“Against All Odds” eseguita da Ann Reinking. Nomination come Migliore Canzone Originale alla 57th Annual Academy Awards (1985), nomination come Miglior Album Originale per Phil Collins, Stevie Nicks, Peter Gabriel, Stuart Adamson, Mike Rutherford, Kid Creole, Michel Colombier, Larry Carlton.
Phil Collins è così felice quando “Against All Odds” viene nominata per un Academy Award nel 1985, che rimanda il suo tour australiano per poter partecipare all’evento.
La canzone è stata la sua prima Number One in America e Phil è entusiasta di avere la possibilità di esibirsi agli Oscar davanti a un pubblico mondiale di milioni di persone. Ma c’è un problema.
“Un anno dopo la pubblicazione, Against All Odds è candidata all’Oscar come miglior canzone originale – raccontaPhil Collins nella sua autobiografia-.
Di norma i brani in gara vengono eseguiti dai rispettivi artisti, ma nel 1985l’Academy ha deciso di cambiare e affidarli ad altri interpreti.
La querelle inizia in sordina, con un messaggio all’Academy nel quale comunichiamo la nostra disponibilità a fermarci a Los Angeles
per esibirci durante la cerimonia prima di partire per un tour australiano. Da quel momento cominciano a volare le lettere, una delle quali indirizzata a un certo «Mr Paul Collins».”
Phil è un cinefilo incallito, ha sempre guardato la notte degli Oscar e ora ha il privilegio di essere nella rosa dei candidati.
“Non voglio offendere nessuno pretendendo di cantare la mia canzone, ma da un momento all’altro mi ritrovo nel pieno di un incidente hollywoodiano”, ricorda.
Phil non lascia trasparire la delusione, dicendo ai giornalisti sul red carpet che non vede l’ora di assistere alla versione della Reinking. Ma dentro di sé cova molta delusione.
Against All Odds verrà cantata in playback da una ballerina – continua Phil -. Va detto che non si tratta di una ballerina qualsiasi, ma della veterana Ann Reinking, ex compagna del grande coreografo Bob Fosse. Non che questo impedisca alla performance di essere un disastro colossale. (…)
Non appena Ann Reinking intona la mia canzone mille occhi mi fissano, curiosi di vedere la mia reazione. Sono semplicemente imbarazzato, per il modo in cui sento massacrare il mio brano e per le idee sbagliate che si è fatto il pubblico.”
E Phil non vince. Stevie Wonder riceve il premio per la miglior canzone per “I Just Called to Say I Love You”.
Phil Collins & Lamont Dozier vincono il Golden Globe per la Migliore Canzone Originale nel 1989, ricevendo anche la nomination agli Oscar per “Two Hearts”, musica di Lamont Dozier e testo di Phil Collins nel film Buster (Buster).
E’ l’anno di Un pesce di nome Wanda e tra il pubblico c’è John Cleese, candidato al titolo di Miglior Attore.
“«Tutto questo è fantastico» dichiaro sul palco dei Globes a Los Angeles dopo aver ritirato il premio – ricorda Phil nella sua autobiografia –. «Ho scritto la canzone per Buster, un film inglese che è passato completamente inosservato, soprattutto per colpa della casa di distribuzione. E tuttavia, come dico sempre, perdona e dimentica. O almeno fai finta.»
A quelle parole, dal pubblico prorompe una risata. È John Cleese, che ha riconosciuto la battuta del suo Basil in «Fawlty Towers». Ho fatto ridere John Cleese: ora sì che posso dirmi soddisfatto.”
Peter Gabriel singing “That’ll Do” at the 71st Annual Academy Awards (1999).
“Eravamo molto soddisfatti – ha detto Bob Ezrin, citato in Senza frontiere. Vita e musica di Peter Gabriel di Daryl Easlea – . “È stato interessante perché quando facevamo Car, ho messo in contatto io a Los Angeles Peter con Randy Newman come scrittore e artista. Il primo incontro di Peter a Randy è stato tramite me alla Nimbus.
Harry Garfield, il direttore musicale del film Babe 2 ha fatto la chiamata. Ho pensato che fosse poetico. Peter era naturalmente eccitato. Era eccitato che noi tre potessimo riunirci nella stessa stanza, era una società di reciproca ammirazione tra noi“.
Il brano viene sconfitto da ‘When You Believe’ da The Prince Of Egypt di Stephen Schwartz.
Phil Collins vince il “Best Original Song Motion Picture” ai Golden Globes (2000).
“You’ll Be In My Heart” da Tarzan vince l’Oscar per Migliore Canzone Originale ai 72nd Academy Awards (2000). Ricorda Phil:
“Il 16 giugno 1999, due giorni prima che Tarzan esca negli Stati Uniti, ottengo la mia stella sulla Hollywood Walk of Fame, davanti al Capitan Theatre della Disney. Mai in un milione di anni un umile ragazzino di Hounslow avrebbe potuto immaginarlo”. Prosegue Phil nella sua autobiografia:
“È la sera degli Oscar 2000. Stavolta mi ritengono abbastanza bravo per cantare la mia canzone. A presentare la categoria è Cher. Quando apre la busta e pronuncia il mio nome – ho vinto l’Oscar per la miglior canzone originale – sono assolutamente sbalordito.
A conti fatti, ricordo i quattro anni di lavoro su Tarzan come un’avventura straordinaria. Mi sono impegnato a fondo, ho superato i miei limiti, ho conosciuto persone fantastiche e ho imparato moltissimo su una forma artistica nuova.”
Peter Gabriel nomination all’Oscar 2009 Migliore Canzone Originale per “Down To Earth” dal film Wall-Eai Golden Globes, e per la Migliore Canzone Originale all’81st Academy Awards.
Un’altra gaffe diplomatica dell’Academy. Gabriel avrebbe potuto eseguire solo un frammento della canzone di 65 secondi.
Avevamo dato per scontato, visto che c’erano solo tre candidati, che le canzoni sarebbero state eseguite per intero.
Ma i produttori hanno insistito e… “così ho deciso di ritirarmi dalla cerimonia“, ha detto Peter.
Peter resta in platea, mentre John Legend, accompagnato da The Soweto Gospel Choir, ha eseguito la canzone al posto di Gabriel – GUARDA:
https://youtu.be/VUtJAj6IR1M?t=7166
“Down to Earth” ha perso, battuta da “Jai Ho” di A. R. Rahman di Slumdog Millionaire. “The Wrestler” di Bruce Springsteen per il film omonimo era il terzo brano candidato.
Tuttavia Peter ha vinto il Grammy Award per la Migliore Canzone scritta per un film, televisione o altri media visivi nel 2009.
Oscar 2020. Un video-montaggio ha reso omaggio alle canzoni iconiche indissolubilmente legate ai film classici, rivisitando opere come “in Your Eyes” di Peter Gabriel in “Say Anything”, “Don’t You Forget About Me” di Keith Forsey in “The Breakfast Club” e “Lose Yourself” di Eminem in “8 Mile”.
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Entrambi intrattengono con il pubblico un rapporto che rasenta la sacralità. Ogni loro concerto è quasi un rito mistico. Guarda:
Entrambi perseguono una ricerca maniacale delle sonorità e introducono riferimenti colti nei loro album (dai tarocchi ai temi politici e ambientali, dai miti dell’antica Grecia all’apartheid).
Entrambi perseguono l’idea di una musica fine a se stessa, slegata dalle logiche di mercato e di profitto, continuando la ricerca iniziata con i Genesis e sviluppata negli anni di carriera solista.
Infine, entrambi condividono la stessa torta, a mezzanotte tra il 12 e 13 febbraio. Ieri Steve….
Oggi, con l’augurio di nuovi progetti sonori e artistici, buon compleanno, Peter!!!!
In questa grande e felice occasione Steve ha concesso a Horizons Radio un’intervista, in cui traccia un bilancio della sua vita artistica e non solo.
Intervista di SaimonP. & D.B.:
HR: Siamo molto entusiasti della tua autobiografia in uscita il 24 luglio 2020. Di solito si dice che scrivere la propria autobiografia è un processo molto intimo e introspettivo, oltre che terapeutico. Cosa ti ha spinto a scriverla e quanto è stato difficile?
Steve Hackett: Volevo poter condividere le mie esperienze, i miei pensieri e i miei sentimenti. So che nel corso degli anni ci sono molte cose che la gente avrebbe voluto sapere di me, anche sul mio periodo con i Genesis. Il libro raccoglie tutti questi momenti.
Qual è il ricordo di questi 70 anni che più ti sta a cuore?
È difficile da dire, perché ci sono diversi ricordi meravigliosi! Ma forse è l’incontro con Jo, che poi è diventata mia moglie. Siamo così felici insieme e Jo fa una grande differenza nella mia vita.
Quando hai messo quel famoso annuncio su Melody Maker e Genesis ti ha raggiunto, hai avuto la sensazione che la tua vita fosse ad un punto di svolta?
Sì, l’ho avuta! Ero nervoso perché rappresentava un grande cambiamento nella mia vita, oltre che una grande sfida, ma è stata davvero una svolta meravigliosa e fortunata.
Avevi circa 20 anni all’epoca, come vedi ora quel ragazzo pieno di sogni?
Non sapevo quale strada avrebbe preso la mia vita. Speravo che i miei sogni musicali si realizzassero e credevo che questo sarebbe potuto accadere se avessi lavorato sodo, ma non avevo una sfera di cristallo e non era chiaro quanto i Genesis avrebbero avuto successo.
Se non fossi diventato il grande musicista che sei, cosa avresti fatto?
Sarei sempre stato un musicista; la musica scorre nel mio sangue dall’età di due anni in poi…
Qual è la persona o l’artista più significativo che hai incontrato nella tua vita?
Oltre a Jo, forse è stato Peter Gabriel. Abbiamo fatto subito amicizia e abbiamo condiviso obiettivi e aspirazioni musicali simili. Ammiro anche l’impegno sociale di Peter ed entrambi abbiamo una visione della musica che abbraccia letteralmente il mondo.
Hai raggiunto le più alte vette nella musica. Chi vorresti con te in una band ideale, una squadra da sogno a tua scelta?
Ci sono molte persone che ammiro, quindi non posso scegliere!
Tra poco parti in tour e ti esibirai quasi tutto questo anno. Come ti mantieni in forma per un tale impegno?
Il tour in sé mi mantiene in forma perché è molto fisico! Mi piace anche camminare.
Hai viaggiato molto. C’è un luogo che ti ha colpito in modo particolare e che ti ha lasciato un segno?
Sono rimasto particolarmente colpito dal viaggio che Jo e io abbiamo fatto in Etiopia. È stato incredibile incontrare persone nelle tribù dell’estremo sud che avevano ancora tradizioni millenarie…
Come festeggi questo compleanno speciale?
Sarà una festa tranquilla quest’anno.
A quali progetti sta lavorando attualmente?
Sto registrando un altro album e facendo le prove per l’imminente tour.
Grazie, Steve e tanti auguri per i tuoi settanta anni. Ora riviviamo alcune tappe multimediali della tua carriera.
Il primo disco: nel 1970 pubblica un album intitolato The Road come membro dei Quiet World, un gruppo in cui suona anche suo fratello, John Hackett, al flauto. Ecco l’audio:
La svolta: in cerca di una nuova band, Hackett pubblica un annuncio sulla rivista Melody Maker:
00:50 – Watcher Of The Skies; 10:45 – The Musical Box; 21:54 – Get ‘Em Out By Friday; 31:00 – Suppers’s Ready; 53:40 – The Return Of The Giant Hogweed; 01:03:21 – The Knife (cut).
Peter si presenta nel camerino con un enorme baule in cui ha stipato i costumi, all’insaputa dei suoi compagni. Steve Hackett ha più volte dichiarato che Gabriel non ha mai provato a indossare quei travestimenti durante le prove prima di quell’esibizione e che fu una sorpresa anche per loro.
“Se in Italia il trionfo è ormai scontato, per i Genesis le cose sono sul punto di cambiare anche nella vecchia Inghilterra perché la band, un mese dopo le glorie italiane (20 e 22 gennaio, Reggio Emilia e Roma – N.d.R,), si imbarca nel primo tour come headliner (…).
Peter decide allora di imprimere una ulteriore accelerazione all’aspetto teatrale delle sue apparizioni inventando nuove maschere e costumi (…). Il resto della band accetta con malcelata riluttanza questa svolta scenografica pur sapendo che la crescente popolarità non è certo estranea, almeno a livello mediatico”.
“Il mellotron intona i primi accordi di Watcher Of The Skies e Peter esce dalle tende vestito di nero e con le ali di pipistrello sulla testa, viso pitturato di bianco e gli occhi truccati con una sostanza fosforescente che, reagendo alle luci ultraviolette, sortisce l’effetto di trapassare l’oscurità.
“I costumi di Peter diventano sempre più strampalati man mano che il tour progredisce. Per Watcher of the Skies si dipinge il viso di vernice fosforescente e indossa una cappa e ali di pipistrello sulla testa. Non è il finale: è la prima canzone del concerto. La teatralità è accentuata da Tony che suona una lunga introduzione lunatica con il Mellotron (che ora si può usare con gli hertz giusti).
La gestualità teatrale di Peter ora è integrata nell’esibizione dal vivo. Per quanto riguarda la stampa e il pubblico, è il tratto distintivo dei Genesis. Nel contesto dei primi anni Settanta non sembra poi troppo folle. C’è Alice Cooper che fa cose strane con i serpenti, Elton John che si veste da papero e porta occhiali più grandi della sua testa, gli Who che sfor- nano concept album a raffica. La nostra bizzarria, però, è un po’ diversa, una cosa strana e tipicamente inglese, forse per questo piace tanto negli Stati Uniti.
Peter non ci avvertirà della maschera da fiore che indosserà per la parte di Willow Farm in Supper’s Ready, e nemmeno per la scatola triangolare che si mette in testa per la parte successiva, Apocalypse in 9/8. Le vediamo anche noi nello stesso momento in cui le vede il pubblico.
Lui non vuole saperne di decidere in gruppo, in questi casi. Secondo Peter, un processo democratico per quelle questioni squisitamente teatrali rallenterebbe tutto, per via delle discussioni sui colori che dovrebbe avere il vestito o se il fiore è una pianta annuale o perenne.”
“«Quello del Rainbow fu uno dei nostri concerti migliori», dice Banks. «Altri facevano qualcosa con i costumi, ma noi sfruttavamo tutto lo spazio del palco. Quando andavi a uno spettacolo dei Genesis vedevi le tende velate, e poi il fumo artificiale, che sì adesso è un cliché ma allora non lo era affatto. Vedevi le ali di pipistrello e gli occhi truccati. Sentivi il suono del Mellotron, praticamente il primo effetto in stereo. Non c’erano altri concerti di quel livello al mondo. I primi dieci minuti erano di una potenza incredibile. Penso che fummo tra i primissimi gruppi a cogliere la bellezza della fusione di musica ed effetti visivi. Un po’ successe per caso e per fortuna, un po’ perché l’abilita di Peter in quel senso era davvero unica».
«Era tutta farina del sacco di Peter», ricorda Macphail. «Trovò Guy Chapman, che gli fece le maschere di Supper’s Ready e Foxtrot, e il mantello nero».
«Quando si metteva la maschera a fiore, assumeva i contorni dell’artista da music hall», ha detto Banks. «E conquistava sempre più il centro dell’attenzione».
«La testa a forma di fiore doveva essere una specie di gioco. Era stata pensata per essere manifestamente irreale», disse Gabriel a «Circus» nel 1974. «Non volevo spaventare nessuno. Diciamo che avrei preferito essere Fellini. In effetti, la camminata da fiore richiamava più Shirley Temple, che è sempre meglio che scimmiottare Eric Clapton.»”
“È stato anche in questo periodo che Peter ha tagliato i suoi capelli in modo strano, rasando un piccolo triangolo sul davanti, così da sembrare un po’ come un alieno. Aveva capito che suonare semplicemente buona musica non era sufficiente. Dovevi distinguerti per ottenere l’attenzione della gente, così ha iniziato a diventare sempre più scandaloso sul palco.
E così è arrivata la maschera a forma di fiore in Supper’s Ready e le ali di pipistrello sono diventate la firma di Watcher of the Skies. In questo periodo Peter stava diventando sempre più centrale sul palco, dopo Dublino non c’è stato modo di fermarlo. (…)
Naturalmente è stato sempre e solo Peter. Tony non è mai sceso a compromessi su questo punto. La più grande concessione che abbia mai fatto era di indossare una camicia bianca quando suonavano su un palco bianco. (…)
Il concerto dei Genesis al Rainbow è stato una vera svolta per la band, il tutto esaurito con una standing ovation alla fine. Il fotografo Barrie Wentzell ha scattato una foto a Peter con il suo copricapo a fiori che è apparsa sulla prima pagina del Melody Maker. Nella sua recensione intitolata «Il genio dei Genesis», Chris Welch ha scritto:
«I Genesis hanno ricevuto una tale ovazione al Rainbow Theatre di Londra che ha commosso visibilmente questo gruppo di solito imperturbabile».”
In Get’Em Out By Friday Gabriel indossa una bombetta, in Supper’s Ready si scatena: la corona di spine, il fiore, la scatola romboidale rossa, il lungo mantello nero di cui Peter si libera per un vestito bianco e un tubo di luce bianca per il finale. Dal settembre 1973 in The Musical Box abbandona la foxhead e il vestito rosso da donna per l’old man.
Il settimanale Ciao 2001 pubblica un resoconto dettagliato di questo show storico nel numero del 15 aprile. Ecco copertina e articolo (come riportato dal web):
[su_spoiler title=”Clicca e apri per leggere l’articolo.” style=”fancy”]
Ciao 2001 del 15 aprile 1973 Pipistrelli e fiori barocchi
di Manuel Insolera
Peter Gabriel ha forse creato un mostro?
Questa è pressappoco la domanda che tutti gli attoniti giornalisti specializzati inglesi si sono posti immediatamente dopo lo strabiliante spettacolo al Rainbow Theatre di Londra poco tempo fa.
La band apparve all’improvviso in un palco interamente ricoperto di bianchissimi tendaggi. Tutti i membri del gruppo erano anche vestiti di bianco, tutti tranne Peter Gabriel, avvolto in un’aderente tunica nera, con due lugubri ali da pipistrello ad adornargli le spalle.
Ancora non erano terminati gli sconcertati applausi di un uditorio pigiatissimo e scatenato, che già il mellotron di Tony Banks introduceva l’aggraziata violenza di “Watcher of the skyes” uno dei cavalli di battaglia di “Foxtrot” e delle loro attuali esibizioni live. Così si apriva uno spettacolo che tutti a Londra sono stati concordi nel giudicare come una delle cose migliori in assoluto della storia del pop e l’acme dell’arte dei Genesis fino ad ora: l’impatto romantico-decadente della musica, la suggestiva violenza delle perfette costruzioni strumentali, l’allusività spettacolare di un Gabriel giunto al massimo delle facoltà mimetiche, hanno raggiunto un equilibratissimo fulcro di coesione.
Così, a guardarli sul palcoscenico del Rainbow, ci si trova all’improvviso davanti ad un allegorico quadro ottocentesco, ove si evocano i morbosi e favolistica fantasmi di antiche fantasie britanniche, pregne di un surrealismo malato e limaccioso: Steve Hackett e Michael Ruthetford seduti, curvi sulle loro chitarre; Tony Banks in penombra dietro ai pinnacoli delle tastiere; Phil Collins mobile e ancorato ai suoi tamburi; Peter Gabriel infine, libero di muoversi, apparizione ermafrodita e inafferrabile dietro ai continui cambiamenti di ruolo e di identità, asessuato e soffuso di classica ambiguità, come un figlio di amori lontani tra uomini e dei.
E quando giunge il tragico sogno di “Musical Box” e Peter scompare tutti si aspettano il ritorno nei panni fiammeggianti della volpe: ma questa volta si sbagliano. La figura che rientra sul palco per urlare l’ultima disperata invocazione agli occhi sbarrati che non potranno più toccarla non è una volpe, ma sorge come una mistica apparizione geometrica, a metà strada tra la caricatura di una invasata monaca medievale e un irreale personaggio di “Alice nel paese delle delle meraviglie”. E lo spettacolo continua, denso di imprevisti e di avvenimenti inattesi come le subitanee esplosioni di fiamme e di fumo e le tramutazioni di Gabriel come un idolo neoclassico.
Si snoda la saga apocalittica di “Supper’s ready”, la suite angelico-demoniaca che nella sua ambigua incompiutezza raggiunge vertici paradossali di evocatività stravolta: il pubblico ondeggia sulle sedie come ipnotizzato ed ecco che prende a muoversi in sintonia con la misteriosa figura dal viso candido e dai neri mantelli che la sovrasta sul palcoscenico.
Applausi disperati, nevrotici. Le bianche figure e l’angelo nero abbandonano il palco e la gente comincia ad urlare “more! More!” (ancora, ancora!) ed ecco che le luci si oscurano, i folletti, meno uno rientrano e attaccano gli accordi spigolosi di “the knife” dal vecchio album “Trespass” e poi lampeggia una luce bianca ed eccolo, eccolo: Peter Gabriel incarnato nelle verdi spirali di un fiore allucinato e grottesco!
L’ultima trasformazione si è compiuta, l’ultimo mistero è stato celebrato: le luci del Rainbow si riaccendono, la gente ripiomba nelle spire meccaniche del XX secolo. Ma il tempo continua a passare e il girotondo carnevalesco del mondo prosegue la sua danza. E i Genesis non smettono di impersonare la decadenza gentile della loro fragile faviola: un nuovo disco in corso di registrazione (“Selling england by the pound – n.d.r – ) che dovrebbe vedere la luce nell’esplosione verde-oro di giugno: una tournee americana a partire dalla fine di marzo, imponderabile come il destino; un futuro imprevedibile e inafferrabile come le forme confuse della vita e della morte. (da Ciao 2001, citato dal web per diritto di cronaca)
[/su_spoiler] Ed ecco alcuni tipi di biglietto della serata:
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a Horizons Radio e saranno pubblicati con la tua firma.
00:00 – Watcher Of The Skies; 12:11 – Dancing With The Moonlight Knight; 21:19 – The Cinema Show; 35:59 – I Know What I Like; 40:10 – Firth Of Fifth; 51:59 – The Musical Box; 01:04:09 – More Fool Me; 01:08:55 – The Battle Of Epping Forest; 01:23:03 – Supper’s Ready; 01:46:50 – The Knife.
Questa la locandina del tour che si chiude a Napoli:
Ed ecco un biglietto:
A Napoli, a differenza di Reggio Emilia e Roma, non ci sono problemi con coloro che cercano di entrare senza pagare. Ma, come si può leggere in Genesis in Italia. I concerti 1972-1975 di Mino Profumo“il pubblico ha la sgradita sorpresa di un violento temporale che rende meno agevole il ritorno a casa.”
Ed ecco le copertine dei bootleg tratti da questo show:
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a info@horizonsradio.it e saranno pubblicati con la tua firma.
Poster del Magazine Super Sound con foto scattata a Roma nel finale di Supper’s Ready.
Ecco un biglietto, anche se, come a Reggio Emilia, diverse centinaia di persone cercano di entrare senza pagare. Stesso copione con cancelli divelti, lacrimogeni e cariche della polizia, contusi e un migliaio di “portoghesi” che riescono a entrare e ad assistere al concerto. Altri dettagli li puoi leggere in Genesis in Italia. I concerti 1972-1975 di Mino Profumo.
Un concerto che ha arricchito il numero dei bootleg dei Genesis. Ecco le copertine:
Anche in formato DVD:
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a info@horizonsradio.it e saranno pubblicati con la tua firma.
00:00 – Watcher Of The Skies; 11:19 – Dancing With The Moonlight Knight; 21:38 – The Cinema Show; 32:50 – I Know What I Like; 40:42 – Firth Of Fifth; 51:11 – Harold The Barrel; 55:57 – The Musical Box; 01:06:38 – More Fool Me; 01:12:25 – Supper’s Ready; 01:36:44 – The Knife.
Rispetto al concerto di Torino la scaletta vede un’interessante variazione. Al posto di The Battle Of Epping Forest viene inserito Harold The Barrel, brano raramente proposto dal vivo (in Italia i Genesis lo avevano suonato a Viareggio nel 1972 nel concerto pomeridiano). ASCOLTA quella versione:
https://youtu.be/6U42NFe1ixA?t=2670
Ed eccolo nella versione 1974 a Reggio Emilia, suonato in questo tour solo a Bruxelles, Offenbach e Dusseldorf. ASCOLTA HAROLD THE BARRELL:
https://youtu.be/bpMS5TOzUPI?t=3072
Un’altra novità assoluta e forse unica la segnala Mino Profumo in Genesis in Italia, I concerti 1972-1975. Dalla foto qui sotto pubblicata dal periodico “Qui Giovani” del 21 febbraio 1974, la sensazione è che, nel finale di The Knife “Peter stia usando come arma, oltre che l’asta del microfono, anche il tubo fluorescente di Supper’s Ready”.
Ed ecco altre copertine di quei giorni:
Qui sotto locandina e uno dei biglietti anche se, a proposito, in tanti sono senza biglietto e provano a entrare. Le forze dell’ordine reagiscono, nascono tafferugli, si contano feriti e arresti, poi tutti dentro al palasport ad ascoltare i Genesis.
E questi sono due bootleg del concerto:
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a info@horizonsradio.it e saranno pubblicati con la tua firma.
00:00 – Watcher Of The Skies; 10:58 – Dancing With The Moonlight Knight; 21:59 – The Cinema Show; 33:35 – I Know What I Like; 41:17 – Firth Of Fifth; 53:44 – The Musical Box; 01:05:30 – More Fool Me; 01:08:50 – The Battle Of Epping Forest; 01:24:02 – Supper’s Ready; 01:50:28 – The Knife.
Concerto preceduto da una conferenza stampa inclusa in un servizio della RAI, consultabile su YouTube. Eccolo:
Ed ecco due video amatoriali dello spettacolo, con l’audio aggiunto successivamente:
Un Live, quello di Torino che ha una particolarità: l’orario di inizio. Come racconta infatti Mino Profumo in Genesis in Italia, I concerti 1972-1975, lo show inizia alle 18.00, dato che “per gli italiani erano iniziate le domeniche di austerity a partire dal dicembre 1973 con lo stop del traffico veicolare per far fronte alla penuria di carburante ed al caro energia causato dalla crisi petrolifera”. Quella domenica 3 febbraio vede quindi il concerto iniziare e finire presto per un migliore ritorno a casa degli spettatori.
Tra questi, alcuni hanno dato vita al Gruppo Facebook Genesis: live a Torino 3 febbraio 1974, con interessanti e appassionati ricordi e del materiale inedito audio e video.
Allo show è presente anche la band prog di Cuneo Pandora, che al concerto ha dedicato un brano dal titolo appunto 03.02.1974 tratto dal disco Sempre e Ovunque Oltre il Sogno del 2011. Eccolo:
Ed ecco un biglietto della serata:
Copertine e articoli sull’evento:
E bootleg:
Ecco alcuni video delSelling England By The Pound Tour. Sono migliori di quelli di Torino e possono aiutare a comprendere le dinamiche dello show:
Se hai ricordi di questo concerto da condividere in forma scritta o audio/video inviali a info@horizonsradio.it e saranno pubblicati con la tua firma.
“Le canzoni ci vengono come ai vecchi tempi, ed è roba buona. Abbiamo pronta Dance on a Volcano. Seguono Squonk e Los Endos, per l’album che sarà intitolato A Trick of the Tail.”
Il tutto mentre il Melody Maker butta la bomba: “Peter Gabriel esce dai Genesis”. La notizia è trapelata prima che loro avessero il tempo di rior-
ganizzarsi. Così, nell’ambiente musicale gira voce che i Genesis sono finiti.
“Comporre A Trick of the Tail è stato come l’inizio di un nuovo capitolo emozionante. Non avrei voluto che Peter se ne andasse, ma sapevo che ci sarebbe stato un cambiamento”, racconta Mike Rutherford nella sua autobiografia.
“Ora che se n’era andato ci siamo sentiti come una nuova band – racconta Mike -. Sembra strano da dire ora, ma la voce di Phil non era come sarebbe diventata. Stratton-Smith diceva che Phil sembrava più Pete di Pete, ma in realtà le loro voci non erano affatto simili. Sembrava così solo se stavano cantando la stessa canzone, la stessa melodia in stile Genesis.
“Spesso mi sembra che la vita nei Genesis sia divisa in due metà – gli anni di Pete e gli anni di Phil. Durante gli anni di Pete eravamo come bambini di scuola. È cambiato tutto quando Pete se n’è andato – continua Mike -. La partenza di Pete ci aveva fatto crescere un po’ come persone, anche se per Tony e me significava anche imparare a rilassarsi un po’.”
Ma i quattro non si danno per vinti. Ogni settimana fanno il provino a potenziali cantanti. Phil insegna loro le parti vocali, cantando con loro. Firth of Fifth, The Knife, brani difficili per qualsiasi aspirante frontman.
I Genesis fanno provini per cinque o sei settimane. Vedono una trentina di ragazzi. Ma il tempo che passa rapidamente, si parla già di un altro tour, bisogna andare in studio di registrazione.
Ma quando i brani sono registrati e non c’è ancora nessun cantante, il tempo stringe. Mick Strickland è un po’ più bravo degli altri e i Genesis gli chiedono di andare ai Trident per provare. “Gli diamo da cantare Squonk – ricorda Phil -. Il primo verso di quel cantato è bastardissimo: «Like father, like son…». Tale padre, tale figlio… Non gli chiediamo la sua tonalità o la sua estensione. Gliela diamo e basta. Attacca! Poveretto. Non è neanche lontanamente la sua tonalità. Ci tocca dirgli: «Grazie e arrivederci…». A ripensarci ora, mi sento in colpa per Mick.”
Intanto le ore in studio si stanno accumulando. “Allora dico: «Che ne pensate se ci provo io?» – continua Phil-. E i ragazzi fanno spallucce: «Tanto vale».Dentro di me so che posso riuscirci, ma cantarlo sul serio è tutta un’altra cosa. A volte il cervello dice di sì, ma la voce urla «No!».
Ma Phil ci prova. “Mike e Tony in seguito mi diranno che è come uno di quei momenti dei cartoni animati in cui si accende la lampadina. Si guardano in cabina di regia e le sopracciglia dicono tutto: «Accidenti, è perfetto!».”
Un momento decisivo per Collins.
Dopo aver esplorato ogni altro punto di vista, sembra che quella del batterista che si mette davanti al microfono sia la scelta definitiva. Phil è combattuto, soprattutto perché gli piace suonare la batteria. “Ecco il mio punto dolente – rivela –. Eppure non si può negare la verità: so cantare quelle canzoni.”
Ora il nodo da sciogliere è l’imminente tour.
“Badate bene, io non ero ancora intenzionato ad andare sul palco a cantare da frontman – racconta Phil -. Sul palco sarà tutta un’altra cosa. Quindi, in realtà, siamo ancora senza cantante.
“Il canto era una cosa, ma il vero problema per me era se Phil avrebbe accettato di essere il nostro frontman – ammette Mike Rutherford. I batteristi
generalmente tendono a pensare che i cantanti siano la ciliegina sulla
torta, e non proprio dello stesso calibro di musicista di tutti gli altri della band.”
Per la prima volta i Genesis realizzano tre videoclip delle loro canzoni. Due li abbiamo già visti sopra. Ecco il terzo:
Il primo concerto dei Genesis con Phil Collins come cantante si è svolto alla London Arena di London nell’Ontario, in Canada, il 26 marzo 1976.
C’erano 2.200 fan alla vecchia arena di Bathurst Street per il debutto di Collins come frontman.
Eugenio Delmale racconta A Trick of the Outtakes, ovvero quando i Genesis non avevano ancora scelto il nuovo cantante, al posto di Peter Gabriel, nel 1975 (in italiano).
Guarda le versioni rimasterizzate di A Trick of the Tail. Clicca qui
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Ed ecco una playlist di Horizons Radio da YouTube dedicata a A Trick Of The Tail: