ARCHIVIO – Genesis: primo concerto all’estero, La Ferme IV Belgio, 7 marzo 1971 – AUDIO & RICORDI

Storie e Memorie indimenticabili, attraverso audio, video, documenti e molto altro ancora.

By D.B. – 

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Il 7 marzo 1971 i Genesis salgono per la prima volta su un palco all’estero, a La Ferme V, Woluwe St Lambert, in Belgio. ASCOLTA:

1. Announcer’s introduction and Peter’s intro
2. Happy the Man
3. Cheese-and-onion crisp man story
4. Stagnation
5. intro
6. The Light
7. intro
8. Twilight Alehouse
9. story
10. The Musical Box
11. intro
12. The Knife
13. intro
14. Going Out to Get You

Storie e Memorie:

«Abbiamo attraversato la Manica, prendendo un traghetto da Dover a Ostenda», racconta Richard Macphail in My book of Genesis.

«Era pieno inverno e non c’era quasi nessuno a bordo. (…)
Eravamo ancora solo noi sette in viaggio insieme, a guardare gli eserciti di crew che le band impiegano al giorno d’oggi sembra ridicolmente piccolo.

Era una traversata di quattro ore e ci annoiavamo a morte perché lì
non c’era niente da fare. Ho trovato questa scatola con dentro dei salvagenti,
e così tutti noi abbiamo indossato i nostri gilet e abbiamo posato per quello che ora è diventata una famosa foto dei Genesis, tutti noi con i capelli sciolti sulle nostre spalle, Mike che beve da una bottiglietta di Mateus Rosé
perché è quello che si beveva a quei tempi, quello o Liebfraumilch.

(…) Oggi quando si va all’estero si ha la navigazione satellitare
che ti dice esattamente dove andare e i telefoni cellulari o
con le mappe, ma non avevo davvero idea di dove fossimo diretti
in Belgio. Non avevo nemmeno una mappa pieghevole.

(…) Il posto, un club chiamato Ferme V, era pieno zeppo fino al tetto, ma i fan conoscevano ogni nota. È stato incredibile. Mentre in Inghilterra è stato un processo molto lento, in Belgio è successo all’improvviso, come un minorenne
esplosione per quanto ci riguardava.

Un’altra cosa che ricordo è che abbiamo soggiornato in un hotel a tre stelle, molto confortevole, e che Peter ha condiviso una stanza con me perché non sopportava di condividerla con Tony mai più, non dopo le sue esperienze al cottage.»

«Philippe Grombeer (futuro direttore artistico dei maggiori teatri belgi) è un membro del “Club delle Aquile”, ed ha affittato, per conto dell’amministrazione comunale, un’azienda agricola a Woluwe-Saint-Lambert (un sobborgo di Bruxelles), la “FERME V”. Lo spazio non è grande, l’interno è vetusto, ma che importa!»  –  CONTINUA SU GENESIS PLACES

«5 baldi giovani musicisti tengono il loro primo concerto oltre confine…
Hanno alle spalle un primo album fallimentare e un secondo (l’ultimo) che qualcosa ha venducchiato, soprattutto proprio là dove stanno andando a suonare)…»CONTINUA SU:

GENESIS FORUM #1

GENESIS FORUM #2

«Alcuni privilegiati li hanno visti in tutta intimità e hanno condiviso tutto con loro. E a ragione: il Belgio è stato il primo paese straniero in cui i Genesis hanno messo piede.»CONTINUA SU NOSTALGIE

«Come tutte le superstar prima di avere successo, hanno dormito in hotel schifosi, torbide stanze nel retro di pub fumosi, sperduti nella campagna. Ma la fortuna sorride sempre a chi ha talento.»SCOPRI DI PIU’ SU FACEBOOK GABRIEL’S ANGELS

Libri:

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Bootleg – CLICCA SULL’IMMAGINE PER APPROFONDIRE:

 

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Angolo del Collezionista

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Genesis: “The Last Domino? Tour”

The Last Domino? Tour: con le date in Europa, si è concluso.

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Guarda il Diario Social del Tour:

Genesis: “The Last Domino? Tour” – DIARIO SOCIAL

 

 

I Genesis sono tornati in concerto anche negli Stati Uniti, dopo 14 anni, a novembre/dicembre 2021.

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Harlequin Weekly: Get’Em Out By Friday a fumetti (in francese)

Tutte le forme dell’amore nei confronti di Genesis & Co.: quadri, disegni, fotomontaggi, immagini, musica, omaggi di ogni tipo*

By Filippo Collini

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I luoghi dei Genesis: Le 2 Rotonde di Cuorgnè, Torino Italia – il RICORDO di RUTHERFORD e INTERVISTE ESCLUSIVE

I luoghi indimenticabili nella storia di Genesis & Co., attraverso audio, video, documenti e molto altro ancora.

By D.B.

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Cuorgnè, in provincia di Torino è uno dei luoghi nella storia dei Genesis.

Il loro concerto del 13 aprile 1972, infatti, resta unico e indimenticabile nei loro tour.

Così lo ricorda Mike Rutherford in The Living Years: The First Genesis Memoir:

“Suonavamo in montagna una sera quando Tony ha avuto un’intossicazione alimentare. Abbiamo resistito per un po’ senza di lui, ma è stato come essere in una macchina che aveva perso una ruota e abbiamo dovuto terminare presto il set. Poiché non eravamo riusciti a vendere molti biglietti, il promoter aveva la scusa che stava cercando per non pagare. Rich (Macphail, N.d.R.) non ne voleva sapere ed era un po’ aggressivo. Il promoter aveva una pistola. Non siamo stati pagati.”

 

Ma cosa ci faceva una band come i Genesis in un locale di un piccolo paese in provincia di Torino?

In realtà, alle 2 Rotonde, hanno suonato un po’ tutti i big della canzone italiana e anche stranieri, come ricorda il libro I Beatles e i Genesis in Canavese. Storia della musica beat & pop in Canavese dal 1962 al 1974 di Gianpiero Madonna, che contiene un profilo della vivace scena musicale del periodo nella zona di Cuorgnè:

Nato dalla felice intuizione di Angelo Porcellana, scomparso 5 anni fa, insieme ai fratelli Dino e Claudio, il locale attraeva pubblico da Torino, da tutta la provincia e non solo. Nel 1972 i Genesis non avevano un seguito ampio, neanche in patria, e infatti questo primo tour in Italia si svolge in locali e palazzetti dello sport piccoli.

Le 2 Rotonde era tra i più capienti.

Foto da Facebook https://www.facebook.com/groups/220767672419871/

«Un frequentatore del dancing, amico di mio marito», racconta in esclusiva a Horizons Radio Marisa Porcellana, vedova di Angelo e anche lei impegnata nella gestione delle 2 Rotonde degli anni d’oro, «era un grande ammiratore dei Genesis e ci aveva suggerito di farli suonare da noi, perché di ottima qualità. Quindi, quando un impresario ce li ha proposti, Angelo si è ricordato del consiglio e li ha scritturati.»

«I Genesis erano ragazzi molto gentili», continua Marisa Porcellana.

«Non si comportavano da rockstar: bevevano poco ed erano molto educati. Non avevamo un vero e proprio palcoscenico, quindi suonavano in mezzo al pubblico, senza nessun atteggiamento di superiorità o cose simili. Quando il concerto è stato interrotto, tutti hanno compreso che c’erano motivi di salute e non hanno creato problemi. Erano ragazzi, i musicisti e i loro fan.»

La signora Porcellana non ricorda l’episodio del mancato pagamento e della minaccia con una pistola, citati da Rutherford. «Non c’erano armi nel locale, nessuno ci ha mai dato fastidi di questo tipo», ci racconta.

Ed ecco cosa ha raccontato in esclusiva a Horizons Radio Pierluigi Gassino, presente al concerto:

«Il concerto fu interrotto perché il tastierista Tony Banks si sentì male… e come consolazione riuscii a scambiare quattro parole con Phil Collins , mentre Peter Gabriel beveva un drink appoggiato al bancone del bar della discoteca dove si erano esibiti davanti a pochi di noi… Ricordo che allora il bassista ed il chitarrista si aggiravano sul palco a fine concerto raccogliendo alcuni cavi e delle attrezzature… tutto questo prima di diventare delle rockstar!»

«Il mio breve dialogo con Phil Collins», continua Pierluigi Gassino, «fu dovuto a un fatto che rese la serata per me e i miei amici ancora più amara perché uscendo non trovammo più l’auto nel parcheggio e, tornati nella discoteca per chiedere un passaggio allo scopo di ritornare a casa, incontro Phil fuori dal locale che si avvicina ad una Alfa modello 1750 con alla guida un tizio che pareva essere il manager.»

«Io chiesi proprio a lui, gesticolando in anglo-italiano, un passaggio verso Torino, spiegando il fattaccio appena accaduto e l’evidente difficoltà. Lui mi disse che stavano andando a Milano e non c’era posto, poi aggiunse che coloro che avevano rubato l’auto andavano uccisi facendo per scherzo il gesto del taglio della gola. Mi salutò stringendomi la mano… bellissimo e amaro ricordo…!»

Qui la testimonianza in audio di Beppe Crovella, leader della band di Torino Arti e Mestieri, postata su Facebook – ASCOLTA:

https://www.facebook.com/beppecrovella/videos/3281989403288/

Su Dusk n° 55 una ricostruzione dettagliata della serata di Beppe Crovella (clicca la copertina per ordinare una copia):

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“Ecco come racconto i Genesis agli inglesi”. Mario Giammetti parla di “Genesis – 1967 to 1975, The Peter Gabriel Years”

“Genesis 1967 to 1975: The Peter Gabriel Years” è la versione inglese, arricchita di nuovi contenuti, di “Gli anni Prog” di Mario Giammetti. L’autore ce ne parla in questa intervista.

By Eugenio Delmale

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Il libro è pubblicato da Kingmaker.

Acquistalo qui:

Mario Giammetti ha accettato di parlarne con Horizons Radio.

H.R.: Chiunque abbia letto la notizia dell’uscita del tuo libro ha pensato la stessa cosa: “non capita spesso che un saggio in italiano diventi una pubblicazione in inglese”. Ci racconti com’è andata?

Mario Giammetti: Erano alcuni anni che cercavo un editore internazionale per i miei libri sui Genesis. Durante questo percorso mi sono scontrato con ostacoli di vario tipo, qualcuno condivisibile (come può un editore inglese, per esempio, giudicare la qualità di un lavoro scritto in una lingua che non è in grado di capire?), altri molto meno. Ad esempio, ho appreso che in Inghilterra difficilmente viene dato ascolto a uno scrittore sprovvisto di agente: voglio dire, in Italia un agente potrà forse permetterselo Elena Ferrante, non certo chi scrive di musica! A tutto ciò andava poi aggiunto un problema non da poco, ossia che qualunque mio scritto avrebbe dovuto essere tradotto, con conseguente aggravio delle spese. Infine, anche se nessuno me lo ha mai detto espressamente, sotto sotto, da parte di qualche editore straniero ho anche percepito una sorta di diffidenza: tipo, cosa ne sa un italiano, dei Genesis?

Alla fine mi sono finalmente imbattuto nelle persone giuste: due appassionati veri (il giornalista della rivista inglese Prog, Nick Shilton, e il fondatore dei Big Big Train, Greg Spawton) che intendevano avviare una casa editrice musicale che prestasse particolare attenzione alla qualità del prodotto, mettendo in secondo piano i discorsi di cassetta.

Cosa ha colpito del tuo libro rispetto ai tanti scritti su di loro nella madrepatria dei Genesis?

Il focus è sulla musica, più che sulla storia, che è già stata sviscerata più che sufficientemente, da Armando Gallo in primis. Alla resa dei conti, ciò che ci fa amare i Genesis è la loro produzione artistica, no?

Il tocco di classe sono però gli ascolti che una parte del gruppo ha accettato di fare con me: ho ascoltato l’intero The Lamb con Tony Banks negli studi the Farm, From Genesis To Revelation e Trespass con Ant Phillips (che non lo aveva fatto per 40 anni!), gli altri tre con Steve Hackett. Prova solo a immaginare cosa possa significare, dopo avere assimilato ogni passaggio in decenni di passione, riascoltare quelle note magiche spalla a spalla con chi le ha composte e registrate: i loro commenti quasi minuto per minuto sono diventati qualcosa di realmente nuovo per la bibliografia sui Genesis.

Tengo poi a precisare che tutte le dichiarazioni incluse nel libro sono inedite, dato che solo una piccola parte delle interviste che Gabriel, Collins e Rutherford hanno rilasciato al giornalista inglese Mike Kaufmann erano state incluse nei video bonus dei remaster 2008.

Quali difficoltà hai incontrato nel far tradurre il tuo libro dall’italiano in inglese?

Nessuna. Merito di Octavia Brown, che è stata incaricata direttamente dall’editore. Octavia è bilingue ma è anche molto preparata a livello musicale, essendo peraltro coinvolta in diverse situazioni anche in Italia (a cominciare dal famoso Prog Festival di Veruno). Quindi è stata bravissima anche nelle parti più tecniche, che mi davano qualche preoccupazione. Ho letto da qualche parte il commento di un lettore inglese, il quale sostiene che non sembra un libro tradotto da un’altra lingua, e questa credo sia una grande soddisfazione per tutti.

Ci sono differenze tra la versione italiana e quella inglese? Quali?

Molto poche, in quanto la Kingmaker ha acquistato i diritti dalla Giunti con l’obbligo di rispettare il più possibile l’edizione italiana. Naturalmente però è stato sistemato qualche refuso ed è stata ulteriormente migliorata la lista dei concerti grazie a un maniacale lavoro di revisione fatto insieme a George German e Alessandro Borri.

E poi, su mia richiesta, sono ora indicate le fonti di ciascuna dichiarazione, frase per frase, che la Giunti aveva preferito invece raggruppare a fine capitolo. Infine, abbiamo aggiunto brevi estratti di interviste che ho realizzato dopo il 2013 ed anche qualche foto.

Cosa si prova a vedere il proprio libro in versione inglese?

Era il mio sogno ed è una grande emozione. Il libro è stampato su carta di altissima qualità e sinceramente non potevo chiedere di meglio.

Qualche membro dei Genesis ha avuto modo di vedere già la pubblicazione?

Mi risulta sia stato inviato a tutti, ma non so se sia giunto alle varie destinazioni. Il coronavirus ha creato molte difficoltà organizzative e anche le solitamente efficientissime poste inglesi sono andate in tilt. Io stesso ho ricevuto le mie copie solo ieri (e nel mio caso è stato usato un corriere).

Non credo che Tony o Mike siano molto interessati a leggere in materia Genesis, ma spero facciano un’eccezione questa volta trattandosi di una prospettiva differente dove è anche divertente mettere a confronto i diversi ricordi e opinioni da parte dei membri della band.

Spero che Ant legga almeno i primi due capitoli, dato che credo sia il primo libro in assoluto che mette così in risalto la sua figura.

In quanto a Steve, sono certo che lo leggerà dall’inizio alla fine!

In Italia sarà reperibile il tuo libro? Come?

Non credo si troverà nelle librerie, non avrebbe nemmeno molto senso essendo la versione italiana “Gli anni Prog” tuttora in catalogo. Si potrà certamente ordinare via Internet.

Al momento è disponibile sul sito della Burning Shed, ma mi risulta che più avanti la vendita sarà allargata anche alle altre piattaforme, tipo Amazon.

Ti aspetti di vendere molto, in Inghilterra? Come sono percepiti là, oggi, i nostri amati Genesis? Suscitano ancora interesse?

Ti racconto un aneddoto. Una decina di anni fa riuscii faticosamente ad arrivare a Chris Charlesworth, notissimo giornalista inglese che, al tempo, era a capo dell’ancor più famosa Omnibus Press (secondo Wikipedia, addirittura il più grande editore musicale del mondo!). Gli avevo proposto il progetto ‘Genesis Files’ (una collana di sette libri, uno per ciascun membro dei Genesis, anche se all’epoca ero solo a poco più di metà dell’opera, che avrei completato solo nel 2016 ed è tuttora disponibile in italiano per le Edizioni Segno), sottolineando il fatto che non è mai stato realizzato niente di simile in nessuna parte del mondo. Charlesworth, dopo averci pensato un attimo, mi rispose che la forza commerciale dei Genesis non era sufficiente per giustificare un’operazione di questo tipo.

Per quanto la cosa possa sembrarci strana, dobbiamo rassegnarci di fronte al fatto che i Genesis non saranno mai considerati alla stregua di Beatles, Stones, Zeppelin, Queen, Pink Floyd, U2 eccetera, la cui popolarità in termini di vendite è abissalmente superiore. Questo, ovviamente, vale a maggior ragione in Italia. E tuttavia, la risposta dei fan inglesi alla reunion della fine di quest’anno, nonostante i costi proibitivi dei biglietti, è stata entusiasmante.

In definitiva, i Genesis restano sicuramente degni, anche in patria, di essere annoverati tra i grandi del rock, ma forse non tra i grandissimi. Sia chiaro che questa non è la mia opinione, ma solo quello che credo di aver percepito da quelle parti.

Ora che il dado è tratto, pubblicherai altro in inglese, su di loro, per esempio, il secondo volume, il post-Gabriel?

Sì, c’è già un accordo con Kingmaker per pubblicare il seguito della storia dei Genesis, che del resto avevo già completato alla fine del 2017. Ci ho dato già una controllata e ora è tutto nelle mani di Octavia Brown per una pubblicazione nel corso del prossimo anno. Magari con l’aggiunta di un capitolo finale dedicato al Last Domino tour.

Intanto è appena uscito il nuovo numero di Dusk, il Genesis Magazine di cui, ricordiamolo per i pochissimi che non lo sanno, sei ideatore e direttore.

Con leggero ritardo, per via della pandemia che ha rallentato la lavorazione e la spedizione.

In copertina ovviamente la reunion dei Genesis, sulla quale con trasparenza esprimiamo i nostri legittimi dubbi, ma questa volta ci siamo focalizzati in particolare sulla figura di Phil Collins: con la scusa di due recenti ristampe in vinile e di un libro, Francesco Gazzara ha stilato un godibilissimo dizionario sul grande artista.

Inoltre ricordiamo i 25 anni dei Musical Box e abbiamo rintracciato alcuni personaggi tangenziali, ma oltremodo interessanti, che hanno gravitano intorno all’orbita Genesis.

Per ragioni di spazio, delle quattro interviste già realizzate, questo numero contiene solo le prime due: ad Allan Schwartzberg, batterista del primo album e del primo tour solista di Peter Gabriel, e a Harry Kim, trombettista al fianco di Collins da trent’anni.

Un grazie e un “in bocca al lupo” a Mario Giammetti per tutto il suo lavoro. Ed ecco la copertina di Dusk

Il libro comprende, oltre interviste esclusive ai membri del gruppo e ai principali collaboratori, come ci ha raccontato Mario, alcune foto inedite.

Kingmaker Publishing è stata lanciata l’anno scorso dal giornalista Prog Nick Shilton e dal fondatore dei Big Big Train Greg Spawton.

Dice Spawton al Magazine Prog:

«Sono un grande fan dei Genesis sin dalla mia giovinezza e ho letto ogni libro esistente sulla band. Tuttavia, il libro di Mario contiene una grande quantità di dettagli sull’era di Peter Gabriel dei Genesis che prima mi erano sconosciuti. Sentivo che queste intuizioni dovevano essere condivise con la base di fan dei Genesis e quindi ero desideroso che il libro di Mario fosse la prima pubblicazione di Kingmaker».

Non hai la versione italiana del libro di Mario Giammetti? Comprala qui:

Questo è il suo primo libro di Mario Giammetti in lingua inglese. GUARDA GLI ALTRI LIBRI DI GIAMMETTI SU AMAZON.

Le ultime della Band su Horizons Genesis:

Angolo del Collezionsta

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Harlequin Weekly: furry Phil Collins

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Harlequin Weekly: Genesis, Behind The Lines, Drum cover by YOYO PADI – VIDEO

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Genesis: il tour italiano 17, 18 e 19 febbraio 1998 – VIDEO & RICORDI dei GENESIS

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By D.B.

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A seguito delle scarse prestazioni commerciali dell’album Calling All Station negli Stati Uniti…

il tour nordamericano di 27 date in grandi arene previsto per gli inizi di novembre 1997, è stato cancellato data l’insufficiente vendita di biglietti.

È stato anche cancellato un tour ridimensionato di 22 date in luoghi più piccoli. 

I Genesis quindi hanno intrapreso un tour europeo di 47 date dal 29 gennaio al 31 maggio 1998.

In Italia i Genesis sono arrivati il 17 febbraio. Prima data: Bologna, Palasport di Casalecchio.

Ecco il video dello show:

Al trio Tony Banks, Mike Rutherford, Ray Wilson si sono uniti il musicista israeliano Nir Zidkyahu alla batteria, percussioni e backing vocals e l’irlandese Anthony Drennan alla chitarra e al basso.

Seconda data italiana: 18 febbraio al Palasport di Roma. Ecco il video:

Le prove si sono svolte al Bray Film Studios di Windsor e al Working Men’s Club di Chiddingfold.

La maggior parte delle canzoni dei primi anni dei Genesis sono state trasposte in una tonalità più bassa per accogliere la gamma vocale di Wilson.

In questo video Ray Wilson, Tony Banks e Mike Rutherford parlano del periodo di Calling All Stations. E non solo:

Terza data: il 19 a Milano Filaforum.

Ecco un’intervista ai Genesis (e Phil Collins) sull’album:

Alla fine del tour, i Genesis si sono fermati. Sarebbe stato l’ultimo della band fino al ritorno di Collins per la reunion del 2007 Turn It On Again.

“Mi pento di Calling All Station?” – si chiede Mike Rutherford nella sua autobiografia.

“No: professionalmente non rimpiango nulla – continua Mike –. L’abbiamo fatto perché Tony e io avevamo scritto insieme alcune canzoni che ci piacevano. Avevamo sostituito il cantante prima, anche se ero consapevole che la collina da scalare era piuttosto alta, questa volta.

Ray Wilson ha fatto un buon lavoro come vocalist ma lui non era uno scrittore. Senza un terzo compositore non c’era nessuno che amalgamasse me e Tony, nessuno che ci riportasse nella terra di mezzo.

Non ero mai stato consapevole di quanto fossimo lontani musicalmente io e Tony prima di questo album. Ho capito solo allora che Phil ci ha messo entrambi in riga, ha fatto del suo meglio e ha trovato un’atmosfera tra noi.

Calling All Station ha venduto due milioni di copie – non male – ma quando il disco è stato pubblicato ho percepito che l’umore era cambiato, stavamo diventando una band da catalogo.

Tony e Ray erano ansiosi di continuare, ma io sapevo che avremmo avuto bisogno di un altro compositore. Mi sembrava giusto fermarsi lì, non c’è niente di male.

Il tour viene ripreso dal vivo nell’album promozionale Calling Radio Stations.

Angolo del Collezionista:

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Harlequin Weekly: “Getting ready for the foxtrot”

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Peter Gabriel: 50 anni fa la prima volta del pipistrello e dei nuovi costumi, 9 febbraio 1973 – AUDIO, VIDEO e il RACCONTO dei GENESIS

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Il 9 febbraio 1973 al Rainbow Theatre di Londra, data del Foxtrot Tour, Peter Gabriel indossa i suoi primi costumi e le maschere destinati a diventare famosi. Una svolta per i Genesis, iniziata il 28 settembre dell’anno precedente con il vestito da donna e la testa di volpe indossata sul finale di The Musical Box – SCOPRI DI PIU’. Musica, immagini e ricordi di quella serata.

La registrazione audio del concerto:

0:00 Crowd cheering

0:51 Watcher of the Skies

10:56 The Musical Box

22:16 Get ‘Em Out by Friday

31:38 Supper’s Ready (first known performance with lowered key ending)

54:21 The Return of the Giant Hogweed

1:03:07 The Knife

Peter si presenta nel camerino con un enorme baule in cui ha stipato i costumi, all’insaputa dei suoi compagni. Steve Hackett ha più volte dichiarato che Gabriel non ha mai indossato quei travestimenti durante le prove prima di quell’esibizione e che fu una sorpresa anche per loro.

Genesis in Italia. I concerti 1972-1975 di Mino Profumo:

“Se in Italia il trionfo è ormai scontato, per i Genesis le cose sono sul punto di cambiare anche nella vecchia Inghilterra perché la band, un mese dopo le glorie italiane (20 e 22 gennaio, Reggio Emilia e Roma – N.d.R,), si imbarca nel primo tour come headliner (…).

Peter decide allora di imprimere una ulteriore accelerazione all’aspetto teatrale delle sue apparizioni inventando nuove maschere e costumi (…). Il resto della band accetta con malcelata riluttanza questa svolta scenografica pur sapendo che la crescente popolarità non è certo estranea, almeno a livello mediatico”.

No, non sono ancora morto: L’autobiografia di Phil Collins:

“I costumi di Peter diventano sempre più strampalati man mano che il tour progredisce. Per Watcher of the Skies si dipinge il viso di vernice fosforescente e indossa una cappa e ali di pipistrello sulla testa. Non è il finale: è la prima canzone del concerto. La teatralità è accentuata da Tony che suona una lunga introduzione lunatica con il Mellotron (che ora si può usare con gli hertz giusti).

La gestualità teatrale di Peter ora è integrata nell’esibizione dal vivo. Per quanto riguarda la stampa e il pubblico, è il tratto distintivo dei Genesis. Nel contesto dei primi anni Settanta non sembra poi troppo folle. C’è Alice Cooper che fa cose strane con i serpenti, Elton John che si veste da papero e porta occhiali più grandi della sua testa, gli Who che sfor- nano concept album a raffica. La nostra bizzarria, però, è un po’ diversa, una cosa strana e tipicamente inglese, forse per questo piace tanto negli Stati Uniti. 

Peter non ci avvertirà della maschera da fiore che indosserà per la parte di Willow Farm in Supper’s Ready, e nemmeno per la scatola triangolare che si mette in testa per la parte successiva, Apocalypse in 9/8. Le vediamo anche noi nello stesso momento in cui le vede il pubblico.

Lui non vuole saperne di decidere in gruppo, in questi casi. Secondo Peter, un processo democratico per quelle questioni squisitamente teatrali rallenterebbe tutto, per via delle discussioni sui colori che dovrebbe avere il vestito o se il fiore è una pianta annuale o perenne.”

“«Quello del Rainbow fu uno dei nostri concerti migliori», dice Banks. «Altri facevano qualcosa con i costumi, ma noi sfruttavamo tutto lo spazio del palco. Quando andavi a uno spettacolo dei Genesis vedevi le tende velate, e poi il fumo artificiale, che sì adesso è un cliché ma allora non lo era affatto. Vedevi le ali di pipistrello e gli occhi truccati. Sentivi il suono del Mellotron, praticamente il primo effetto in stereo. Non c’erano altri concerti di quel livello al mondo. I primi dieci minuti erano di una potenza incredibile. Penso che fummo tra i primissimi gruppi a cogliere la bellezza della fusione di musica ed effetti visivi. Un po’ successe per caso e per fortuna, un po’ perché l’abilita di Peter in quel senso era davvero unica».

«Era tutta farina del sacco di Peter», ricorda Macphail. «Trovò Guy Chapman, che gli fece le maschere di Supper’s Ready e Foxtrot, e il mantello nero».

 «Quando si metteva la maschera a fiore, assumeva i contorni dell’artista da music hall», ha detto Banks. «E conquistava sempre più il centro dell’attenzione».

«La testa a forma di fiore doveva essere una specie di gioco. Era stata pensata per essere manifestamente irreale», disse Gabriel a «Circus» nel 1974. «Non volevo spaventare nessuno. Diciamo che avrei preferito essere Fellini. In effetti, la camminata da fiore richiamava più Shirley Temple, che è sempre meglio che scimmiottare Eric Clapton.»”

My book of Genesis di Richard Macphail:

È stato anche in questo periodo che Peter ha tagliato i suoi capelli in modo strano, rasando un piccolo triangolo sul davanti, così da sembrare 
un po’ come un alieno. Aveva capito che suonare semplicemente buona musica non era sufficiente. Dovevi distinguerti per ottenere l’attenzione della gente, così ha iniziato a diventare sempre più scandaloso sul palco.

E così è arrivata la maschera a forma di fiore in Supper’s Ready e le ali di pipistrello sono diventate la firma di Watcher of the Skies. In questo periodo Peter stava diventando sempre più centrale sul palco, dopo Dublino non c’è stato modo di fermarlo. (…)

Naturalmente è stato sempre e solo Peter. Tony non è mai sceso a compromessi su questo punto. La più grande concessione che abbia mai fatto era di indossare una camicia bianca quando suonavano su un palco bianco. (…)

Il concerto dei Genesis al Rainbow è stato una vera svolta per la band, il tutto esaurito con una standing ovation alla fine. Il fotografo Barrie Wentzell ha scattato una foto a Peter con il suo copricapo a fiori che è apparsa sulla prima pagina del Melody Maker. Nella sua recensione intitolata «Il genio dei Genesis», Chris Welch ha scritto:
«I Genesis hanno ricevuto una tale ovazione al Rainbow Theatre di Londra che ha commosso visibilmente questo gruppo di solito imperturbabile».” 

In Get’Em Out By Friday Gabriel indossa una bombetta, in Supper’s Ready si scatena: la corona di spine, il fiore, la scatola romboidale rossa, il lungo mantello nero di cui Peter si libera per un vestito bianco e un tubo di luce bianca per il finale. Dal settembre 1973 in The Musical Box abbandona la foxhead e il vestito rosso da donna per l’old man.

Ascolta lo speciale “I Fiori Delmale” sui Costumi di Peter Gabriel by Horizons Radio (in italiano)

Guarda due video sui costumi di Supper’s Ready:

Il settimanale Ciao 2001 pubblica un resoconto dettagliato di questo show storico nel numero del 15 aprile. Ecco copertina e articolo (come riportato dal web):

Ciao 2001 del 15 aprile 1973
Pipistrelli e fiori barocchi
di Manuel Insolera

Peter Gabriel ha forse creato un mostro?
Questa è pressappoco la domanda che tutti gli attoniti giornalisti specializzati inglesi si sono posti immediatamente dopo lo strabiliante spettacolo al Rainbow Theatre di Londra poco tempo fa.
La band apparve all’improvviso in un palco interamente ricoperto di bianchissimi tendaggi. Tutti i membri del gruppo erano anche vestiti di bianco, tutti tranne Peter Gabriel, avvolto in un’aderente tunica nera, con due lugubri ali da pipistrello ad adornargli le spalle.

Ancora non erano terminati gli sconcertati applausi di un uditorio pigiatissimo e scatenato, che già il mellotron di Tony Banks introduceva l’aggraziata violenza di “Watcher of the skyes” uno dei cavalli di battaglia di “Foxtrot” e delle loro attuali esibizioni live.
Così si apriva uno spettacolo che tutti a Londra sono stati concordi nel giudicare come una delle cose migliori in assoluto della storia del pop e l’acme dell’arte dei Genesis fino ad ora: l’impatto romantico-decadente della musica, la suggestiva violenza delle perfette costruzioni strumentali, l’allusività spettacolare di un Gabriel giunto al massimo delle facoltà mimetiche, hanno raggiunto un equilibratissimo fulcro di coesione.

Così, a guardarli sul palcoscenico del Rainbow, ci si trova all’improvviso davanti ad un allegorico quadro ottocentesco, ove si evocano i morbosi e favolistica fantasmi di antiche fantasie britanniche, pregne di un surrealismo malato e limaccioso: Steve Hackett e Michael Ruthetford seduti, curvi sulle loro chitarre; Tony Banks in penombra dietro ai pinnacoli delle tastiere; Phil Collins mobile e ancorato ai suoi tamburi; Peter Gabriel infine, libero di muoversi, apparizione ermafrodita e inafferrabile dietro ai continui cambiamenti di ruolo e di identità, asessuato e soffuso di classica ambiguità, come un figlio di amori lontani tra uomini e dei.

E quando giunge il tragico sogno di “Musical Box” e Peter scompare tutti si aspettano il ritorno nei panni fiammeggianti della volpe: ma questa volta si sbagliano.
La figura che rientra sul palco per urlare l’ultima disperata invocazione agli occhi sbarrati che non potranno più toccarla non è una volpe, ma sorge come una mistica apparizione geometrica, a metà strada tra la caricatura di una invasata monaca medievale e un irreale personaggio di “Alice nel paese delle delle meraviglie”.
E lo spettacolo continua, denso di imprevisti e di avvenimenti inattesi come le subitanee esplosioni di fiamme e di fumo e le tramutazioni di Gabriel come un idolo neoclassico.

Si snoda la saga apocalittica di “Supper’s ready”, la suite angelico-demoniaca che nella sua ambigua incompiutezza raggiunge vertici paradossali di evocatività stravolta: il pubblico ondeggia sulle sedie come ipnotizzato ed ecco che prende a muoversi in sintonia con la misteriosa figura dal viso candido e dai neri mantelli che la sovrasta sul palcoscenico.

Applausi disperati, nevrotici. Le bianche figure e l’angelo nero abbandonano il palco e la gente comincia ad urlare “more! More!” (ancora, ancora!) ed ecco che le luci si oscurano, i folletti, meno uno rientrano e attaccano gli accordi spigolosi di “the knife” dal vecchio album “Trespass” e poi lampeggia una luce bianca ed eccolo, eccolo: Peter Gabriel incarnato nelle verdi spirali di un fiore allucinato e grottesco!

L’ultima trasformazione si è compiuta, l’ultimo mistero è stato celebrato: le luci del Rainbow si riaccendono, la gente ripiomba nelle spire meccaniche del XX secolo. Ma il tempo continua a passare e il girotondo carnevalesco del mondo prosegue la sua danza.
E i Genesis non smettono di impersonare la decadenza gentile della loro fragile faviola: un nuovo disco in corso di registrazione (“Selling england by the pound – n.d.r – ) che dovrebbe vedere la luce nell’esplosione verde-oro di giugno: una tournee americana a partire dalla fine di marzo, imponderabile come il destino; un futuro imprevedibile e inafferrabile come le forme confuse della vita e della morte. (da Ciao 2001, citato dal web per diritto di cronaca)

Ed ecco alcuni tipi di biglietto della serata:

Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a Horizons Radio e saranno pubblicati con la tua firma.

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