo copricapo a fiori che è apparsa sulla prima pagina del Melody Maker. Nella sua recensione intitolata «Il genio dei Genesis», Chris Welch ha scritto:
«I Genesis hanno ricevuto una tale ovazione al Rainbow Theatre di Londra che ha commosso visibilmente questo gruppo di solito imperturbabile».”
In Get’Em Out By Friday Gabriel indossa una bombetta, in Supper’s Ready si scatena: la corona di spine, il fiore, la scatola romboidale rossa, il lungo mantello nero di cui Peter si libera per un vestito bianco e un tubo di luce bianca per il finale. Dal settembre 1973 in The Musical Box abbandona la foxhead e il vestito rosso da donna per l’old man.
Il settimanale Ciao 2001 pubblica un resoconto dettagliato di questo show storico nel numero del 15 aprile. Ecco copertina e articolo (come riportato dal web):
Ciao 2001 del 15 aprile 1973 Pipistrelli e fiori barocchi
di Manuel Insolera
Peter Gabriel ha forse creato un mostro?
Questa è pressappoco la domanda che tutti gli attoniti giornalisti specializzati inglesi si sono posti immediatamente dopo lo strabiliante spettacolo al Rainbow Theatre di Londra poco tempo fa.
La band apparve all’improvviso in un palco interamente ricoperto di bianchissimi tendaggi. Tutti i membri del gruppo erano anche vestiti di bianco, tutti tranne Peter Gabriel, avvolto in un’aderente tunica nera, con due lugubri ali da pipistrello ad adornargli le spalle.
Ancora non erano terminati gli sconcertati applausi di un uditorio pigiatissimo e scatenato, che già il mellotron di Tony Banks introduceva l’aggraziata violenza di “Watcher of the skyes” uno dei cavalli di battaglia di “Foxtrot” e delle loro attuali esibizioni live. Così si apriva uno spettacolo che tutti a Londra sono stati concordi nel giudicare come una delle cose migliori in assoluto della storia del pop e l’acme dell’arte dei Genesis fino ad ora: l’impatto romantico-decadente della musica, la suggestiva violenza delle perfette costruzioni strumentali, l’allusività spettacolare di un Gabriel giunto al massimo delle facoltà mimetiche, hanno raggiunto un equilibratissimo fulcro di coesione.
Così, a guardarli sul palcoscenico del Rainbow, ci si trova all’improvviso davanti ad un allegorico quadro ottocentesco, ove si evocano i morbosi e favolistica fantasmi di antiche fantasie britanniche, pregne di un surrealismo malato e limaccioso: Steve Hackett e Michael Ruthetford seduti, curvi sulle loro chitarre; Tony Banks in penombra dietro ai pinnacoli delle tastiere; Phil Collins mobile e ancorato ai suoi tamburi; Peter Gabriel infine, libero di muoversi, apparizione ermafrodita e inafferrabile dietro ai continui cambiamenti di ruolo e di identità, asessuato e soffuso di classica ambiguità, come un figlio di amori lontani tra uomini e dei.
E quando giunge il tragico sogno di “Musical Box” e Peter scompare tutti si aspettano il ritorno nei panni fiammeggianti della volpe: ma questa volta si sbagliano. La figura che rientra sul palco per urlare l’ultima disperata invocazione agli occhi sbarrati che non potranno più toccarla non è una volpe, ma sorge come una mistica apparizione geometrica, a metà strada tra la caricatura di una invasata monaca medievale e un irreale personaggio di “Alice nel paese delle delle meraviglie”. E lo spettacolo continua, denso di imprevisti e di avvenimenti inattesi come le subitanee esplosioni di fiamme e di fumo e le tramutazioni di Gabriel come un idolo neoclassico.
Si snoda la saga apocalittica di “Supper’s ready”, la suite angelico-demoniaca che nella sua ambigua incompiutezza raggiunge vertici paradossali di evocatività stravolta: il pubblico ondeggia sulle sedie come ipnotizzato ed ecco che prende a muoversi in sintonia con la misteriosa figura dal viso candido e dai neri mantelli che la sovrasta sul palcoscenico.
Applausi disperati, nevrotici. Le bianche figure e l’angelo nero abbandonano il palco e la gente comincia ad urlare “more! More!” (ancora, ancora!) ed ecco che le luci si oscurano, i folletti, meno uno rientrano e attaccano gli accordi spigolosi di “the knife” dal vecchio album “Trespass” e poi lampeggia una luce bianca ed eccolo, eccolo: Peter Gabriel incarnato nelle verdi spirali di un fiore allucinato e grottesco!
L’ultima trasformazione si è compiuta, l’ultimo mistero è stato celebrato: le luci del Rainbow si riaccendono, la gente ripiomba nelle spire meccaniche del XX secolo. Ma il tempo continua a passare e il girotondo carnevalesco del mondo prosegue la sua danza. E i Genesis non smettono di impersonare la decadenza gentile della loro fragile faviola: un nuovo disco in corso di registrazione (“Selling england by the pound – n.d.r – ) che dovrebbe vedere la luce nell’esplosione verde-oro di giugno: una tournee americana a partire dalla fine di marzo, imponderabile come il destino; un futuro imprevedibile e inafferrabile come le forme confuse della vita e della morte. (da Ciao 2001, citato dal web per diritto di cronaca)
Ed ecco alcuni tipi di biglietto della serata:
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a Horizons Radio e saranno pubblicati con la tua firma.
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Concerto preceduto da una conferenza stampa inclusa in un servizio della RAI, consultabile su YouTube. Eccolo:
Ed ecco due video amatoriali dello spettacolo, con l’audio aggiunto successivamente:
Un Live, quello di Torino che ha una particolarità: l’orario di inizio. Come racconta infatti Mino Profumo in Genesis in Italia, I concerti 1972-1975, lo show inizia alle 18.00, dato che “per gli italiani erano iniziate le domeniche di austerity a partire dal dicembre 1973 con lo stop del traffico veicolare per far fronte alla penuria di carburante ed al caro energia causato dalla crisi petrolifera”. Quella domenica 3 febbraio vede quindi il concerto iniziare e finire presto per un migliore ritorno a casa degli spettatori.
Tra questi, alcuni hanno dato vita al Gruppo Facebook Genesis: live a Torino 3 febbraio 1974, con interessanti e appassionati ricordi e del materiale inedito audio e video.
Allo show è presente anche la band prog di Cuneo Pandora, che al concerto ha dedicato un brano dal titolo appunto 03.02.1974 tratto dal disco Sempre e Ovunque Oltre il Sogno del 2011. Eccolo:
Ed ecco un biglietto della serata:
Copertine e articoli sull’evento:
E bootleg:
Ecco alcuni video delSelling England By The Pound Tour. Sono migliori di quelli di Torino e possono aiutare a comprendere le dinamiche dello show:
Il 4 febbraio 1974 i Genesis proseguono il Selling England By The Pound Tour. Dopo l’esordio a Torino, la seconda data è Reggio Emilia.
Ecco la registrazione audio del concerto:
0:00 Crowd cheering 0:56 Watcher of the Skies 11:14 Dancing with the Moonlit Knight 21:30 The Cinema Show 32:36 I Know What I Like (In Your Wardrobe) 40:25 Firth of Fifth 50:50 Harold the Barrel (final performance) 55:34 The Musical Box 1:06:10 More Fool Me 1:11:50 Supper’s Ready 1:35:42 The Knife
Rispetto al concerto di Torino la scaletta vede un’interessante variazione. Al posto di The Battle Of Epping Forest viene inserito Harold The Barrel, brano raramente proposto dal vivo (in Italia i Genesis lo avevano suonato a Viareggio nel 1972 nel concerto pomeridiano) e suonato in questo tour solo a Bruxelles, Offenbach e Dusseldorf.
Un’altra novità assoluta e forse unica la segnala Mino Profumo in Genesis in Italia, I concerti 1972-1975. Dalla foto qui sotto pubblicata dal periodico “Qui Giovani” del 21 febbraio 1974, la sensazione è che, nel finale di The Knife “Peter stia usando come arma, oltre che l’asta del microfono, anche il tubo fluorescente di Supper’s Ready”.
Ed ecco altre copertine di quei giorni:
Qui sotto locandina e uno dei biglietti anche se, a proposito, in tanti sono senza biglietto e provano a entrare. Le forze dell’ordine reagiscono, nascono tafferugli, si contano feriti e arresti, poi tutti dentro al palasport ad ascoltare i Genesis.
E questi sono due bootleg del concerto:
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Il 5 febbraio, dopo Torino e Reggio Emilia, è la volta di Roma.
Ecco dei video amatoriali di quello show:
Questi sono alcuni riscontri sulla stampa:
Poster del Magazine Super Sound con foto scattata a Roma nel finale di Supper’s Ready.
Ecco un biglietto, anche se, come a Reggio Emilia, diverse centinaia di persone cercano di entrare senza pagare. Stesso copione con cancelli divelti, lacrimogeni e cariche della polizia, contusi e un migliaio di “portoghesi” che riescono a entrare e ad assistere al concerto. Altri dettagli li puoi leggere in Genesis in Italia. I concerti 1972-1975 di Mino Profumo.
Un concerto che ha arricchito il numero dei bootleg dei Genesis. Ecco le copertine:
0:00 Watcher of the Skies 9:42 Power Failure Improv 11:53 Dancing with the Moonlit Knight 22:10 The Cinema Show 32:51 I Know What I Like (In Your Wardrobe) 40:38 Firth of Fifth 51:18 The Musical Box 1:02:41 More Fool Me 1:06:14 The Battle of Epping Forest 1:20:09 Supper’s Ready 1:45:00 The Knife
Questa è la locandina italiana del tour:
Ed ecco un biglietto:
A Napoli, a differenza di Reggio Emilia e Roma, non ci sono problemi con coloro che cercano di entrare senza pagare. Ma, come si può leggere in Genesis in Italia. I concerti 1972-1975 di Mino Profumo“il pubblico ha la sgradita sorpresa di un violento temporale che rende meno agevole il ritorno a casa.”
Ed ecco le copertine dei bootleg tratti da questo show:
Se hai ricordi di questo e degli altri concerti di questo tour da condividere in forma scritta o audio/video inviali a Horizons Radio e saranno pubblicati con la tua firma.